La lettera delle Sardine: “Siamo nella fase matura dell’Amore, ma non perdiamo l’entusiasmo”
"Ogni Amore trae le sue origini da una fase iniziale di stordimento, di entusiasmo irrefrenabile, di fascino vissuto come tensione costante. Allo stesso modo, ogni Amore ‘maturo' perde un po' di quella spinta e si trasforma in piccoli gesti e complicità, in una tensione meno bruciante ma, magari, più solida e duratura. Ma rimarrà per sempre traccia di quell'Amore iniziale". I quattro fondatori del movimento spontaneo delle Sardine hanno risposto sul Fatto Quotidiano a una lettera pubblicata venerdì scorso dal quotidiano, firmata da Nadia Urbinati, Moni Ovadia, Pif, Roberto Morgantini, Stefano Bonaga e Sandro Ruotolo. "Siamo spesso attraversati da un senso di vuoto, e sappiamo che questo è dovuto al fatto di non avere risposte semplici in tasca. Ma quel vuoto è in parte colmato proprio dalla consapevolezza di non essere soli", scrivono, ragionando sul loro futuro e sui prossimi passi.
Nella lettera in questione le sardine venivano invitate a riflettere sulla novità del movimento e sulla opportunità di organizzarsi attraverso deleghe e gerarchie, con il dubbio che queste possano far perdere appeal al movimento, nato spontaneamente: "Ci chiedete se siamo sicuri che organizzarsi attraverso deleghe e gerarchie formali mantenga lo stesso fascino per la moltitudine di cittadini che abbiamo mobilitato. Ne siamo sicuri? No, non lo siamo", hanno scritto nella missiva. Per questo di paragonano a una fase matura dell'Amore, inteso come esperienza universale con la ‘A' maiuscola, e libero da qualsiasi sentimentalismo. Così come l'Amore attraversa varie fasi anche le sardine, dopo l'entusiasmo iniziale, stanno entrando in una fase più ‘adulta': "A questo punto è giusto che ognuno di noi si senta libero di scegliere il tipo di vincolo da instaurare, se vincolo sarà".
"Abbiamo sempre affermato – scrivono ancora Andrea, Giulia, Mattia e Roberto, che si firmano solo col nome – di voler lavorare per stimolare la partecipazione alla vita democratica del Paese. Lo abbiamo sempre fatto non in qualità di leader; al massimo nelle vesti di ‘primus inter pares'".
"Ci chiedete infine se le gerarchie emerse nelle nostre pratiche risultino più efficaci, autorevoli e democratiche di procedure formali ed elettive. Saremo schietti. Efficaci sì, autorevoli nì, democratiche… Ci stiamo lavorando. Vi basti sapere che la vostra domanda vibra in noi fin dal primo giorno. Siamo saliti sul palco non perché volevamo, ma perché era giusto farlo. Riteniamo di averlo fatto nel solco dei principi democratici del Paese in cui viviamo, proprio perché potessero riaffermarsi con forza quei principi e non, invece, il tetro spettro de ‘l'uomo solo al comando'".