La FIOM riunisce i delegati delle fabbriche italiane: “Il governo se ne frega degli operai”

A Napoli l’assemblea nazionale dei delegati FIOM mostra la drammaticità delle crisi industriali in Italia. Da Stellantis all’ex Ilva, gli operai sentono il governo distante. De Palma: “Senza risposte, pronti agli scioperi”.
A cura di Antonio Musella
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Si è tenuta a Napoli l'assemblea nazionale dei delegati della Fiom delle principali fabbriche italiane, come preludio alla manifestazione nazionale che si terrà il 25 maggio nel capoluogo partenopeo. Tra il rinnovo del contratto nazionale di lavoro e le numerose crisi industriali, l'assemblea è stato uno spaccato drammatico della condizione degli operai nel nostro paese. Da Stellantis all'Ex Ilva, passando dalla Leonardo e dalla IIA (Industria Italiana Autobus) il settore industriale in Italia vive un momento di profondissima crisi dove a rischio ci sono decine di migliaia di posti di lavoro. Le storie raccolte da Fanpage.it sono storie di donne e di uomini che vivono del proprio lavoro nel settore manifatturiero, quello che un tempo fu il motore di crescita del nostro paese e che adesso sembra un settore completamente in agonia. Sullo sfondo la distanza che gli operai percepiscono con il governo nazionale che sembra non avere nella propria agenda politica una strategia per affrontare le crisi industriali e più in generale la condizione operaia.

Mirafiori: "Da cuore pulsante del paese a crisi sociale"

E' intorno agli stabilimenti della Stellantis che sta maturando una delle crisi industriali più difficili del paese. Da Mirafiori a Pomigliano d'Arco, le fabbriche, ormai assorbite dai francesi, vivono un lento ed inesorabile processo di dismissione. "Un tempo eravamo 24 mila operai, ora siamo poco meno di 12 mila" ci racconta Rita Loredana Ruva, delegata Fiom della Stellantis di Mirafiori. "Siamo molto preoccupati, non solo per l'industria italiana, ma anche per il nostro territorio. E' aumentata la povertà, sono aumentati i furti, è aumentata la criminalità, un tempo eravamo il cuore pulsante dell'industria italiana oggi siamo in piena crisi sociale. Siamo passati a dare ossigeno alle fabbriche dell'indotto ad essere un territorio depresso, dove il disagio sociale aumenta sempre di più, chi rimane si impoverisce". Non va meglio a Pomigliano d'Arco, uno degli stabilimenti che Stellantis ha minacciato di chiudere se non ci saranno nuovi, ennesimi, incentivi pubblici. Un sistema che nel nostro paese è andato avanti per decenni con gli aiuti di Stato che hanno compensato le scelte strategiche non sempre brillanti dell'ex Fiat. "Noi siamo stati completamente assorbiti dai francesi – ci spiega Mimmo Loffredo, delegato Fiom della Stellantis di Pomigliano – abbiamo condizioni sui luoghi di lavoro che sono pessime, perché i francesi stanno tagliando sui costi. Inoltre ci troviamo nella transizione ecologica, un cambiamento radicale che per il mondo dell'auto è una vera e propria rivoluzione e non siamo per niente preparati". Una testimonianza che è una cartina di tornasole rispetto alla volontà di dismettere la produzione in Italia e soprattutto sulla poca lungimiranza del piano strategico.

Ex Ilva: "Abbiamo bisogno di persone capaci e ce ne sono poche"

All'ex Ilva di Taranto la storia infinita continua e sembra essere arrivata in uno dei periodi più neri da quando i Riva, dopo la disastrosa gestione dal punto di vista dei danni ambientali, hanno lasciato la proprietà. "Lo stabilimento è completamente fermo – ci racconta Giuseppe D'Ambrosio, RSU dell'Ex Ilva – i commissari non riescono a far ripartire l'impianto, per incapacità e per difficoltà strutturali, i 5 anni di Mittal hanno proprio fermato la fabbrica. La situazione è catastrofica, gli operai non ci credono proprio più all'operazione di rilancio dell'Ilva di Taranto". Gli annunci sulla fabbrica nella città dei due mari si sono sprecati nell'ultimo decennio. Ogni governo ne ha fatto uno, per arrivare ad oggi con gli stabilimenti fermi e nessuna idea strategica né di riconversione e nemmeno di rilancio dell'acciaieria. "Ogni governo va a sbattere sull'Ilva, chiunque – sottolinea Giuseppe – arrivano convinti di poter fare chissà che cosa, specialmente l'ultimo governo, ma poi la realtà di Taranto è molto difficile, serve gente preparata e credo che ne abbiamo poca". Non va meglio a pochi chilometri di distanza alla Leonardo di Grottaglie. Mentre l'azienda cresce enormemente per le commesse militari, la produzione civile è in piena crisi. "Noi facciamo le fusoliere dei 787, gli aerei della Boing – ci spiega Pasquale Caniglia, delegato Fiom della Leonardo di Grottaglie – ad oggi la Boing è ad un passo dalla crisi perché ha dichiarato problemi legati alla qualità del velivolo, quindi lo stabilimento di Grottaglie sta per fermarsi". Quella della Leonardo è davvero un paradosso dei nostri tempi, con l'aumento mondiale delle spese militari e le commesse che arrivano, ed incredibilmente le fabbriche della produzione civile in crisi. "Peccato che tutte le produzioni di armamenti sono tutte al Nord – ci dice Pasquale – noi stiamo chiedendo di diversificare la produzione dello stabilimento e di portare a Grottaglie qualcosa che non abbia a che fare con il militare e con la guerra".

De Palma: "Senza risposte, pronti agli scioperi"

L'assemblea è un misto di rabbia per la situazione delle crisi, ma anche di determinazione dei delegati. "Abbiamo un potere e dobbiamo esercitarlo" dice Michele De Palma, il segretario generale della Fiom. Per gli operai il governo è una controparte, lo danno praticamente per assodato. Non solo per l'assenza nell'agenda di governo della gestione delle crisi industriali, o delle trattative per il rinnovo del contratto collettivo nazionale, ma proprio per una distanza che sentono dall'esecutivo Meloni. "Il governo si è sempre disinteressato delle crisi industriali – sottolinea Rita Loredana Ruva – mentre negli altri paesi come in Francia e Germania il governo è intervenuto ed abbiamo visto i risultati, da noi ci stanno impoverendo, ci stanno togliendo anche il know how. Se ne fregano, come se ne fregano tutte le istituzioni e tutti i partiti politici".  Il sindacato però è pronto alla mobilitazione generale: "Noi vogliamo risposte sul rinnovo del contratto collettivo nazionale e sulla dismissione del settore industriale – spiega De Palma – senza risposte metteremo in campo tutto, compreso gli scioperi per garantire un futuro occupazione e un salario che riesca ad essere all'altezza dell'inflazione".

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