Nella giornata di giovedì comincerà al Senato la discussione del disegno di legge sulle unioni civili che porta la firma della senatrice del Partito Democratico Monica Cirinnà. Sul tema è da tempo in corso una durissima battaglia politica, interna alla maggioranza e allo stesso Partito Democratico: da una parte la componente del PD che ha proposto e sostenuto la legge, dall’altra il gruppo centrista che ha alzato un muro fatto di emendamenti contrari, in mezzo i “cattolici” del PD e i pontieri alla ricerca di una complicatissima mediazione.
In molti avevano ipotizzato che alla fine la questione potesse essere risolta dall’intervento diretto di Matteo Renzi, che più volte si è dichiarato favorevole a una regolamentazione delle unioni civili, pur ribadendo che si tratta di un argomento "delicato". Il Presidente del Consiglio (che aveva scelto di non commentare le manifestazioni di sabato) conferma invece l’intenzione di lasciare al Parlamento l’intero carico della questione, scegliendo di non toccare l’argomento unioni civili nella sua lunga eNews con la quale riassume gli eventi della passata settimana e fa il punto sui prossimi appuntamenti della politica.
C’è invece spazio, oltre che per una valutazione sulla questione Schengen, per la rivendicazione del risultato ottenuti in Cdm con il decreto sulle classi di concorso per la scuola, ma soprattutto con i decreti sulla pubblica amministrazione:
Via il furbetto che timbra il cartellino e non lavora, ma via anche il dirigente che non provvede in tal senso. Riduzione di poltrone per le aziende partecipate e grande spinta al processo di aggregazione/trasformazione/fusione (ricordate? Da ottomila a mille). Riduzione dei tempi tecnici quando si presenta una pratica: cambiando la normativa sulla conferenza dei servizi e sulla Scia si riducono i tempi e se proprio va tutto male, ma male male male, i tempi al massimo saranno 150 giorni. Cinque mesi, non più i sette otto anni di attesa che conosciamo oggi.
Fondamentale, nella lettura di Renzi, resta poi il completamento in tempi rapidi del percorso della riforma della Costituzione:
l’Italia è il primo paese occidentale in cui un’assemblea parlamentare vota per tre volte il proprio superamento e la maggioranza assoluta dei senatori vota per la cancellazione del proprio ruolo. Una cosa enorme, un gesto di coraggio e dignità della politica che viene troppo spesso svilito da singole polemiche contingenti e pretestuose. La fine del bicameralismo paritario è un risultato storico. Adesso toccherà ai cittadini accettare questa novità che rende più semplice e efficiente la politica o chiedere che tutto resti come adesso. Ho fiducia nell’Italia che dice sì.
E c'è poi un duro affondo nei confronti delle opposizioni sull’omicidio stradale:
Adesso torneremo ancora al Senato, per la quarta navetta. Sul contenuto del singolo emendamento, ovviamente, si può discutere. Ma quello che mi ha fatto male è che molti deputati dell’opposizione – contenti per il voto contro il Governo – hanno iniziato a urlare e applaudire in aula, esprimendo la loro sfrenata gioia. Incuranti del fatto che in tribuna, e a casa, molte famiglie che hanno perso un figlio, un genitore, un parente per un incidente stradale hanno vissuto quegli applausi come uno schiaffo. Si può strumentalizzare ogni battaglia politica. Si può legittimamente andare contro il Governo su tutto. Ma credo sia giusto avere più rispetto per le vittime degli incidenti, che hanno patito quegli applausi come una clamorosa offesa a loro e al loro dolore.