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La guerra dei dazi di Trump è iniziata, Giorgetti: “Preoccupano, Ue ci dia strumenti per difenderci”

Il ministro dell’Economia Giorgetti dice che i dazi di Trump “preoccupano”: “Ci diano strumenti per difendere la nostra industria che altrimenti rimane stritolata dalla concorrenza che viene dall’Asia o dagli Usa”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti (Lega) ha detto i dazi di Trump sono una misura che "preoccupa, è già accaduto in passato, lo ha fatto anche l'amministrazione Biden. È utilizzato come strumento di politica industriale da parte degli Usa per riportare delle produzioni negli Usa", ha affermato oggi a margine di un incontro nella sede della Provincia di Varese.

"L'Europa inizi a immaginare degli strumenti per difendere le produzioni che esistono in Europa e in Italia. Ci diano strumenti per difendere la nostra industria che altrimenti rimane stritolata dalla concorrenza che viene dall'Asia o dagli Usa. Strumenti ce ne sono tanti per esempio un uso più intelligente della tassazione ambientale che è stato un clamoroso autogol per tutta l'industria dell'automotive", ha proseguito Giorgetti.

Il titolare del Mef ne ha parlato nel giorno in cui è partita l'offensiva commerciale di Trump, che prevede l'imposizione di dazi del 25% sui prodotti importati dai Paesi confinanti, Messico e Canada, e 10% su quelli che arrivano dalla Cina. La guerra dei dazi è dunque iniziata e presto potrebbe allargarsi all'Europa, stando agli annunci del nuovo inquilino della Casa Bianca. L'Ue da parte sua si dice pronta a "difendersi".

Come l'Ue vuole difendersi dai dazi di Trump

Un portavoce della Commissione Ue ha commentato le ultime dichiarazioni di Trump, e ha ribadito che l'Europa "resterà fedele ai suoi principi e, se necessario, sarà pronta a difendere i propri interessi legittimi". Il portavoce ha richiamato le posizioni espresse nei giorni scorsi dalla presidente Ursula von der Leyen e dal commissario Ue al Commercio, Maros Sefcovic.

A Davos von der Leyen aveva evidenziato: "Vogliamo una maggiore cooperazione con tutti coloro che sono aperti a essa. E questo include ovviamente i nostri partner più stretti. Penso, ovviamente, agli Stati Uniti d'America. Nessun'altra economia al mondo è integrata come la nostra. Le aziende europee negli Stati Uniti impiegano 3,5 milioni di americani. E un altro milione di posti di lavoro americani dipende direttamente dal commercio con l'Europa. Intere catene di fornitura si estendono su entrambe le sponde dell'Atlantico. Ad esempio, un aereo americano è costruito con sistemi di controllo e fibre di carbonio provenienti dall'Europa. E i medicinali americani sono realizzati con prodotti chimici e strumenti di laboratorio che provengono dalla nostra parte dell'Atlantico. Allo stesso tempo, l'Europa importa il doppio dei servizi digitali dagli Stati Uniti rispetto all'intera Asia-Pacifico. Di tutti i beni americani all'estero, due terzi sono in Europa. E gli Stati Uniti forniscono oltre il 50% del nostro Gnl. Il volume degli scambi tra noi è di 1,5 trilioni di euro, che rappresentano il 30% del commercio globale. C'è molto in gioco per entrambe le parti. Quindi la nostra prima priorità sarà impegnarci presto, discutere interessi comuni ed essere pronti a negoziare".

"Saremo pragmatici – ha detto la presidente – ma rimarremo sempre fedeli ai nostri principi per proteggere i nostri interessi e sostenere i nostri valori: questo è il modo europeo".

Ma è chiaro che Trump intenda andare avanti, tassando i suoi partner commerciali più importanti. Secondo il database Trade Data Monitor nel 2023 le importazioni di beni statunitensi da Ue, Canada, Messico e Cina sono state di 1,9 trilioni di dollari, circa il 60% del totale. Nonostante l'opposizione degli investitori e il rosso di Wall Street, Trump ha mantenuto la promessa di imporre dal primo febbraio dazi a Canada, Messico e Cina. Tra i beni tassati ci sono acciaio, alluminio, rame, prodotti farmaceutici, medicine, ma anche microchip, gas e petrolio in un secondo momento, a partire dal 18 febbraio.

Le tasse sulle importazioni da quei Paesi avranno un peso sulle tasche degli americani che, secondo uno studio dell'università di Yale, si tradurrà in 1.300 dollari di spese annuali in più per famiglia.

La bocciatura del Wall Street Journal

Secondo il Wall Street Journal, si tratta della "guerra commerciale più stupida della storia" che, in ultimi analisi, rallenterà l'economia americana. In un editoriale del board del giornale economico si critica in particolare l'imposizione di tariffe più alta per i vicini degli Stati Uniti rispetto a quelle contro la Cina. "I famigerati avversari americani… Messico e Canada saranno colpiti da una tassa del 25%, mentre la Cina, un vero avversario, del 10%. Una mossa che ricorda la vecchia battuta di Bernard Lewis secondo cui è rischioso essere nemico dell'America ma può essere fatale esserne amico", si legge nell'articolo.

Ma Pechino a parte, attacca l'editorial board, "la guerra commerciale di Trump non ha nessun senso e renderà l'economia degli Stati Uniti meno competitiva".

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