La sentenza della Consulta contro i tagli alla sanità: “Prima di sacrificarla, ridurre le altre spese”
Quando è necessario ridurre la spesa pubblica, bisogna prima tagliare le altre spese indistinte, e solo se necessario procedere anche con dei tagli alla sanità. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con una sentenza depositata oggi, riguardante un ricorso della Regione Campania contro la legge di bilancio dello scorso anno che aveva richiesto alle Regioni di sborsare 350 milioni di euro all'anno per la sanità pubblica. Uno dei problemi sollevati dall'amministrazione regionale era che la stessa legge di bilancio prevedeva una ‘punizione' per quelle Regioni che non rispettavano la richiesta: un taglio delle risorse statali, anche quelle destinate alla sanità. Su questo punto, la Consulta è intervenuta dichiarando incostituzionale la manovra.
Il testo della sentenza riconosce che, in una situazione in cui i soldi scarseggiano, può essere obbligatorio fare dei tagli "per fare fronte a esigenze di contenimento della spesa pubblica", esigenze spesso anche imposte dai vincoli e i regolamenti europei. In questi asi, però, devono essere "prioritariamente ridotte le altre spese indistinte, rispetto a quella che si connota come funzionale a garantire il ‘fondamentale' diritto alla salute" previsto dall'articolo 32 della Costituzione.
Questo perché il diritto alla salute "chiama in causa imprescindibili esigenze di tutela anche delle fasce più deboli della popolazione, non in grado di accedere alla spesa sostenuta direttamente dal cittadino, cosiddetta out of pocket". Una spesa, quella per la sanità, che negli ultimi anni è invece aumentata per gli italiani.
La Corte non ha accolto tutte le richieste della Campania, ma ha sollecitato il Parlamento a evitare "l'adozione di ‘tagli al buio‘". Per questo scopo, bisognerebbe assicurarsi che "l'importo del contributo" che viene richiesto agli enti, in questo caso alle Regioni, sia sostenibile. Un passaggio della legge di bilancio, poi, è stato dichiarato incostituzionale: si tratta di un passaggio del comma 527, quello che prevedeva che se le Regioni non versano quanto richiesto possano essere tagliate anche le risorse che gli spettano per la tutela della salute.
Infatti, anche se una Regione non versa la propria quota di contributi, "lo Stato non può ‘rispondere' tagliando risorse destinate alla spesa costituzionalmente necessaria, tra cui quella sanitaria – già, peraltro, in grave sofferenza per l’effetto […] delle precedenti stagioni di arditi tagli lineari", e invece deve "agire su altri versanti che non rivestono il medesimo carattere". Il diritto alla salute, si chiarisce, coinvolge "primarie esigenze della persona umana". Perciò non può essere sacrificato se il governo o il Parlamento possono tagliare risorse "per altri impieghi che non rivestono la medesima priorità".