La ministra Roccella ignora la protesta per figli di coppie gay e ritira fuori la maternità surrogata
Nel giorno della festa della mamma, i figli di coppie composte da due uomini dovrebbero festeggiare "anche le due mamme cancellate con la maternità surrogata. La madre che ha fornito l’ovocita, scelta su un catalogo perché trasmette il patrimonio genetico, e quella da cui è stato affittato l’utero, in genere povera e del terzo mondo così costa meno". La ministra per la Famiglia e le Pari opportunità del governo Meloni, Eugenia Roccella, ha scritto così in un post sui social nel giorno in cui a Milano diecimila persone sono scese in piazza per chiedere il riconoscimento dei diritti dei figli di coppie omogenitoriali.
La frase della ministra è arrivata come risposta a Riccardo Magi, segretario di +Europa, che "dice che chi ha due papà domani (festa del papà, 19 marzo, ndr) deve poter festeggiare due volte". La protesta di Milano è nata quando il governo ha vietato al sindaco della città, Beppe Sala, di iscrivere nel registro dell'anagrafe i bambini di coppie omogenitoriali.
La scusa della "maternità surrogata" quando si parla di diritti dei bambini
Non solo, ma pochi giorni dopo la maggioranza di centrodestra ha rifiutato di approvare la proposta dell'Ue per un certificato di filiazione europeo. Si tratterebbe di un documento che permette di riconoscere automaticamente i genitori di un bambino in tutti i Paesi europei, a livello legale. Così, i figli di coppie omogenitoriali verrebbero riconosciuti come tali anche in Italia, senza più un vuoto normativo che oggi obbliga i sindaci ad assumersi la responsabilità di trascrivere nel registro dell'anagrafe i figli in questione.
L'idea che il governo ha usato come scusa per opporsi – riproposta più volte anche dalla ministra Roccella – è che in questo modo verrebbero riconosciuti anche i figli nati dalla gravidanza per altri, o "maternità surrogata", che in Italia è illegale. In realtà non è così: che la proposta europea dice esplicitamente che il certificato dovrebbe rispettare in ogni caso le norme dei singoli Stati in materia.
Le risposte evasive sul certificato Ue e cosa c'entra con la gravidanza per altri
La ministra della Famiglia nel suo post ha scelto di non menzionare la manifestazione di Milano sui diritti dei bambini – un tema peraltro citato spesso dal governo – ma di concentrarsi sulla gravidanza per altri, che non ha nulla a che vedere con la proposta europea e con i motivi della manifestazione milanese. Oggi, in un'intervista alla Stampa, la stessa ministra ha invece dovuto rispondere a una domanda sull'evento, continuando a ignorare il tema centrale: "Le manifestazioni vanno benissimo", ha detto, "ma vorremmo vedere qualcuno manifestare anche contro il mercato transnazionale dell’utero in affitto e dei bambini".
Sul fatto che con le norme attuali in Italia i figli di coppie omogenitoriali restino privati di una parte dei loro diritti, la ministra ha dichiarato: "Non si creano affatto bambini di serie A e di serie B, è una cosa che non esiste. In Italia i minori sono trattati tutti nello stesso modo. C’è invece un tema che riguarda il principio di sussidiarietà: su alcune materie, fra le quali la filiazione, ogni Paese ha piena libertà di decidere e noi questa autonomia vogliamo mantenerla".
Alla prima domanda sul fatto che il regolamento europeo sul certificato di filiazione non centri nulla con la gravidanza per altri, la ministra ha risposto: "L’utero in affitto va contrastato in ogni modo". Alla seconda domanda sullo stesso argomento: "Il problema è che, nonostante in Italia l’utero in affitto sia reato, nessuno è mai stato sanzionato per questo". Una non-risposta in entrambi i casi.
I figli di coppie gay e il calcolo delle tasse con il quoziente familiare
Nell'intervista la ministra ha anche toccato uno dei temi del momento: la riforma fiscale. Il governo Meloni ha sempre parlato della possibilità di introdurre il cosiddetto quoziente familiare, un metodo per calcolare le tasse che non tenga conto solo del reddito della singola persona ma dell'intera situazione familiare. Il criterio è inserito anche nel testo della legge delega che il Consiglio dei ministri ha approvato.
Tuttavia, nel caso di coppie omogenitoriali i cui figli non sono ufficialmente registrati in questo modo, come funzionerebbe il calcolo? Si terrebbe conto di loro, anche se all'anagrafe non risulta che i genitori siano quelli che compongono la coppia? La ministra ha risposto secca: "Il criterio fondamentale sarà la composizione del nucleo familiare, cioè il numero dei figli" che risultano ufficialmente, e "non il tipo di legame fra chi li ha generati".