La manovra divide Bersani e Di Pietro: divorzio in vista?
La manovra lacrime e sangue varata dal governo Monti rischia di spaccare sul serio il centrosinistra. Il Partito Democratico la manovra la voterà in ogni caso e questo è praticamente un dato di fatto. Qualche modifica, però, non guasterebbe davvero. “Non è la manovra che avremmo fatto noi. Ma lavoreremo in parlamento per fare in modo che sia più equa” va ripetendo Bersani, che, da canto suo, ha formulato alcune controproposte: aumentare il prelievo sui capitali scudati, correggere l'indicizzazione delle pensioni, rendere più graduale la riforma delle pensioni, aumentare l'esenzione dell'Ici sulla prima casa, dismettere immobili statali, indire gare sulle frequenze.
E Di Pietro? Il leader dell'Italia dei Valori ha assunto una posizione semplicissima: se la manovra resta così com'è il suo partito non la voterà. E non c'è margine di trattativa. Subito dopo l'informativa di Monti alla Camera, Di Pietro scrisse su facebook: "quando non ci stanno i soldi, si levano dalle spese militari, dagli enti inutili, dalle consulenze a sbafo, dagli sprechi della politica. Non a chi le tasse le paga e le ha sempre pagate. Così com'è, questa manovra non la possiamo votare. Cercheremo di migliorarla". Insomma, sia il Partito Democratico che l'Italia dei Valori chiedono modifiche al provvedimento: se ci saranno bene, se non ci saranno il Pd voterà comunque il provvedimento, l'Italia dei Valori no.
La diversità di vedute sta generando una vibrante polemica tra i due leader. Bersani ha spiegato che se al posto dell'Italia "gli altri mettono prima gli interessi elettorali, se ne assumono la responsabilità". Poi ha rincarato la dose: "Finora da Vendola e Di Pietro avevo sentito parole ragionevoli, ma ora da Di Pietro sono venute parole che non condivido e dico che se fa così andrà per la sua strada".Aut aut. Le durissime parole di Bersani sembrano dettate anche dalla grande pressione che c'è attorno a lui e al suo partito: i sondaggi elettorali indicano il Pd come il primo partito d'Italia e un'eventuale alleanza con Idv e Sel lo porterebbe al governo senza troppi patemi. Già, ma ora c'è il governo tecnico e l'appoggio responsabile a Monti il Pd potrebbe pagarlo caro in termini di voti. Chi glielo andrà a spiegare agli elettori che i democratici hanno votato per la mancata indicizzazione delle pensioni, per gli aumenti sul carburante, per la reintroduzione dell'Ici sulla prima casa? E come la prenderanno i sindacati che hanno ritrovato la perduta unità proprio per combattere contro questa manovra? Per la cronaca Antonio Di Pietro ha così risposto all'attacco frontale del suo alleato:
Mi stupisce l'atteggiamento intimidatorio e ricattatorio dell'amico Bersani, lontano anni luce dal paese reale che soffre. Dal governo Monti gli italiani si aspettavano misure eque, giuste e non norme dettate da banchieri, speculatori e proprietari dell'industria bellica. Invece di attaccare noi, che difendiamo le fasce sociali più deboli e gli onesti lavoratori, provi a interpellare i suoi elettori e vedrà che è lui a rischiare l'isolamento dall'Italia reale che piange e soffre.
Insomma se la manovra resta così, le differenti posizioni del Partito Democratico e dell'Italia Dei Valori potrebbero portare a un clamoroso strappo. Da segnalare che sulla stessa lunghezza d'onda di Di Pietro viaggia Nichi Vendola, ma per ora si tratta di un problema quasi marginale, dato che Sinistra e Libertà non è presente in alcun ramo del Parlamento. Dopo la rottura chissà quanto recuperabile tra Pdl e Lega, il governo Monti rischia di far saltare un'altra coalizione.