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Covid 19

La quarta dose può farla anche chi ha ricevuto la terza e poi ha preso il Covid

Il professor Pier Luigi Lopalco spiega a Fanpage.it chi deve fare la quarta dose di vaccino anti Covid: “Oggi un ultrasessantenne, anche se si trova in condizioni di salute buone, se ha avuto un incontro con il virus o l’ultima dose di vaccino più di 120 giorni fa, può fare la vaccinazione”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Dopo la raccomandazione di Ema ed Ecdc, e l'immediato via libera di Aifa, si partirà da subito con la somministrazione della quarta dose a tutti gli over 60. Il secondo richiamo del vaccino anti Covid quindi è indicato non solo per gli anziani over 80 e per i fragili, ma da questo momento possono farlo anche le persone sopra i sessant'anni, a prescindere dalle loro condizioni di salute. Le agenzie europee del resto hanno chiesto ai governi di fare in fretta. La commissaria Ue alla Salute, Stella Kyriakides, è stata molto chiara: "Con i casi e i ricoveri in aumento mentre entriamo nel periodo estivo, esorto tutti a vaccinarsi e potenziarsi il prima possibile. Non c'è tempo da perdere". Ma quando esattamente bisogna sottoporsi al secondo booster? E con quali vaccini? Lo abbiamo domandato al professor Pier Luigi Lopalco, epidemiologo e docente di Igiene all'Università del Salento.

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Professor Lopalco, proviamo a fare chiarezza, chi deve fare oggi la quarta dose? Chi ha ricevuto la terza dose e poi si è ammalato deve farla?

Il principio generale è che un’infezione naturale più o meno viene considerata equivalente, in termini di protezione, ad una dose di vaccino. Anzi, si è proprio visto che l’immunità ‘combinata’, legata o a vaccini diversi o a vaccino più infezione naturale addirittura funziona meglio rispetto a una schedula vaccinale fatta con lo stesso prodotto. Il secondo principio generale è che la distanza dall’ultima dose di vaccino o dall’infezione naturale, che come abbiamo visto equivale più o meno a una dose di vaccino, deve essere indicativamente 120 giorni. Quindi la nuova vaccinazione va fatta al quinto-sesto mese dopo l’ultima dose o dopo l’ultima infezione successiva al richiamo, e si considera la data del test diagnostico positivo. Ognuno di noi quindi sa come comportarsi, ricordando che sia la vaccinazione che l’infezione naturale producono un’immunità umorale, i cosiddetti anticorpi circolanti. Questi diminuiscono con il tempo, quindi succede che se una persona incontra il virus non ha una risposta pronta, e di conseguenza la probabilità di contrarre l’infezione diventa alta. Per questo noi stiamo avendo un’ondata dopo l’altra: il virus incontra una popolazione che comunque può infettarsi, perché man mano che va avanti l’orologio si perde l’immunità pronta, legata alla presenza di anticorpi nel sangue.

E questo è il motivo per cui ultimamente le reinfezioni stanno aumentando?

Sì. Nel momento in cui mi reinfetto però ci sono sempre le cosiddette cellule memoria nel sistema immunitario, cioè quel patrimonio immunologico che ha già incontrato il virus, anche magari in un’altra variante, che comunque riesce a riconoscerlo. Queste cellule si riattivano per montare una risposta immunitaria. Per fare quest’operazione però passano dei giorni, e questo è il motivo per cui le persone vaccinate o le persone che hanno avuto già la malattia e sono guarite possono infettarsi, ma nella gran parte dei casi queste infezioni non esitano in forme di malattia grava.

L’immunità cala nel tempo, per cui chi ha fatto il richiamo a dicembre è meno protetto di chi lo ha fatto adesso?

Assolutamente sì, sappiamo che se in questo momento andiamo a misurare gli anticorpi nel sangue di chi ha fatto la terza dose a dicembre ne troveremo molto pochi.

Ma anche coloro che vengono reinfettati possono contagiare?

Certamente. Se contraggo il virus, e questo riesce ad entrare nelle cellule del mio apparato respiratorio, nella gola, nel naso, e si moltiplica, in quel momento divento un portatore contagioso.

Quindi è sbagliato dire che chi ha fatto la terza dose e poi ha contratto il Covid non deve fare la quarta dose?

Sì, se questo evento, come dice Aifa, si è verificato più di quattro mesi fa. Oggi un ultrasessantenne anche se si trova in condizioni di salute buone, se ha avuto un incontro con il virus o l'ultima dose di vaccino più di 120 giorni fa può fare la vaccinazione.

Ema ed Ecdc hanno anche detto ai governi di fare presto, perché?

Direi che Ema ci ha messo un po' troppo a prendere questa decisione. In base a quello che abbiamo detto lo scopo di rafforzare l'immunità di questa popolazione con un richiamo è quello di aumentare gli anticorpi circolanti in questi soggetti, e quindi proteggerli anche dall'infezione. Se vacciniamo tante persone, oltre a proteggere l'individuo, riduciamo comunque la circolazione del virus. Ora siamo in piena circolazione virale. Se io mi vaccino con il booster dopo una decina di giorni i miei anticorpi schizzeranno alle stelle e sarò una persona con una probabilità di contagiarsi molto molto bassa, rispetto chi non ha fatto il secondo richiamo. Oltre a essere protetto dalla malattia grave sono protetto anche dall'infezione. Questo è il motivo per cui le agenzie europee ci chiedono di sbrigarci con la somministrazione della quarta dose.

Il picco di questa ondata arriverà a breve?

Credo che il picco sia già arrivato. Se intendiamo come picco il punto massimo di circolazione virale penso sia già arrivato, e siamo a metà dell'ondata. Per questo avremmo dovuto partire prima con la quarta dose, perché avremmo così appiattito un po' quest'ondata.

Dopo il picco ci aspettiamo il calo, come è stato fino ad ora?

Sicuramente sì.

Per la somministrazione della quarta dose sarebbe stato meglio aspettare i vaccini nuovi in autunno per contrastare queste nuove varianti di Omicron?

I vecchi vaccini sono ancora molto efficaci nel proteggere le persone dalla malattia grave, di questo siamo abbastanza convinti, abbiamo prove abbastanza robuste. Ecco perché aumentando la platea dei vaccinati stiamo proteggendo tante persone anche dalle ospedalizzazioni, che è l'obiettivo principale.

Per quanto riguarda invece gli asintomatici positivi, dovremmo cambiare le regole e lasciarli liberi di uscire da casa?

Una persona contagiosa non può andarsene liberamente in giro, per nessuna malattia infettiva, neanche se indossa la mascherina FFP2. Questo è il principio generale, l'isolamento è la regola più importante della prevenzione delle malattie infettive. Quello su cui si può discutere invece sono le modalità di isolamento e la sua durata. Sappiamo per esempio che avere un tampone molecolare positivo non necessariamente dimostra che una persona è particolarmente contagiosa. Allora nei casi di necessità, per esempio se una persona fa un lavoro particolarmente importante e non può essere sostituita, e non può permettersi di passare altri cinque giorni a casa, si potrebbe fare un isolamento ‘funzionale': se la sua probabilità di infettare è molto bassa, e il setting in cui lavora ha un rischio molto basso di trasmissione virale, con una prescrizione di mascherina potrebbe anche tornare alla sua attività. Il beneficio dell'isolamento è indubbio, non possiamo far passare il principio che chi è portatore del virus può andarsene in giro. L'idea del ‘facciamo circolare il virus' proprio non esiste, perché significa esporre le persone deboli ad una malattia grave. Perché non dimentichiamoci che questa rimane una malattia potenzialmente grave. Questo è un principio che dovrebbe valere sempre, anche per l'influenza.

Quest'aumento di casi e questa nuova ondata è dovuta anche al largo uso dei test fai da te, e alla mancata autodenuncia dei positivi alle autorità?

Di sommerso sicuramente c'è tanto, ma anche prima dell'esistenza dei tamponi fai da te. È normale che in un sistema di sorveglianza esista una larga fetta di positività che non viene segnalata. Non c'è nessuno scandalo. L'alternativa al tampone fai fa te è non fare proprio il tampone, anche con sintomi. Questo mi sembrerebbe ancora peggio. La maggior parte delle persone che sanno di essere positive si comportano in modo coscienzioso.

Come andrebbe cambiata secondo lei la regola dell'isolamento dei 7 giorni?

Bisogna analizzare meglio i dati che abbiamo sull'andamento della malattia con Omicron, che è decisamente diverso rispetto alle precedenti: l'incubazione è molto più breve, massimo tre giorni, quindi probabilmente anche i tempi di eliminazione all'esterno del virus sono più brevi. Dunque è probabile che possiamo diminuire in modo ragionevole il periodo isolamento. Magari dopo la malattia si potrebbe aspettare un paio di giorni dalla fine dei sintomi, e poi si potrebbe rientrare al lavoro. In questo momento 7 giorni potrebbero essere eccessivi, e potrebbero essere un disincentivo a dichiarare la malattia.

Lei introdurrebbe di nuovo la quarantena per i contratti stretti?

C'è comunque l'obbligo di indossare la mascherina per i contratti stretti, questo comportamento di precauzione può essere sufficiente. L'autosorveglianza basta anche oggi, non è cambiato nulla tra la precedente ondata di Omicron e quella che stiamo attraversando. Anzi l'impatto sui ricoveri in questo caso è inferiore alla seconda ondata.

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