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La rabbia dei 70 senatori Pd: “Gestione paradossale, serve scatto d’orgoglio”

Dopo le polemiche di ieri in 70 fra i senatori del Pd firmano una lettera aperta molto critica sulla comunicazione delle vicende di ieri: “Basta autogol, stiamo perdendo l’occasione di spiegare le scelte del partito”.
A cura di Redazione
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Mentre i capigruppo a Camera e Senato, Roberto Speranza e Luigi Zanda, scrivono ai circoli, ben più dura e rilevante sembra essere la lettera aperta di 70 senatori del Partito Democratico relativamente alla sospensione dei lavori parlamentari di ieri. Se Zanda e Speranza sostengono che "molte bugie e falsità si stanno diffondendo su ciò che è stato deciso ed è accaduto ieri", dall'altra i 70 senatori democratici (tra cui Francesco Russo, Valeria Fedeli, Claudio Martini, Rita Ghedini, Giorgio Tonini, Francesco Verducci, Miguel Gotor, Stefano Collina, Paolo Corsini, Vannino Chiti, Camilla Fabbri, Paolo Guerrieri, Stefano Esposito, Giorgio Santini, Angelica Saggese, Giancarlo Sangalli, Francesca Puglisi e Rosanna Filippin) rilevano come  "la distanza tra quanto comunicato in queste ore e ciò che davvero è accaduto e sta accadendo nelle aule parlamentari è davvero paradossale". Perché, se la versione ufficiale è quella dei due capigruppo ("Far passare questa decisione come un piegarsi del Pd alla volontà del Pdl di protestare contro le decisioni della Cassazione è contro la verità. E' una speculazione politica e una provocazione che si lancia in un momento particolarmente difficile della vita del Paese"), allo stesso tempo permangono tante perplessità sul modo in cui è stata gestita la vicenda.

Secondo i senatori democratici:

"Appare in gran parte incomprensibile l'occasione che sta perdendo il PD di spiegare e valorizzare le scelte, certo faticose e non facili, dei suoi parlamentari. Siamo concordi nel giudizio critico sugli eventi di ieri, la drammatizzazione di vicende giudiziarie del leader di un partito, il Pdl, con toni e modalità che nessuno di noi ha condiviso. Piacerebbe, però, vedere uno scatto d'orgoglio da parte del PD e che fossero comunicate meglio le nostre buone ragioni al Paese. A cominciare dalla fatica e dalla responsabilità nel sostenere un Governo chiamato a realizzare riforme a fronte di una crisi gravissima. Sapevamo che non stavamo creando un governo di larghe intese con Merkel o Cameron, ma le condizioni di urgenza cui ci richiamava qualche settimana fa il presidente Napolitano non sono cambiate. E' demagogico invocare il ritorno alle urne quando tutti sappiamo che il porcellum ci restituirebbe un parlamento altrettanto frammentato e ingovernabile".

Certo, date le circostanze, "a miglior scelta che si possa fare" è quella di continuare a sostenere il Governo, ma appare davvero necessario riflettere sul senso dell'operato del Partito all'interno della maggioranza. Un campanello d'allarme anche per i vertici del Pd, forse convinti che potesse bastare la "posizione chiara: non si possono mischiare le vicende giudiziarie personali con la vita del governo". 

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