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La proposta sulla sugar tax di Centinaio mette la produzione davanti alla salute

Il ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio si è detto favorevole all’inserimento della sugar tax all’interno della legge di Bilancio, ma con una clausola: devono essere esclusi i produttori di zucchero italiani, in modo da tutelarli. L’idea di Centinaio si oppone, però, a uno dei principi alla base della sugar tax: prevenire l’obesità, il sovrappeso e l’utilizzo eccessivo di zuccheri nelle diete.
A cura di Chiara Caraboni
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Sì alla sugar tax. No se si tratta di zucchero italiano. La proposta del ministro per le Politiche agricole e alimentari Gian Marco Centinaio è in linea con l'emendamento presentato dell'esponente del Movimento 5 Stelle Carla Ruocco di tassare lo zucchero contenuto nelle bevande, ma se ne discosta quando di parla di produzione italiana. Secondo il ministro dell'Agricoltura Centinaio infatti, "bisogna tutelare i produttori di zuccheri italiani", quindi, "se lo zucchero è italiano sarei contrario a questa tassa", ha detto al Consiglio Agricoltura e pesca a Bruxelles. "Farei un ragionamento a tutela dei produttori di zucchero italiani", ha concluso Centinaio.

La proposta di Centinaio però, che si preoccupa di tutelare i produttori di zucchero italiano, non condivide il principio base da cui nasce la sugar tax: combattere l'obesità, soprattutto quella infantile. E, invece, mette in primo piano la difesa della produzione e del commercio nazionale a discapito della salute dei cittadini italiani, con una agevolazione che promuoverebbe l'acquisto e l'utilizzo, anche da parte delle imprese, di zucchero (italiano).

L'obesità e l'educazione alimentare

Questo, nonostante secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, l'obesità rappresenti uno dei principali problemi di salute nel mondo, una questione globale che si sta diffondendo e che può causare, in assenza di azioni immediate, problemi sanitari molto gravi. E indubbiamente una delle cause principali di questa condizione fisica è proprio un'alimentazione ipercalorica e una scorretta educazione alimentare. Una malattia in espansione sia numericamente che geograficamente, che non può più essere ritenuta ‘dei paesi ricchi', perché oggi il sovrappeso e l'obesità sono in aumento nei paesi a basso e medio reddito, in particolare in contesti urbani. L'utilizzo eccessivo di zuccheri, sia nei consumi che nelle preparazioni dei prodotti, è una realtà con cui la società moderna deve fare i conti, di conseguenza la prevenzione e l'educazione sono una necessità imprescindibile e in questo senso la sugar tax potrebbe aiutare la popolazione e anche i produttori a utilizzare meno, e in modo più consapevole, gli zuccheri ricchi. Per i produttori internazionali, esattamente come quelli italiani.

Anche perché non si parla solo di Coca-Cola: gli zuccheri aggiunti, quelli che più procurano rischi per la salute se consumati abitualmente, si trovano in alcuni succhi di frutta, nelle bevande energetiche, in tè e tisane, negli integratori per lo sport. Poi ancora nelle merendine e più in generale negli snack, nelle caramelle, nelle marmellate e in tanti altri prodotti utilizzati quotidianamente, in particolare modo dai più piccoli. E nella classifica dei Paesi europei con il maggior numero di bambini sovrappeso, l'Italia è tra i primi posti. Questi prodotti, se consumati eccessivamente, possono diventare il retroscena di sovrappeso, obesità, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e tumori. Soprattutto se si conduce una vita sedentaria.

È proprio per questo motivo che l’Oms invita i Paesi ad applicare una tassa del 20% su bibite e su alcuni alimenti per arginare il consumo di alimenti carichi di zuccheri aggiunti. Come spiega Il fatto alimentare, ricorrendo alle parole del direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus, "il consumo di zucchero è associato all’obesità e la tassazione dello zucchero ha dimostrato di ridurne il consumo in molti Paesi”. Facendo un focus sull'Europa, sono vari i Paesi in cui si applica: in Francia per esempio è stata introdotta nel 2012, in Belgio nel 2016, in Portogallo nel 2017 e in Norvegia, Irlanda e Gran Bretagna nel 2018. In quest'ultimo Paese però se ne è iniziato a discutere dal 2016, e proprio da quell'anno molte aziende hanno iniziato a modificare le ricette riducendo o sostituendo gli zuccheri, dimezzando così le entrate previste, per evitare di entrare nella cerchia prevista dalla tassa.

In Gran Bretagna la tassa è di 18 pence/litro (0,20 €) per bibite con un contenuto variabile da 5 a 8 grammi di zuccheri per 100 ml, mentre se il contenuto supera gli 8 grammi per 100 ml l’importo sale a 24 pence/l (0,27 €). "È differente rispetto a quelle applicate finora nel resto del mondo, poiché non si pone l’obiettivo di diminuire solo il consumo, ma cerca di spingere i produttori a ridurre il contenuto di zucchero. Nei due anni trascorsi dall’approvazione della legge all’entrata in vigore, oltre il 50% dei produttori ha modificato la ricetta, determinando una riduzione dello zucchero pari a circa 45 milioni di chili per anno", si legge sul sito. Ed è una dimostrazione di come la sugar tax possa funzionare. Anche in Norvegia questa misura ha funzionato, infatti la vendita delle bevande a base di zucchero è diminuita dell’11% dal 2017 al 2018.

La sugar tax in Italia

La sugar tax è una tassa sulle bevande zuccherate presente in vari Paesi del mondo. In Italia è stata proposta dal Movimento 5 Stelle e dovrebbe essere inserita nella legge di Bilancio tramite un emendamento. L'idea alla base è quella di tentare di coprire l'esclusione del regime Irap per le partite Iva fino a 100 mila euro, ma anche per raccogliere fondi da destinare all’università, alla ricerca e al ministero della Salute, promuovendo misure contro l'obesità e l'assunzione eccessiva di zuccheri. L'emendamento prevede l'imposta di mezzo centesimo di euro per grammo di zucchero aggiunto superiore ai cinque grammi ed inferiore ai dieci grammi su 100 millilitri di bevanda e un centesimo di euro per grammo di zucchero aggiunto superiore ai dieci grammi per 100 millilitri di bevanda. Questo significa che per una classica lattina di Coca Cola da 33 cl, il costo aggiuntivo in base agli zuccheri sarebbe di circa 17 centesimi.

Come ha dichiarato il viceministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti a Repubblica, "questa tassa ha un doppio valore, ridurrà le malattie cardiovascolari, diminuendo l'utilizzo di zuccheri nelle bevande, e aiuterà a far crescere l'università e la sua ricerca". Anche la presidente della commissione Finanza, Carla Ruocco, ha precisato: "La ‘sugar tax' dovrebbe dare risorse ampie ed è possibile che per i fini fiscali ci possa bastare un venti per cento degli introiti. Il restante ottanta potremmo lasciarlo all'università. Università e ricerca sono al centro dei nostri programmi e elemento essenziale per la rinascita del nostro Paese".

Quindiil modus operandi che si nasconde dietro alla proposta appoggiata dalla maggioranza, ovvero di tassare le bibite zuccherate per raccogliere fondi da destinare a istruzione e sanità e combattere l'eccessivo consumo di zuccheri per prevenire le malattie legate alla scorretta educazione alimentare, si scontra con il ragionamento di Centinaio. Da una parte c'è la tutela della salute, dall'altra quella della produzione e del commercio. Centinaio sembra dire che è giusto tassare gli zuccheri aggiunti, ma solo se non sono italiani. Come se il fine non fosse la prevenzione dell'obesità e della costellazione di malattie che nascono dal sovrappeso, ma semplicemente imporre una nuova tassa.

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