Nel 2021, quando si discuteva del ddl Zan contro l’omofobia, Giorgia Meloni tenne una conferenza stampa per ribadire la sua contrarietà al testo della legge, che a suo dire avrebbe portato il “gender nelle scuole”. Alla domanda della giornalista che le chiese una sua definizione di “gender”, Meloni rispose testualmente: “Non ho mai capito bene cos’è”. Meloni non è la sola a non combattere qualcosa che non sa nemmeno definire: ora la Commissione cultura ha approvato una risoluzione proposta presentata dal capogruppo Rossano Sasso (Lega) contro il “gender nelle scuole”.
La decisione arriva puntuale dopo le polemiche della destra intorno al progetto DragTivism Jr. finanziato dal programma Erasmus+, un campo estivo rivolto a giovani tra i 14 e i 17 anni che utilizza l’arte drag per contrastare l’omofobia, contro cui Fratelli d’Italia ha presentato un’interrogazione alla Commissione Europea. Secondo Sasso, il progetto Erasmus consisterebbe in “uno strumento di propagazione di questo dogma [del gender]” e indottrinerebbe i bambini.
Nel testo della risoluzione si legge che “le istituzioni scolastiche a volte vengono utilizzate come palco privilegiato per propagandare qualsiasi ideologia comprese quelle che attengono all'ideologia gender”, promuovendo “in modo unilaterale e acritico modelli comportamentali ispirati alla cosiddetta ideologia gender”. Nel testo sono citate anche le parole di papa Francesco contro il gender.
Che cosa intendi la Lega per gender non è chiaro, sebbene si ribadisca la necessità di “un adeguato confronto con tutti i soggetti interessati sulle tematiche dell'educazione affettiva e sessuale”, dove prevalga la “neutralità” che possa stimolare un “pensiero critico” tra gli studenti. Peccato che lo stesso Sasso solo un anno fa definisse l’educazione sessuale nelle scuole “porcherie” che i colleghi del Movimento 5 Stelle, che stavano presentando una legge a riguardo, dovrebbero fare con i bambini nelle loro sedi di partito. E per ribadire ulteriormente l’urgenza della neutralità in merito al tema, Sasso ha ben pensato di citare una delle tante invettive contro il gender di papa Francesco.
Quindi, riassumendo, se è “ideologia gender” è propaganda. Se è soltanto “educazione sessuale” è porcheria. Ma allora, se è importante “dotarsi di strumenti utili ad affrontare il dibattito sulla sessualità e le sfide che emergono nell'attuale contesto educativo”, come dice la risoluzione, come lo si dovrebbe fare secondo la Lega?
Il punto è che la destra non vuole che l’argomento della sessualità venga affrontato in classe in nessun modo e lo ha reso chiaro nel corso degli anni, come dimostra l’ultima iniziativa legata voluta dal ministro Valditara sulla scia del caso Cecchettin, dove non si parla di “educazione sessuale” ma di una vaga “educazione alle relazioni” e dove serve il permesso dei genitori per attivare un eventuale corso (tenuto dagli insegnanti e non da educatori o specialisti).
Qualsiasi iniziativa di promozione educativa viene subito bollata come “gender”, da ben prima che si affacciassero sulla scena le pericolosissime drag queen, sebbene nessun esponente della maggioranza sappia definire esattamente cos’è questo gender. L’unico riferimento normativo è una circolare del 2015, diramata con la riforma della Buona scuola di Renzi, che viene però strumentalizzata e distorta. Nel testo della riforma si parlava infatti di “attuazione dei principi di pari opportunità, promuovendo l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni”. Il riferimento alla parola “genere” scatenò il panico morale della destra, guidato dalle associazioni anti-gender, che parlarono del tentativo della sinistra di introdurre il famigerato “gender nelle scuole”. Il ministero fu costretto a diramare la circolare in cui si precisava che “tra i diritti e tra le conoscenze da trasmettere non rientrano in nessun modo né ideologie gender né l’insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo”. Tuttavia questa circolare che aveva lo scopo di chiarire quella che l’allora ministra dell’Istruzione definì una “colossale e scandalosa truffa culturale” è oggi usata come clava per opporsi a qualsiasi iniziativa che riguardi l’educazione sessuale nelle scuole. E infatti la circolare viene citata anche nella risoluzione Sasso.
Se l’obiettivo della risoluzione fosse quello dichiarato di introdurre delle linee guida condivise in tutte le scuole, qualcuno dovrebbe informare la Lega che queste linee guida esistono già e sono quelle dell’educazione sessuale onnicomprensiva sviluppata da diverse agenzie internazionali, tra cui le Nazioni Unite, l’Unesco e l’Unicef. Probabilmente a qualcuno verrà un colpo quando scoprirà che in questa guida la parola “gender” compare più di 400 volte, non perché ci sia qualche indottrinamento occulto della lobby LGBTQ+, ma perché la parola “genere” si usa in sessuologia sin dagli anni ’50 per indicare gli aspetti culturali dell’identità sessuale.
Non si può fare educazione sessuale “neutrale” senza parlare di genere, a meno che l’idea di educazione sessuale della destra non sia quella di raccontare la favola delle api e dei fiori. Con l’aria che tira, probabilmente pretenderà che anche per parlare di quello serva l’autorizzazione dei genitori.