Come forse ricorderete, dopo la pubblicazione della seconda puntata dell’inchiesta del team Backstair di Fanpage.it su Gioventù Nazionale, l’organizzazione giovanile del suo partito, Giorgia Meloni aveva stupito tutti chiamando in causa direttamente il presidente della Repubblica. Non per riflettere sui preoccupanti rigurgiti nostalgici e antisemiti che emergevano dalle immagini, ma per stigmatizzare il comportamento dei giornalisti di Fanpage e intervenire su quelli che lei considerava i “metodi da regime” della nostra testata. Un’accusa gravissima e ridicola al tempo stesso, che nei giorni successivi era stata rilanciata anche da autorevoli giuristi e commentatori, mentre addirittura il consigliere giuridico di Palazzo Chigi sosteneva ci fossero i margini perché davvero il Capo dello Stato intervenisse a censurare il comportamento del nostro giornale.
In quell’occasione, Sergio Mattarella aveva scelto la strada del silenzio, probabilmente lasciando ai suoi consiglieri il compito di spiegare all’inner circle della presidente del Consiglio quanto fosse abnorme e irrituale una richiesta del genere. Durante la tradizionale cerimonia del Ventaglio, però, il presidente della Repubblica è tornato sulla vicenda, sollecitato dalla domanda del presidente dell’Associazione Stampa Parlamentare Adalberto Signore. E stavolta il messaggio, a Meloni e non solo, è stato forte e deciso. O meglio, quella di Mattarella è stata una vera e propria lezione, che tutti faremmo bene a imparare. Una lezione semplice, perché parte dalle basi del vivere in una democrazia.
“È del tutto superfluo richiamare il valore che l’informazione riveste per il funzionamento della democrazia e per una tutela efficace del sistema delle libertà”, dice Mattarella, per arrivare a un passaggio estremamente chiaro su cosa debba intendersi per informazione: “Documentazione dell'esistente, senza obbligo di sconti. Luce gettata su fatti sin lì trascurati. Raccolta di sensibilità e denunce della pubblica opinione. Canale di partecipazione e appello alle istituzioni”.
La risposta probabilmente più diretta a Meloni arriva con una citazione di Tocqueville: “Democrazia è il potere di un popolo informato. Ecco perché ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica”.
Come dire, il vero atto eversivo non è quello dei giornalisti che documentano fatti veri, di interesse pubblico e di rilevanza oggettiva, ma di chi li attacca in modo pretestuoso e strumentale. Semplice, no? Chiaro, diretto, condivisibile da chiunque, no?
E invece…
Passano poche ore e arriva la replica di Fratelli d’Italia. Ovviamente non diretta, figurarsi se ci si assume il coraggio di esporsi sulle parole del presidente della Repubblica. Ma con la solita strategia: interpretare a proprio piacimento le parole di Mattarella, capovolgerne il senso e dirsi d’accordo con lui. L’operazione stavolta tocca a Federico Mollicone, presidente della Commissione Scienza, ricerca ed editoria, e fedelissimo della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che rilascia un’intervista al taccuino di Paola Di Caro, sul Corriere della Sera.
Mollicone prima si congratula con Mattarella per il suo discorso serio e alto, poi ribadisce la propria condanna dell’aggressione di Torino al giornalista Joly. Ma su Fanpage riposiziona per l’ennesima volta il proprio partito (non riusciamo a starvi dietro così…), scegliendo la linea dura: “Esiste un giornalismo provocatorio e provocante. Non è molto normale che esista una sorta di intelligence parallela che per un anno manda un infiltrato non in un’organizzazione criminale, ma in un organismo istituzionale come un partito, per cercare chissà cosa”. Ora, definirci "intelligence parallela" farebbe ridere, se in gioco non vi fosse una questione fondamentale, quella del rapporto fra stampa e potere politico.
Dimostrando di aver compreso appieno le parole di Mattarella, poi, Mollicone gioca la carta della delegittimazione, parlando di “giornalismo a senso unico e di parte”, ipotizzando una “perdita di credibilità” e buttandola in caciara blaterando di “clickbait”, senza ovviamente dimenticarsi della carta vittimista (“Anche io sono stato vittima di episodi del genere…”). E perché mai non saremmo credibili? Perché scriviamo cose non vere? Mostriamo fatti non rilevanti? Abusiamo del nostro ruolo? No, perché saremmo "contro di lui".
Da lì la chiosa: “Le parole di Mattarella sono state utili e importanti”.
Se solo le avesse capite…