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La Giunta della Camera nega l’arresto per Milanese

Il No all’arresto è arrivato con 11 voti contro 10. Ora la decisione passa alla Camera, dove potrebbero arrivare delle sorprese dalla Lega che per il voto di Giovedì 22 ha lasciato libertà di coscienza.
A cura di Antonio Palma
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Camera - commissione autorizzazioni a procedere caso Milanese

Non vi è nessuna necessità del carcere per Marco Milanese, coinvolto nell’inchiesta sulla cosiddetta Loggia P4. Così ha deciso la Giunta per le autorizzazioni a Procedere di Montecitorio, che ha dato voto contrario alla richiesta di custodia cautelare avanzata dalla Procura di Napoli. A favore della proposta del relatore, Fabio Gava del Pdl, contraria alla richiesta di arresto, hanno votato 11 deputati su 21.

Il braccio destro del Ministro Tremonti c’è l’ha fatta per un pelo, anche se alla vigilia molti già pronosticavano questo esito, viste le indicazioni di voto dei partiti. Nonostante le liti interne alla stessa maggioranza, ieri alla fine anche la Lega si era apertamente schierata contro l’arresto riducendo molto le probabilità di una custodia in carcere per Milanese. Il Carroccio, nonostante gli umori interni e differentemente dalla vicenda Papa, aveva deciso di schierarsi contro in Giunta, ma comunque lascerà libertà di coscienza in Aula. A rassicurare Milanese ci aveva pensato lo stesso Bossi con un chiaro “non mi piacciono le manette”. Alla fine, conti alla mano, i due schieramenti di maggioranza e opposizione hanno votato compatti per le loro idee.

Ora la palla passa all’Aula che dovrà accettare o meno il parere della Giunta. La votazione è prevista per Giovedì 22 e potrebbe comunque riservare sorprese, visto anche come andò a finire il caso del deputato Papa. Il voto sarà a scrutinio segreto e, in più, oltre alla Lega anche l’Udc ha deciso che lascerà libertà di coscienza, aumentando le incognite del risultato.

L’accusato, intanto, continua a professarsi innocente, anche ieri durante l’audizione finale davanti alla Giunta ha respinto ogni accusa, dicendosi “disposto ad accettare il processo anche subito, ma non l'arresto”. Milanese ha letto una lunga memoria difensiva dove ha spiegato tutte le sue ragioni ma senza sottrarsi alle domande dei colleghi parlamentari. Milanese ha spiegato le accuse dell'imprenditore Paolo Viscione, valutandole come una vendetta “per rancore personale perché non avevo voluto appoggiare la candidatura di suo figlio”, ma ha anche parlato della famosa casa prestata o affittata a Tremonti, confermando l’affitto in nero già spiegato dal Ministro dell’economia.

Milanese non ha rinunciato ad un attacco ai media rei, a suo dire, di un “massacro mediatico” che lo avrebbe messo in cattiva luce. Ma chi sa se Milanese ora resisterà alle nuove attenzioni che sicuramente gli pioveranno addosso per il voto parlamentare e anche per molto tempo dopo.

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