“Le proteste in Italia sono legittime se rispettano le leggi. Impediremo che vengano violate le leggi e faremo valere la forza dello Stato. Saremo al contempo comprensivi rispetto a proteste che siano dentro i limiti dell’ordine e delle leggi dello Stato". Con queste parole Angelino Alfano aveva spiegato in che modo il Viminale aveva intenzione di gestire la manifestazione nazionale del 9 dicembre, organizzata da un gruppo di movimenti e comitati "dal basso", con la partecipazione del Movimento dei Forconi e di alcuni gruppi provenienti dalla destra extraparlamentare e di ispirazione nazionalista. Niente di nuovo, si dirà. Anzi, tutto sommato si trattava di considerazioni in linea con quello che è il concetto di ordine pubblico del ministero dell'Interno. Che è in parte diverso dalla prospettiva immaginata da Letta qualche mese fa, quando in concomitanza con il riesplodere di tensioni e polemiche aveva pronunciato parole di estremo buonsenso: "C'è bisogno che ci sia da parte delle forze dell'ordine e delle istituzioni una reazione molto flessibile in grado di gestire, comprendendo la rabbia. C'è bisogno di nervi saldi, di comprensione perché la fatica sociale del Paese è enorme".
Su questo non possiamo che essere d'accordo: il compito delle forze dell'ordine è principalmente quello di tutelare tutti i cittadini, anche (forse soprattutto) chi manifesta, impedendo che qualcuno si faccia del male e tutelando il diritto al dissenso, purché nel rispetto delle leggi. Ecco, sinceramente non sappiamo se il togliersi i caschi, sventolare cartelli e sfilare al fianco dei manifestanti (?) sia parte di quella "flessibilità" e comprensione di cui parlavano Letta e Alfano (vedremo più avanti…). Così come non sappiamo se i due intenderanno dare qualche spiegazione, anche considerando che nel frattempo in altre zone del Paese si sono verificati episodi di tensione, qualche scontro e alcune cariche di alleggerimento della stessa polizia. E infine non sappiamo se si sia trattato di scelta strategica o di un insieme di casualità.
Sappiamo però altre cose, non meno rilevanti. Prima di tutto che la cosa che conta è che nessuno si faccia male, che il diritto alla protesta sia garantito e che non ci siano rischi per la sicurezza dei cittadini. Ma non solo.
Sappiamo poi che dalla Questura di Torino si sono affrettati a smentire la presunta partecipazione degli agenti, con un comunicato che però non chiarisce "il resto": "Verso le ore 10.30 al termine di un intervento disimpegnato da un contingente della Polizia di Stato in questo Corso Bolzano, per contenere una improvvisa azione dei manifestanti in prossimità della sede dell’Agenzia delle Entrate, i poliziotti in servizio, su disposizione del funzionario responsabile, si sono tolti il casco, essendo venute meno le esigenze operative che ne avevano imposto l’utilizzo". E ovviamente sappiamo perché lo hanno fatto: dalla Questura sanno benissimo che anche la minima forma di partecipazione ad una manifestazione che ha come "obiettivo" la caduta del Governo delle forze di polizia non è in alcun modo tollerabile. Semplicemente non è accettabile, poiché si configurerebbe come una violazione di principi costituzionali, quando non addirittura di "prodromi di colpo di Stato" (sì, ci rendiamo conto che si tratta di un'esagerazione…). Insomma, il sospetto è che un gesto, magari fatto in buona fede (per carità) dai poliziotti, sia stato caricato di un così forte valore simbolico da provocare l'immediato intervento dei piani alti della questura torinese che, per loro fortuna, si sono resi immediatamente conto del "casino" che stava per scoppiare. Insomma, una leggerezza magari, ma che poteva costare cara e gettare delle ombre sulla gestione dell'ordine pubblico in questa occasione.
Sappiamo però che parte del Sindacato di polizia, Ugl, ha manifestamente appoggiato la mobilitazione, come si legge in un comunicato "locale": "Sottolineiamo da subito che noi saremo chiamati in tutta Italia a garantire i servizi di ordine e sicurezza pubblica, ma evidenziamo a tutti che noi poliziotti, noi forze dell’ordine, siamo lavoratori, siamo padri, madri, figli, giovani, meno giovani, che stanno subendo questo periodo di crisi globalizzata, pagandone anche a caro prezzo le conseguenze, stiamo vivendo ormai da anni uno stato di disagio diffuso. […] Dimostrate all’Italia intera, dimostrate all’Europa, dimostrate ai nostri politici distanti dalle reali necessità di noi cittadini, che gli italiani si stanno risvegliando, dimostrate che siamo stanchi di soffrire per colpa di scelte politiche sbagliate, ma siamo altrettanto convinti che saprete dimostrare che è possibile manifestare il proprio malcontento, in maniera pacifica e senza creare nessun incidente, senza devastare città e senza attaccare le forze dell’ordine. Isolate eventuali imbecilli che vogliono rovinare quella che potrebbe essere la prima vera e grande protesta pacifica degli italiani". E questo comunicato è precedente agli episodi "dubbi", rilevati da più parti (anche a Milano fonti della polizia hanno poi chiarito che non c'è stato alcun corteo "congiunto" ma una semplice operazione di contenimento / controllo dei manifestanti).
Sappiamo che al di là delle polemiche e dei distinguo la manifestazione è orientata politicamente in maniera chiara e netta. Lo sappiamo e ve lo abbiamo mostrato. Senza che questo costituisca un problema, ci mancherebbe, ma è un dato di fatto, perché appare abbastanza superficiale non distinguere il metodo della protesta dal suo merito. Sappiamo che nessuna forza politica "tradizionale" ha voluto / è riuscita a mettere il cappello alla protesta, né è stato possibile "istituzionalizzarla" in forme classiche: si è trattato (si tratta) di una mobilitazione dal basso, cresciuta grazie al passaparola online e con qualche appoggio logistico – organizzativo garantito da gruppi territoriali orientati e attivi politicamente da tempo.
E infine, ma questo lo diciamo per inciso, sappiamo il modo in cui vengono gestite altre manifestazioni. E scene del genere non le vediamo mai, mentre sentiamo sempre lo sdegno della politica e dei commentatori "duri e puri". Ma a pensar male si fa peccato, sappiamo anche questo.