Nel fiume dei commenti, analisi e critiche del giorno dopo la "trattativa" tra Governo e parti sociali sulla riforma del lavoro, non è difficile rintracciare un filo conduttore che lega ragioni, opinioni e proposte alternative. Perchè se l'assenza di un testo definitivo con il quale confrontarsi in qualche modo impedisce analisi articolate e ben strutturate, allo stesso tempo è evidente che i punti di intervento anticipati in conferenza stampa da Monti e Fornero costituiscono novità sostanziali per il mercato del lavoro italiano. Abbiamo già avuto modo di parlare nel dettaglio della revisione dell'articolo 18, delle tipologie contrattuali e dei cambiamenti per le partite Iva, ma c'è anche un altro aspetto che caratterizza fortemente il dibattito delle ultime ore. L'impressione in effetti è che gli aspetti concreti e radicalmente innovativi (senza giudizio di merito, sia chiaro) interessino relativamente poco analisti e commentatori politici, rispetto al carattere "ideologico" dell'intera vertenza. Come se quello in atto non fosse un confronto di sostanza da cui dipende il futuro di milioni di lavoratori, ma soltanto l'ultimo round di un regolamento di conti con il maggiore sindacato italiano, che negli ultimi anni ha catalizzato l'attenzione dei "novelli riformisti e degli apprendisti stregoni del nuovo corso politico economico della nostra nazione".
La responsabilità della Cgil e la fermezza del Governo – Ore di vertici incrociati, precedute da settimane di pressioni e dichiarazioni a mezzo stampa, ma la sostanza non è cambiata: il Governo ha presentato un piano ed ha chiesto alle parti sociali di ratificarlo, limitandosi a limare qualche aspetto ma restando fedele all'impostazione iniziale. Ora dunque non resta che attendere il lavoro del Parlamento, anche se al momento sembra prematuro ipotizzare cambiamenti strutturali del pacchetto predisposto dal ministro Fornero che, del resto, ha già ricevuto un implicito via libera dai piani alti del Popolo della Libertà e del fronte centrista. Come prevedibile l'attenzione si è spostata sulla Cgil, unico sindacato ad aver rigettato i principi base di una proposta giudicata "totalmente squilibrata" che aggrava la situazione dei lavoratori, "diminuendone le tutele e spostando la bilancia in favore dei datori di lavoro e delle aziende" (e già pronta a 16 ore di sciopero generale). E come era altrettanto prevedibile sulla Cgil si sta concentrando in queste ore il fuoco di sbarramento non soltanto degli "avversari diretti" e degli oppositori storici del sindacato guidato da Susanna Camusso, ma anche dell'area cosiddetta riformista della sinistra italinana. L'elenco di commenti ed accuse sarebbe lunghissimo, tuttavia scegliendo "fior da fiore", si passa dal sollievo per "la fine del consociativismo politico e della concertazione corporativa che ha imballato il Paese negli ultimi quarant’anni" (Rondolino), alla preoccupazione che "qualcuno faccia saltare il banco" (Fioroni), per arrivare alla constatazione che "Camusso e Landini sono superati dalla storia" (Sallusti) e alla considerazione che in fin dei conti la Cgil stia "tutelando i garantiti, dimenticandosi dei precari e dei disoccupati" (praticamente tutti).
Uno scontro ideologico, un manicheismo senza senso – Ma in che senso difendere l'articolo 18 e opporsi ad un modello controverso di flessibilità in uscita dovrebbe rappresentare un ostacolo alla stabilizzazione dei precari e a nuove assunzioni, lorsignori non lo dicono. Il motivo per cui dire che il tanto citato modello tedesco non è quello proposto da Fornero costituirebbe una forzatura antistorica, lorsignori non lo svelano. Il criterio in base al quale si sostiene che aumentare le tasse sul lavoro precario si traduca in un vantaggio per i lavoratori, lorsignori continuano a tenerlo nascosto alla nostra comprensione. Ciò che invece importa a lorsignori è tenere alto il livello di tensione, convogliare le forze verso il nemico comune e proporre dualismi e contrapposizioni che poco o nulla hanno a che vedere con la realtà dei fatti. Una scena già vista. Riformisti contro reazionari. Gli irresponsabili massimalisti della Cgil contro i ragionevoli e moderati rappresentanti dei lavoratori che hanno a cuore gli interessi di tutti gli italiani. O, quel che è ancora peggio, lavoratori "tutelati" contro precari. Una moderna guerra tra poveri, secondo un copione già visto. E purtroppo, prevedibilmente destinato a finire in due soli modi: con una forzatura o con l'ennesimo compromesso al ribasso. Per la soddisfazione delle tante coscienze "responsabili ed equilibrate" di questo Paese e con buona pace di chi incasserà l'ennesimo schiaffo.