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Opinioni

La politica che non si apre alla partecipazione dei cittadini non può lamentarsi dell’astensionismo

L’astensionismo è la prima forza politica del Paese, stando ai dati. È una tendenza in corso da tempo e riflette un cambiamento della società, cui la politica non ha saputo dare risposte adeguate, limitandosi a simulacri della partecipazione diretta e a strumenti vuoti.
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Al primo turno delle comunali 2017 hanno votato 6 italiani su 10, per una percentuale del 60,07% degli aventi diritto. Si tratta di un dato inferiore del 6% rispetto alla tornata precedente, che si colloca nel quadro di una tendenza in atto da tempo. Il calo maggiore si registra al Nord, dove rispetto alla tornata precedente ha votato l’8,26% in meno, mentre al centro il calo è del 6,35% e al Sud e nelle Isole del 4,68%. Tra le Regioni con la più bassa affluenza la Liguria, dove ha votato il 50,6%, il Molise con il 50,7%, la Lombardia (55,3%), il Friuli Venezia Giulia (55,4%) e ancora l’Emilia Romagna (questa volta ha votato il 55,5%, alle Regionali votò solo il 39,9%).

Anche questa volta in molti hanno parlato di “astensionismo prima forza politica del Paese”, convenendo che il primo compito della politica deve essere quello di “riportare gli italiani alle urne” e legando la mancata partecipazione al disinteresse generale per la politica che contraddistinguerebbe questo particolare momento storico.

In realtà, come detto, si tratta di un trend in atto da anni, decenni probabilmente. Questo è il grafico relativo al voto per le politiche, ad esempio:

 

La crescita dell’astensionismo è dunque un fenomeno naturale, connesso alle trasformazioni sociali e culturali, oltre che ai cambiamenti delle forme e dei modi della politica. È una tendenza marcata anche in altre democrazie occidentali, che solo in parte dipende dalla sfiducia nelle istituzioni, dalla crisi della rappresentanza, dall’affievolirsi del senso di comunità, che sembrano caratterizzare il nostro Paese in questi anni di grande incertezza economico – politica.

Certo, ad aver preparato il terreno all’astensionismo è la politica, con la bassezza morale e politica di candidati e amministratori, con la degenerazione del sistema clientelare, con la pratica ossessiva dello spoil system. Ma la responsabilità è della politica soprattutto nella misura in cui ha perso la propria capacità di incidere nella vita quotidiana dei cittadini, lasciando il terreno all’economia, alla burocrazia, alla “tecnica”. E per questo è forte e condivisa l’idea che non sia nelle stanze della politica che si decida il futuro degli individui, men che meno nelle istituzioni locali, ridotte spesso a comitati “privatisti” con il compito di sbrigare l’ordinaria amministrazione.

Come se ne esce? La risposta che la politica ha trovato è stata la trasformazione dei partiti in contenitori liquidi, in cui si è sperimentata una versione tutta italiana del “leaderismo”. Il dibattito ideologico è diventato “personalistico”, lo scontro si è polarizzato non intorno a opposte visioni del mondo, a diversi universi valoriali, a letture contrastanti della società, ma piuttosto intorno a figure più o meno carismatiche e orizzonti sempre più ridotti.

È mancata e manca completamente una riflessione sugli strumenti della partecipazione democratica. Alla disintermediazione e alle vorticose trasformazioni tecnologiche che hanno moltiplicato i canali di produzione, diffusione e condivisione nelle informazioni, non si è affiancato un percorso di modifica e aggiornamento degli strumenti della partecipazione. Il modello di democrazia rappresentativa non è mai stato realmente in discussione, malgrado la crisi degli strumenti della rappresentanza e degli attori della rappresentanza. Le riflessioni sulla democrazia diretta, deliberativa, partecipativa hanno partorito topolini, simulacri di ciò che dovrebbero e potrebbero rappresentare tali strumenti.

Piattaforme in cui ci si chiede di avallare scelte già prese spacciate per innovazioni epocali, dirette sui social network come foglie di fico con le quali si pretende di esaurire il bisogno di partecipazione dei cittadini, primarie trasformate in pallottolieri per correnti e potentati locali, app monodirezionali presentate come rivoluzioni copernicane: se questo è il futuro…

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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