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La Regione Toscana vuole spendere 200mila euro per studiare il rapporto tra 5G e tumori

La Toscana condurrà una ricerca sui ‘potenziali rischi’ per la salute del 5G. Sebbene diversi studi, tra cui lo stesso OMS, abbiano escluso ogni correlazione tra la tecnologia di ultima generazione e l’insorgenza di tumori, la Giunta ha dato l’ok a un’iniziativa che costerà alle casse della Regione ben 222.750 euro.
A cura di Giulia Casula
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La Regione Toscana condurrà una ricerca sui ‘potenziali rischi' per la salute del 5G. Con una delibera approvata il 16 settembre, la Giunta toscana ha dato il via libera allo stanziamento di quasi 223mila euro che verranno impegnati per studiare l'impatto dell'esposizione a lungo termine ai campi elettromagnetici.

Nonostante diversi studi condotti a livello internazionale abbiano riscontrato che non esista alcuna correlazione tra la tecnologia di quinta generazione, cioè il 5G, e l'insorgere di malattie come tumori, la Regione ha comunque deciso di avviare autonomamente un proprio progetto di ricerca, che sarà gestito dall'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat) e e dall'Agenzia regionale di sanità (Ars).

La prima si occuperà della parte ambientale e di valutare i livelli di esposizione, la seconda sarà impegnata nella sorveglianza epidemiologica. Come si legge nella delibera, che reca la firma degli assessori all'ambiente e alla salute Monia Monni e Simone Bezzini, il progetto avrà la durata di tre anni e si concentrerà soprattutto sui sei capoluoghi di provincia che hanno una popolazione pari o superiore ai 100mila abitanti: Pisa, Livorno Lucca, Firenze, Prato e Arezzo.

L’attenzione si concentrerà soprattutto sui bambini, considerati più suscettibile all'esposizione al 5G, e sui casi di tumori infantili, tra cui le leucemie, tumori del sistema nervoso centrale, linfomi non-Hodgkin’s, ma anche casi di aborto spontaneo.

Un'iniziativa che costerà alle casse della Regione ben 222.750 euro, di cui 130mila da destinare al personale impiegato nella ricerca e i restanti 92.750 alla strumentazione necessaria per portare avanti il monitoraggio.

Per motivare una simile decisione, la Giunta tira in causa uno studio, realizzato nel 2013, dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), che "aveva definito i campi elettromagnetici a radiofrequenze come possibili cancerogeni per gli effetti su tumori della testa legati all’uso prolungato del cellulare".

Negli ultimi dieci anni però, si sono moltiplicate le ricerche in materia, i cui esiti hanno finito per escludere qualsiasi rapporto di causa-effetto tra 5G e cancro. Dalla Regione però, fanno notare che "le esposizioni derivanti non dall’uso del telefono cellulare, ma da altri sorgenti, quali le stazioni radiobase (SRB), sono di natura diversa" e gli studi ad oggi disponibili, sempre secondo l'amministrazione, fornirebbero "risultati contrastanti ed evidenze ancora inconcludenti".

Eppure, la stessa Lega italiana per la lotta contro i tumori sul proprio sito ricorda che sono 11mila le ricerche che "dimostrano l’inesistenza di qualsiasi correlazione negativa tra tumore e radiofrequenze provenienti da tecnologie come il wi-fi o gli smartphone" e che "il 5G utilizza gli stessi campi elettromagnetici del wi-fi e le stesse frequenze che troviamo anche nel digitale terrestre, entrambi ampiamente diffusi nelle abitazioni di tutto il mondo". Peraltro, si legge ancora, "tutto ciò viene regolamentato dalla normativa italiana che prevede dei limiti stringenti sull’esposizione ai campi elettromagnetici, che non sono mai stati superati dall’arrivo del 5G e che garantiscono sempre la stessa quantità complessiva su tutto il territorio".

Intanto, su X, il virologo Roberto Burioni si è complimentato con la Regione guidata da Eugenio Giani "per l'oculato impiego di denaro pubblico", per poi precisare: "la cosa ridicola è che questo studio è già stato fatto dall'OMS".

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