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La maggioranza alla Camera non fa votare la mozione di sfiducia contro Sgarbi

La maggioranza non fa votare la mozione di sfiducia al sottosegretario Sgarbi, che slitta al 15 febbraio o comunque al termine dell’esame del Milleproroghe. “È inammissibile che il governo Meloni trovi il tempo per parlare del pandoro della Ferragni e non di votare una revoca per un sottosegretario che è accusato di avere a che fare con il furto di un quadro”, commenta il M5s.
A cura di Annalisa Girardi
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Nemmeno oggi la Camera ha votato la mozione di sfiducia al sottosegretario Vittorio Sgarbi. La maggioranza, infatti, ha fatto spostare il voto al 15 febbraio, "o comunque al termine dell'esame del decreto Milleproroghe". Dovranno passare diverse altre settimane, insomma, prima che Montecitorio possa votare la mozione, arrivata in Aula lo scorso 22 gennaio e presentata da M5s, Pd e Avs per revocare la nomina al sottosegretario alla Cultura, coinvolto negli ultimi mesi in alcune inchieste, da quella delle consulenze d'oro a quella del quadro rubato.

"La maggioranza ha rigettato la nostra richiesta di votare la mozione di revoca per Sgarbi. Si nascondono per sperare nel pronunciamento dell'Antitrust e sfuggire al giudizio politico. È inammissibile che il governo Meloni trovi il tempo per parlare del pandoro della Ferragni e non di votare una revoca per un sottosegretario che è accusato di avere a che fare con il furto di un quadro, che augura la morte ai giornalisti e si sbottona i pantaloni in tv", ha commentato il capogruppo M5s alla Camera, Francesco Silvestri.

Antonio Caso, capogruppo M5s in commissione Cultura e primo firmatario della mozione, ha aggiunto: "Quando pensi che questo governo e questa maggioranza abbiano toccato il fondo, è lì che iniziano a scavare. Il rinvio ad personam della nostra mozione di revoca nei confronti di Vittorio Sgarbi dimostra che non hanno il coraggio di metterci la faccia per salvare uno che si tira giù la zip dei pantaloni davanti alla telecamera. Vogliono attendere il verdetto dell'antitrust. C'è una questione morale enorme la cui eco rimbomba sulle pagine di tutti i giornali internazionali. Abbiamo un sottosegretario alla cultura sotto inchiesta per autoriciclaggio e illecita esportazione di beni culturali, già condannato per altri reati e su cui pesa come un macigno il continuo sfregio delle istituzioni e dell'immagine del nostro Paese. E davanti a tutto questo, Giorgia Meloni che dice? Nulla. Trova il tempo per parlare di qualsiasi cosa tranne che di questo. È allucinante che di Sgarbi se ne parli all'estero e che invece non se ne possa discutere nell'aula della Camera dei deputati. Giorgia Meloni con il suo silenzio è la mandante di questo sfacelo etico e morale".

La mozione in realtà era stata presentata già lo scorso ottobre, quando su Sgarbi era scoppiato il caso sulla sua attività parallela all'incarico di governo: secondo un articolo del Fatto Quotidiano il critico d'arte avrebbe infatti percepito, dopo la sua nomina a sottosegretario, circa 300 mila euro per aver partecipato a inaugurazioni, mostre, conferenze, premi e manifestazioni culturali. Dall'opposizione era subito partita l'accusa di conflitto di interessi e il Movimento Cinque Stelle aveva presentato, appunto, una mozione per revocargli l'incarico.

Il testo è stato però aggiornato quando è arrivata la notizia di un'indagine a carico di Sgarbi per autoriciclaggio di beni culturali. La vicenda è quella di un quadro di Rutilio Manetti, "La cattura di San Pietro", che si trovava in un castello in Piemonte fino al 2013, anno in cui risulta essere però stato rubato, per poi riapparire nel 2021, presso una mostra inaugurata da Sgarbi. Il sottosegretario, commentando la notizia delle indagini, ha sostenuto che il quadro originale sia sempre stato il suo: quello rubato, secondo Sgarbi, non sarebbe che una copia.

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