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La mappa dei 20 ospedali migliori d’Italia che attirano pazienti da fuori Regione: solo 2 al Sud

Secondo il Rapporto annuale sull’attività di ricovero ospedaliero, tra le 20 strutture più efficienti in Italia, solo due sono nel Meridione: 10 sono al Nord e 8 sono al Centro.
A cura di Annalisa Cangemi
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In base agli ultimi dati che emergono dal Rapporto annuale sull'attività di ricovero ospedaliero, che contiene i numeri e le statistiche sulle dimissioni, al Nord si concentrano maggiormente le strutture in grado di attrarre pazienti da un'altra Regione: solo in Lombardia ce ne sono 5. Si tratta dell'Irccs San Raffaele, dell’Ircss Galeazzi-Sant’Ambrogio e dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, nell’hinterland del capoluogo della Lombardia. Tutti e tre quindi si trovano a Milano.

Mentre al Centro ci sono 8 strutture che attirano i ricoveri da fuori Regione, e soltanto due al Sud. Mentre si parla dei rischi connessi all'autonomia differenziata, che soprattutto nel campo della sanità potrebbe ampliare le differenze giù esistenti tra le diverse aree del Paese, questi dati fotografano il forte squilibrio nella distribuzione geografica delle grandi strutture ospedaliere, che per numero di posti letto disponibili, complessità dei casi trattati e attrattività per i pazienti da fuori Regione, risultano tra le più efficienti. Tra le prime 20, soltanto due sono nel Meridione: 10 sono al Nord e 8 sono al Centro.

Come riporta il Sole 24 Ore, secondo la mappa realizzata dal ministero della Salute, a cui ha lavorato il Direttore generale della Programmazione Americo Cicchetti, gli unici due ospedali del Sud Italia a comparire in questo elenco sono la Casa Sollievo Sofferenza San Giovanni Rotondo nella provincia di Foggia e l'azienda ospedaliera Vincenzo Monaldi – AOS dei Colli di Napoli.

Tutte le altre grosse strutture si trovano invece tra i territori del Nord e del Centro Italia. Tre sono in Toscana: l’Azienda ospedaliera di Pisa, l’Azienda ospedaliera di Siena e il Careggi di Firenze. Altri tre centri si trovano in Veneto: Azienda ospedaliera universitaria di Verona, Ospedale Sacro cuore Don Calabria di Negrar di Valpolicella (provincia di Verona) e Azienda ospedaliera universitaria di Padova. Secondo la mappa tre sono attive a Roma: il Policlinico Universitario Fondazione Agostino Gemelli, il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico e l’Azienda ospedaliera San Camillo Forlanini.

E ancora, tra Nord e Centro si collocano l'Ospedale Mauriziano Umberto di I di Torino, l'Ospedale policlinico San Martino di Genova, il Policlinico Sant'Orsola-Malpighi di Bologna e gli Ospedali riuniti Torrette di Ancona.

"I grandi ospedali trattano i casi più complessi e quindi quella verso di loro è spesso una mobilità fisiologica perché se per quel tipo di patologia quella cura viene garantita solo in 4-5 strutture in Italia è naturale che i pazienti vadano a bussare lì. Per questo bisogna incentivare la creazione di grandi poli anche al Sud dove ce ne sono troppo pochi rinforzando così questa spina dorsale ospedaliera vicina a tutti i cittadini", ha detto Americo Cicchetti, direttore della programmazione sanitaria al ministero della Salute, in un'intervista a ‘Il Sole 24 Ore'.

Ma come si riducono i divari territoriali? "Come ripete spesso il ministro Schillaci bisogna puntare su equità ed eguaglianza di accesso alle cure. Una priorità – ha risposto – che proveremo a perseguire con il nuovo Piano sanitario nazionale alla cui impalcatura stiamo lavorando in questi giorni e che contiamo di approvare a fine anno con un durata triennale o di cinque anni in modo da agganciarlo alla legge di bilancio per avere delle risorse".

Con quali interventi? "Vogliamo condividere con le regioni l'idea di governare anche a livello centrale alcuni nodi – ha aggiunto – A esempio la cura delle malattie rare: oggi abbiamo centri di riferimento a livello nazionale solo in alcune Regioni perché non puoi pretendere che siano ovunque. Per questo la rete dei servizi per i pazienti deve essere più nazionale. Anche sul tema della mobilità stiamo pensando a un budget unico a livello centrale, una sorta di fondo nazionale per gestire quella mobilità dei pazienti da una Regione all'altra che è inevitabile, un po' come si è fatto per il budget dei farmaci innovativi che viene gestito presso l'Aifa. Vogliamo anche puntare a i criteri di allocazione delle risorse più equi".

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