La figlia di Cossiga: “Di notte diceva: ‘Sono stato io a uccidere Moro'”
In occasione del decimo anniversario dalla morte dell'ex Capo dello Stato Francesco Cossiga la figlia Anna Maria ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera, per ricordarlo: "Tutto cambiò con il delitto Moro, che mi fece preoccupare per babbo, perché aveva un enorme affetto per lui, che era stato il suo maestro politico".
Del delitto di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse "per un lungo periodo non ne ha parlato. Lo capivo: si fa fatica a confidarsi con i figli quando sono ragazzi. Ma il suo dolore era visibilmente somatizzato: i capelli gli diventarono bianchi, la pelle macchiata dalla vitiligine. Si sentiva responsabile di quella morte. E sì, capitava che di notte si svegliasse dicendo: ‘L'ho ucciso io'". Cossiga fu tra i primi ad arrivare in Caetani il 9 maggio del 1978, dove si trovava l'R4 al cui interno c'era il corpo di Aldo Moro, che era stato rapito nel marzo del 1978. Si dimise da ministro dell'Interno l'11 maggio 1978, tre giorni dopo il ritrovamento del cadavere del presidente della Dc.
Anna Maria aiuta a ripercorrere quelle ore drammatiche per il padre, che fu l'ottavo Presidente della Repubblica dal 1985 al 1992, quando assunse l'incarico di senatore a vita. Negli ultimi anni Cossiga fu tormentato da un disturbo dell'umore simile al bipolarismo, la ciclotimia: "Chi gli aveva dato del matto, quand'era al Quirinale, si sarà magari sentito confortato nella propria ipocrisia. Per noi non era una tragedia di cui vergognarci: lo consideravamo un disturbo al pari di tanti altri. E sapevamo che c'erano momenti nei quali bisognava stargli più vicini. Lui stesso non nascondeva nulla della malattia. Ha dimenticato che coniò la metafora dell'Omino nero e dell'Omino bianco? Sapeva di avere una personalità ambivalente e ne aveva fatto una tecnica di combattimento politico".
Oltre a raccontare aneddoti sulla sua carriera politica la figlia condivide anche aneddoti sulla sua vita privata: "Apparteneva alla generazione che aveva qualche impaccio con i bambini, quindi anche con me e mio fratello Giuseppe. Un rapporto destinato comunque a evolversi. Presto ci coinvolse in discussioni con lui, voleva che sviluppassimo una capacità critica"