La legge elettorale arriva al Senato (senza relazione e tra mille polemiche)
È cominciato nel pomeriggio l’esame dell’assemblea del Senato della Repubblica del disegno di legge n. 1385, ovvero della proposta di nuova legge elettorale per l’elezione dei membri della Camera dei deputati (come ricorderete, infatti, l’intero articolo della legge che riguardava l’elezione dei senatori fu stralciato dal provvedimento in previsione della “non elettività” del nuovo Senato, come immaginato dal ddl costituzionale Renzi – Boschi). Il provvedimento, la cui calendarizzazione al Senato era stata annunciata trionfalmente dallo stesso Renzi, arriva però in Aula senza la relazione della Commissione Affari Costituzionali, che non ha ancora ultimato l’esame in sede referente. Una circostanza che ha scatenato le polemiche di Sinistra Ecologia e Libertà e del Movimento 5 Stelle, che ribadiscono la loro contrarietà ad una legge elettorale esaminata con una fretta non necessaria.
Il testo che arriva al Senato della Repubblica presenta qualche modifica rispetto a quello approvato dalla Camera dei deputati. Il territorio sarà diviso in 100 circoscrizioni, con il numero di seggi da attribuire nei collegi plurinominali che sarà determinato sulla base dei risultati dell'ultimo censimento generale della popolazione (in ogni caso non inferiore a tre e non superiore a sei).
Ogni lista deve essere formata da un numero di candidati pari almeno alla metà del numero di seggi assegnati al collegio plurinominale, con parità di genere fra i candidati (i cui nominativi devono essere alternati in lista), mentre ogni candidato può essere inserito in 10 collegi plurinominali diversi.
Sulle soglie e sul premio di maggioranza la partita è invece aperta e non è affatto scontato (anzi, è molto improbabile) che venga confermato quanto approvato dalla Camera dei deputati (ballottaggio se nessuno raggiunge il 37%, soglie di sbarramento al 12, 8 e 4,5%). Stando a quanto trapela in queste ore sembra che ci sia l’intesa per il premio di maggioranza alla lista (e non più alla coalizione) se si arriva oltre il 40% dei consensi (nel caso contrario ci sarà il ballottaggio), soglie di sbarramento unificate al 3% (con la fine della differenziazione fra partiti che si coalizzano e che scelgono di andare da soli) e capilista bloccati e non “tangibili” dal gioco delle preferenze.
Su quest’ultimo punto, cioè sulla possibilità che i capilista siano eletti “direttamente” senza le preferenze, provocando di fatto una situazione che vedrà una quota consistente di eletti “bloccati”, la minoranza Pd ha annunciato battaglia, presentando un emendamento che limita al 25% il numero di eletti con quote bloccate e lasciando che il 75% degli eletti sia attraverso le preferenze.