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Opinioni

La scuola pubblica è una nave che affonda. E più che proclami, servono risorse

Dalla relazione della Corte dei Conti emerge il dramma della scuola pubblica italiana: risorse scarse, edifici fatiscenti, docenti vecchi e investimenti ridicoli. E dal #cambiaverso di Renzi è lecito aspettarsi molto di più…
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Nel rendere conto del "Giudizio sul rendiconto generale dello Stato 2012", elaborato dal procuratore generale della Corte dei Conti Salvatore Nottola, la gran parte dei commentatori si è soffermata sullo "spreco delle partecipate", ovvero sull'ingente quantità di risorse impiegate nelle aziende partecipate dallo Stato e dagli enti locali. Una scelta di questo tipo risponde probabilmente alla necessità di contestualizzare i rilievi dei magistrati contabili con il processo di revisione della spesa ancora in atto (si attende in effetti la seconda parte del piano Cottarelli), anche in considerazione degli indirizzi di Governo in vista del semestre italiano di presidenza della Ue (del resto, è probabile che il tema delle riforme strutturali e della lotta agli sprechi della pubblica amministrazione venga nuovamente affrontato nelle prossime settimane, proprio in contemporanea con l'avvio del semestre Ue).

Nel documento, però, vi sono altri elementi che meritano una qualche considerazione, proprio perché rendono l'idea della complessità della partita in gioco e delle tante distorsioni che comporta un approccio cieco alla spending review. In particolare, di una certa rilevanza è la riflessione sull'istruzione pubblica, affidata al vice procuratore Antonio Buccarelli, che si apre con un quadro chiaro della spesa pubblica per il settore: "Nel 2012 le spese per l'istruzione pubblica rappresentano il 4,70% del PIL a fronte di una media UE del 5,44%; la spesa pubblica è al 9%, ultimo posto tra i paesi UE, la cui media è pari al 13%. La revisione di spesa varata nel 2012 sottrae a scuola ed università un ulteriore 5,2% sul finanziamento attuale". Ma non solo, perché tali cifre (che lo ripetiamo, si riferiscono al rendiconto del 2012), aggravatesi in seguito alle riforme del Governo Berlusconi (III e IV) partite nel 2008, devono essere calate in un contesto particolare, quello delle strutture fatiscenti ed antiquate e dei "limiti" del corpo docenti: "L'età media dei docenti è di 49,4 anni (quella dei precari di 39,8, come quella dei partecipanti al concorso indetto nel 2012, pari a 39,3). Nei Paesi OCSE gli insegnanti con oltre 50 anni di età non superano il 32%. Ciò significa sia che l'insegnamento pubblico viene impartito da una categoria di lavoratori professionalmente molto anziani, oltre che mal retribuiti e senza incentivi di carriera e di premialità del merito, sia che vi è una massiccia disoccupazione intellettuale". Insomma, un intero sistema al collasso, che si regge sulla partecipazione (più o meno) volontaria delle famiglie alla spesa scolastica, che è stimata in 8 miliardi di euro e che vale lo 0,5% del Pil e "indicativamente 10 volte di più dello stanziamento statale per spese di funzionamento amministrativo-didattico".

L'analisi è impietosa e richiama quelli che dovrebbero essere ruoli e valenza dell'elemento fondante della società civile, la scuola appunto, che invece naufraga nel "disinteresse e nell’assenza di una specifica strategia politica e nell’aggravarsi della recessiva congiuntura economica". Il punto è che l'approccio alla questione deve necessariamente tenere in considerazione il vero dato comune delle politiche in materia scolastica degli ultimi anni, ovvero "la costante ed inesorabile diminuzione delle risorse destinate e di quelle assegnate", che diventa drammatica se "unita all'assenza della consapevolezza della funzione conservativa del benessere e della maturità sociale raggiunta dalla Nazione che nella fase attuale la Scuola sta svolgendo tra mille difficoltà".

C'è poi una ulteriore considerazione nella relazione dei magistrati contabili che in qualche modo sembra sfatare la pretesa "improduttività" degli investimenti sulla scuola, soprattutto in tempi di crisi. Come si legge nella nota, infatti, "vi è poi da aggiungere che il settore Scuola non è, al contrario di altri, in evidente ed acclarata crisi di produttività, anche a fronte di una contrazione senza precedenti delle risorse economiche assegnate, in quanto l’assorbimento delle risorse comunque conferite è ripagato, quantomeno, con la funzione di impegno della forza produttiva (che non avrebbe sbocchi nel mercato) e di integrazione e di intermediazione sociale di una popolazione di circa 8 milioni di persone che, altrimenti, andrebbe direttamente censita in buona parte tra la forza lavoro disoccupata".

Certo, c'è l'impegno del Governo (e del Presidente del Consiglio in particolare) a fare della scuola una sorta di vetrina del (presunto) nuovo corso, ma al momento le criticità restano tutte (e vi abbiamo anche raccontato la distanza che passa fra annunci e fatti). Finora, infatti, le tempistiche annunciate per quel che concerne il piano straordinario per l'edilizia scolastica sono state completamente disattese (la fase due è partita da poco e Renzi ha indicato ora la data del 15 settembre come termine ultimo), mentre resta grande incertezza sul "parco docenti" così come non vi sono tracce della "riforma Giannini", sbandierata nei primi giorni del suo insediamento.

E se appare non rinviabile una riflessione sul complesso del sistema scolastico e dei meccanismi di spesa, allo stesso tempo è chiaro come la partita ruoti ancora intorno al nodo delle risorse. Perché, come scrive la Corte dei Conti, è "dalla riduzione dello stanziamento che consegue un aggravamento sia delle condizioni di manutenzione degli edifici scolastici […] sia dell'offerta didattica e costringe le famiglie al contributo volontario nella scuola dell'obbligo o a farsi carico dell'aumento delle tasse scolastiche". E, senza girarci intorno, "con questi numeri, queste risorse e queste condizioni strutturali, e senza una politica di investimento, è inevitabile la stagnazione delle attività, la velleitarietà delle iniziative e dei programmi formativi".

 

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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