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Opinioni

La questione di Viareggio riguarda tutti noi: di fronte a chi ridimensiona un omicidio nessuno può chiamarsi fuori

Perché se non mi trovo in pericolo di vita, dovrei uccidere qualcuno? Non è una provocazione, mi manca davvero il tassello, lo chiedo a voi. Quante stupide borsette vale, la vita di un uomo?
A cura di Saverio Tommasi
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Matteo Salvini
Matteo Salvini

Matteo Salvini chiama l'omicidio di un uomo "conseguenza del suo furto". Il Ministro ha trovato le parole perfette per declassarlo. Non lo difende in modo esplicito, ma sembra tendere a ridimensionarlo a una reazione su cui poi lascia aperta la porta. E infatti fra i commenti che rende visibili sotto al suo post, di difese dell'omicidio se ne trovano più che di chicchi in un granaio.

Facciamo un passo indietro: a un'imprenditrice, proprietaria di uno stabilimento balneare a Viareggio, un uomo ha rubato la borsetta. Lei lo ha ricercato, trovato e ucciso investendolo. Le è passata sopra quattro volte. Avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e indietro, e di nuovo avanti e indietro. Quattro volte. L'ultima volta ha accelerato più decisa e poi è scesa a controllare, senza chiamare i soccorsi. L'uomo è poi morto in ospedale. Lei invece è tornata al ristorante a restituire un ombrello che le era stato prestato poco prima, tranquilla. L'uomo ucciso ha un nome e un cognome: Said Malkoun. Aveva 47 anni, ed era una persona senza dimora.

Matteo Salvini, l'uomo che si faceva i selfie mentre sfoggiava la divisa della Polizia, ora porge una mano alla narrazione della donna accusata di omicidio. E se c'è un modo per voler male alle Forze dell'ordine, tra l'altro, è proprio questo: difendere l'omicidio privato.

Quand’è che il nostro Paese si è rimpicciolito così tanto da avere dei rappresentanti del Governo, dei Ministri della Repubblica che lasciano intravedere una scusante per un omicidio? Non una comprensione, certo. Piuttosto un ma, un però, un "se non fosse stato un delinquente, non sarebbe finita così". Insomma, se lei non avesse indossato la minigonna, se lei non fosse uscita, se lei non avesse provocato, non sentite una certa somiglianze in queste parole?

Anche i boia, un tempo, si vergognavano del proprio mestiere e indossavano un cappuccio. Oggi invece si ha l'impressione che della difesa di quegli atti se ne possa fare una battaglia politica. Non ancora dare loro un riconoscimento, ma quantomeno alleggerirne la posizione di fronte all'opinione pubblica. Neanche negli Stati Uniti d'America, sarebbe accettabile questo modo di procedere.

Lo chiedo direttamente alle persone che in questo momento si stanno arrampicando sullo specchio del "la signora ha fatto bene, ha avuto coraggio". Quando la reazione sproporzionata è diventata virale? Da quando un omicidio si può lodare pubblicamente senza essere sepolti dalla vergona? Da quando il valore di una persona è considerato nullo, sacrificabile?
Quand'è diventato normale uccidere il ladro per riprendersi un cesto di mele, una borsetta o un paio di cuffie?
Parliamo chiaro: il danno che la donna ha procurato alla sua auto, scegliendo di scagliarla contro l'uomo e contro la vetrina del negozio, è stato sicuramente maggiore del valore della sua borsetta. Per lei dunque non si è trattato di denaro perso, ma di potere da riaffermare attraverso il deliberato investimento di un uomo, ripetuto fino al suo rantolo finale.

Penso anche questo: se oggi la proprietaria della vetrina decidesse di vendicarsi per il danno subito, secondo lo stesso ragionamento dell'imprenditrice di Viareggio, dovrebbe investirla?

"Occhio per occhio rende tutto il mondo cieco", scrivevamo una volta sui nostri diari. Oggi è ancora peggio: per un danno materiale, economicamente ininfluente nella vita dell'imprenditrice, si delibera la morte per schiacciamento, senza anestesia e senza processo. Dunque non siamo neanche più alla vendetta pari all'offesa, ma all'omicidio come conseguenza del furto di un pezzo di stoffa.

Qualche anno fa Salvini si buttò sull'abolizione dell'eccesso di legittima difesa. Cavalcò quell'idea di vendetta fino a che non ne fece legge, per fortuna mozza. E c'è solo da sperare che in futuro sia in grado di replicare altri insuccessi.
Oggi Matteo Salvini è arrivato a mettere in dubbio la condanna dell'attacco, a rendere in qualche modo non così grave la decisione di togliere la vita a un'altra persona. Magari una scelta sbagliata, Salvini si dispiace per il morto; ma poi spalanca il portone alle scuse che i suoi votanti riescono a trovare.

Quante borsette vale, secondo voi, la vita di un uomo? In questo caso una è bastata. Se fosse stata una borsetta da venti euro, senza logo e comprata al mercato, lo avrebbe ucciso lo stesso? È la sottrazione dell'oggetto che legittima la pena di morte con sentenza immediata, o qualche centinaio di euro di differenza fra due tipi di borse? Anche su questo, anche i più balordi, dovrebbero interrogarsi: quanto vale per voi, in definitiva, la vita di una persona? Lo dico con chiarezza: secondo me neanche tutte le borsette di coccodrillo del mondo, moltiplicate per cento, valgono il respiro di un uomo. Neanche se quelle borsette fosssero mie, ovviamente.

Perché se non mi trovo in pericolo di vita, dovrei uccidere qualcuno? Non è una provocazione, mi manca davvero il tassello, lo chiedo a voi. È un far west quello che stanno creando, ma gli indiani siamo noi anche se credete di essere tutti cow boy.
Questo non è il mio mondo, sono scomodo, fatemi scendere, anzi no: cambiamo questo universo.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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