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La sentenza contro lo sbarco selettivo, spiegata dall’avvocato dei migranti della Humanity 1

L’intervista di Fanpage.it a Riccardo Campochiaro, uno degli avvocati dei 35 migranti che erano stati trattenuti a bordo della nave Humanity 1, dopo la sentenza del tribunale di Catania che aveva definito “illegittimo” il decreto interministeriale sullo “sbarco selettivo”.
A cura di Luisa Santangelo
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"C'è un aspetto della sentenza che, probabilmente, è il più attuale tra tutti: è quello che riguarda la protezione internazionale, e cioè l'obbligo da parte dello Stato di dare seguito a quella richiesta in tempi brevi". Riccardo Campochiaro è uno degli avvocati del "carico residuale". Cioè i 35 migranti (bangladesi, egiziani e pakistani) rimasti a bordo della nave Humanity 1 della ong Sos Humanity più a lungo degli altri. Finché per loro l'Usmaf, l'Ufficio sanità marittima, non ha riconosciuto "il disagio psicologico e psichiatrico crescente" dovuto al "prolungarsi indefinito" della permanenza sull'imbarcazione.

Campochiaro, già componente del team legale dell'organizzazione umanitaria, commenta con Fanpage.it la sentenza del tribunale di Catania che definisce "illegittimo" il decreto interministeriale sullo "sbarco selettivo". Puntando l'attenzione, però, non tanto sull'illegittimità del decreto firmato in quei giorni dai ministri Matteo Piantedosi (Interno), Guido Crosetto (Difesa) e Matteo Salvini (Infrastrutture), bensì sui punti fermi che il pronunciamento della giudice etnea Marisa Acagnino mette per il futuro. Anche rispetto al cosiddetto "codice di condotta" per le Ong, che attende di essere convertito in legge dal Parlamento, e che punterebbe a rafforzare le competenze dello Stato di bandiera della nave, più che del porto di approdo.

L'avvocato Riccardo Campochiaro
L'avvocato Riccardo Campochiaro

"Il racconto che il governo ha fatto di quel provvedimento lascia intendere che i migranti soccorsi debbano fare richiesta di protezione già a bordo, allo Stato di bandiera della nave. Nel caso di Humanity 1, per esempio, sarebbe la Germania – afferma Campochiaro – In realtà, però, il decreto non dice questo. Dice, invece, che gli ufficiali a bordo devono dare ai naufraghi tutte le informazioni possibili sulle richieste d'asilo, e questa è una cosa positiva, e cominciare a prendere i dati di coloro che manifestano l'intenzione di fare richiesta di protezione internazionale". Un fatto diverso dal formulare un'istanza. "L'Italia non può imporre che la richiesta di asilo venga fatta sulla nave, allo Stato a cui fa riferimento la nave stessa, perché sarebbe una violazione del diritto internazionale", aggiunge il legale.

La normativa internazionale dice che la richiesta di protezione può essere formulata alle frontiere, all'interno del Paese o nelle sue acque territoriali. L'ordinanza del tribunale di Catania ricorda "l'obbligo dello Stato italiano a registrare tale domanda, consentendo la regolarizzazione, seppure temporanea, della permanenza del migrante nel territorio dello Stato", e di farlo in "tempi brevi", si legge nel documento. "In sintesi – spiega Riccardo Campochiaro – il tribunale blocca sul nascere ogni speculazione possibile sull'ipotesi di chiedere asilo allo Stato di bandiera della nave".

Dall'inizio di novembre, quando Humanity 1 e Geo Barents sono rimaste ormeggiate, ostaggio delle decisioni del governo, una di fronte all'altra al porto di Catania, nel capoluogo etneo non si sono più fermate navi di Ong. Né sono stati più operati sbarchi "selettivi". "Quello di Catania non è più stato indicato come un porto sicuro e, all'arrivo altrove, è stato permesso a tutti di scendere a terra", ricorda Campochiaro. Alla sosta forzata sulle banchine dei porti siciliani è stata sostituita la navigazione forzata fino al porto di assegnazione sulla penisola. Ieri Geo Barents di Medici senza frontiere, con a bordo 48 persone di cui nove minori, ha ricevuto l'assegnazione del porto di Ancona, "distante cinque giorni di navigazione", hanno reso noto dalla Ong.

"È ovvio che si tratta di politiche che puntano tutte a deflazionare il carico degli arrivi sulle coste italiane, soprattutto se da navi di organizzazioni non governative – conclude Campochiaro – La sentenza definisce illegittimo un decreto interministeriale che, al momento, non viene più usato per normare gli sbarchi sul territorio nazionale. Ma che resta in vigore". E che, quindi, in futuro, potrebbe anche essere rispolverato. "In questo senso la decisione del tribunale di Catania è certamente importante – conferma l'avvocato – È un punto di partenza importante. Su questo e, come detto, sul tema della protezione internazionale".

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