La Ong Open Arms: “Italia e Malta hanno chiuso i porti, non possiamo nemmeno fare rifornimento”. Poi le accuse a Libia e Salvini
La nave della Ong Proactiva Open Arms non può entrare nei porti maltesi e italiani nemmeno per fare rifornimento. A comunicarlo è stata la stessa ong con un tweet: "Italia e Malta negano l'accesso alle loro acque territoriali alla nostra nave Open Arms, un battello umanitario che ha salvato oltre cinquemila vite in un anno sotto il coordinamento della Guardia Costiera, che è stato dissequestrato dalla giustizia italiana ed il cui equipaggio è europeo, come la bandiera", ha spiegato Proactiva Open Arms annunciando il divieto di accesso ai porti italiani e maltesi richiesto per fare rifornimento e cambiare equipaggio. La guerra alle navi delle ong operanti nel Mar Mediterraneo, ingaggiata inizialmente contro la Aquarius di Medici senza frontiere e Sos Mediterranée, prosegue senza sosta e ora i porti italiani e maltesi risultano chiusi non solo per lo sbarco di eventuali migranti presenti a bordo delle imbarcazioni, ma anche per eventuali operazioni di rifornimento e cambio di equipaggi.
Le ong contestano pesantemente le decisioni di Malta e sopratutto dell'Italia e proprio ieri, alla vigilia del vertice Ue dedicato alla questione migranti, la Ong Proactiva Open Arms si è nuovamente scagliata contro il ministro dell'Interno Matteo Salvini. In una lettera indirizzata e diffusa dal settimanale L'Espresso, il fondatore della Ong, Oscar Camps, ha descritto la situazione libica e sottolineato che le autorità del Paese, in realtà, avrebbe costruito una vera e propria messiscena sulla pelle dei migranti al solo scopo di dimostrare al leader del Carroccio le capacità di salvataggio della Guardia Costiera libica, capacità che in realtà sarebbero inesistenti.
"Se analizziamo attentamente ciò che è accaduto in alto mare domenica 24 giugno 2018, ci accorgiamo di una serie di “circostanze fortuite” che non si erano mai registrate in due anni di operazioni di salvataggio nel Mediterraneo. Durante quella stessa mattinata la Guardia costiera italiana lancia tramite Inmarsat sette avvisi per imbarcazioni in pericolo: il caso 484 alle ore 8:16 e i casi 485, 486, 487, 488, 489 e 490 nei seguenti 68 minuti. Non è consuetudine ricevere tanti avvisi ravvicinati di target, tutti posizionati in acque internazionali in un arco di 5,7 miglia. Una distanza davvero minima dopo aver navigato circa sei-sette ore e aver percorso ventinove miglia senza apparati satellitari e in mani inesperte. Il fatto che tante imbarcazioni siano così vicine alla stessa ora può significare soltanto che sono partite praticamente dallo stesso luogo e a distanza di poco tempo una dall'altra", scrive Camps.
"Non devono essere passate inosservate, a chi è stato incaricato di fermare il traffico di esseri umani e per questo è stato addestrato, armato e finanziato dall'Unione Europea, le operazioni di trasporto fino alla costa di più di mille persone e di sette imbarcazioni, che devono essere state riempite e fatte partire in mare con più di mille litri di carburante, con la difficoltà oggettiva di imbarcare al mattino presto uomini, donne e bambini spaventati. Ciò non può essere accaduto senza la connivenza di diversi attori, primi fra tutti la Guardia costiera libica con base a Al-Khums, da dove si suppone siano partite le barche e dove hanno ormeggio le varie motovedette donate ai libici dall'Italia", prosegue Camps.
"A queste circostanze fortuite, si somma il fatto che l'imbarcazione della Ong SosMediterranée si trova curiosamente molto più a Ovest, a più di cento miglia nautiche, e che all'imbarcazione Open Arms, un'ora prima di entrare in porto, viene negata l'autorizzazione all'attracco a La Valletta per effettuare il cambio di equipaggio, l'approvvigionamento e il rifornimento di carburante. L'imbarcazione Open Arms è dunque costretta a rimanere in acque internazionali nelle 12 ore precedenti fino a che non decide di noleggiare un'altra barca a Malta per trasportare a bordo l'equipaggio e il materiale necessario, ritardando così di 10 ore il suo arrivo in zona Sar".
Una volta in zona Sar il capitano della Open Arms sollecita il pilota dell'aereo Colibrì, di proprietà dell'organizzazione Piloter Volontaires e che collabora alle operazioni di ricerca e soccorso delle imbarcazioni alla deriva, perché confermi la posizione dei casi in questione. Ma la risposta è che l'aereo non può partire perché le autorità di Lampedusa casualmente gli negano la possibilità di rifornirsi di carburante. Senza testimoni né in mare né in cielo, la messa in scena preparata per mettere in mostra il progetto italiano di una Guardia costiera libica è pronta, casualmente proprio alla vigilia della visita a Tripoli del controverso ministro dell'Interno Matteo Salvini, il più grande sostenitore della necessità di finanziare questi gruppi armati. La Guardia costiera italiana informa la Open Arms, l'unica imbarcazione registrata ufficialmente come imbarcazione di salvataggio e dotata di equipe medica, che nel frattempo si sta recando a soccorrere l'ultima imbarcazione, che la sua presenza non è necessaria”.
"In condizioni normali, avvistare le imbarcazioni e completare le operazioni di soccorso di mille persone in casi differenti richiede circa 10-12 ore, ma incredibilmente le motovedette libiche, senza imbarcazioni ausiliarie, senza giubbotti salvagente né personale qualificato, riesce a farlo in meno di cinque. La rappresentazione teatrale costa la vita ad almeno dieci persone e una delle imbarcazioni con centoventi persone a bordo risulta apparentemente dispersa. Dico apparentemente perché né la Guardia costiera italiana che ha lanciato la chiamata di emergenza né i cosiddetti guardacoste libici che avrebbero dovuto coordinare le operazioni di salvataggio, hanno chiuso formalmente e ufficialmente i sette casi in questione", conclude Camps.
La replica dell'Italia
Secondo le autorità italiane, "non c'è stata alcuna richiesta da parte delle imbarcazioni della Ong catalana Proactiva Open Arms di entrare nelle acque territoriali o nei porti italiani. Inoltre, la Open Arms si trova in area Sar libica mentre la Astral, l'altra imbarcazione della Ong con a bordo i quattro europarlamentari, si trova in acque internazionali in area Sar di Malta e sta navigando verso le coste africane".