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La fabbrica dove sono morti 3 operai fu chiusa dopo un incidente nel 2020: “Pressioni per riprendere attività”

Quello alla Sabino Esplodenti non è il primo incidente in cui perdono la vita degli operai. Ne abbiamo parlato con Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, che nel 2020 – quando altre tre persone erano morte nello stabilimento – aveva presentato tre esposti alla procura di Chieti, da cui era nata un’inchiesta che aveva portato al sequestro della fabbrica. Presto, però, era stata riaperta.
A cura di Annalisa Girardi
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Un altro incidente mortale alla Sabino Esplodenti, una fabbrica in provincia di Chieti che si occupa di recuperare materiale militare e smaltire esplosivi. Tre persone sono morte in un terribile incidente le cui dinamiche sono ancora da chiarire. Pochi anni fa, nel 2020, altri tre operai avevano perso la vita. E in seguito a quell'episodio alla procura di Vasto erano stati presentati ben tre esposti che denunciavano gravi inadempimenti in materia di sicurezza: ne era seguita un'inchiesta e la fabbrica era stata posta sotto sequestro. Poco tempo dopo, però, era stata riaperta.

"Abbiamo presentato gli esposti dopo l'esplosione del dicembre 2020 – ha detto a Fanpage.it Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, che si era rivolto alla procura insieme ad Augusto De Sanctis – Lo stabilimento, visto che c'erano stati tre morti, era già stato posto sotto sequestro. Il magistrato ha evidentemente verificato la lunga serie di inadempienze che avevamo segnalato e probabilmente, anche altre se ha chiesto il processo per dieci persone per una lunga serie di reati, a partire dall'omicidio plurimo aggravato".

Il precedente del 2020 e le accuse di omicidio plurimo

L'accusa per gli indagati è quella di cooperazione in omicidio colposo plurimo, negligenza, imprudenza e imperizia, violazione di diverse norme antinfortunistiche. "Domani al tribunale di Vasto c'e' l'udienza preliminare davanti al Gup. Ci sono state forti pressioni, anche mobilitando i dipendenti, per ottenere l'autorizzazione alla ripresa dell'attività. Erano indispensabili controlli certosini prima di autorizzare dopo che erano morti tre operai. Invece la Regione Abruzzo ha deciso di non sottoporre il progetto neanche alla procedura di VIA", ha aggiunto Acerbo.

Per poi specificare che l'azienda sia sottoposta alla direttiva Seveso, cioè la normativa europea per la prevenzione di incidenti rilevanti e il controllo dei rischi connessi a determinate sostanze, classificate come pericolose. Gli esplosivi, in primis. Nel sito dell'azienda, quotata in Borsa, si legge che tra le mansioni ci sono il "recupero di materiali provenienti da munizioni militari per attività di demilitarizzazione, bonifica di siti contaminati, smaltimento di prodotti contenenti esplosivi". Non solo, figurano anche (sia in ambito civile che militare) "la disattivazione e la manutenzione di munizioni convenzionali e non convenzionali e di sistemi d'arma come le bombe a grappolo". Allo stesso tempo la Sabino Esplodenti si occupa anche di produzione di esplosivi per uso civile e industriale.

Le mancate procedure per la riapertura

"È un'attività ad altissima pericolosità, eppure si è ritenuto di non sottoporla all'Aia, cioè all'Autorizzazione integrata ambientale, e alla Via, procedure che avrebbero richiesto ovviamente un'attenzione e una pubblicità molto approfondita", ha sottolineato Acerbo.

Per poi proseguire: "Dato che questa azienda lavora in un settore legato agli esplosivi e alle munizioni io penso che goda di protezioni, altrimenti non si capisce perché ci sia stata differenza di procedure. Non parlo di protezione da parte della magistratura, perché l'inchiesta è stata subito aperta, ma a livello di apparati dello Stato. C'è qualcosa che non quadra in questa vicenda".

Manca il Piano di emergenza esterno

Acerbo ha ribadito come già tre anni fa, insieme a De Sanctis, avesse denunciato la mancanza del piano di emergenza esterno. "Per le aziende che rientrano nella direttiva Seveso sul sito della prefettura e del Comune ci dovrebbe essere questo piano di emergenza, in modo che i residenti sappiano cosa fare in caso di incidenti. Non solo questo non c'era tre anni fa, ma anche oggi non sembra esserci da nessuna parte", ha detto. Sul sito del Comune di Casalbordino, dove si trova lo stabilimento di Sabino Esplodenti, è presente solo una pagina in cui si elencano le competenze legate alla direttiva Seveso per quanto riguarda i diversi ministeri ed enti territoriali, e sono linkati i piani di evacuazione di tre hotel e di uno stabilimento balneare.

"Parliamo di un'azienda i cui livelli di sicurezza dovrebbero essere massimi, perché rientra nella direttiva Seveso. Così come i controlli: noi avevamo scoperto una quantità di inadempienze anche a norme elementari che sono incredibili. È inaccettabile che si ripeta una strage nel giro di tre anni. Ricordo che già nel 1994 presentammo un'interrogazione parlamentare sul traffico di T4 in cui era coinvolta l'azienda. Poi, come riferisce Il Fatto Quotidiano, nel 1999 hanno patteggiato. Chi li protegge? Forse non è solo una questione di incompetenza e negligenza", ha concluso Acerbo.

Acerbo: "Politica e istituzioni corresponsabili di questa strage"

In un comunicato diffuso alla notizia dell'incidente in cui sono morti tre operai Acerbo ha puntato il dito contro "la colpevole negligenza di tutte le autorità competenti, dalla prefettura al comune". E ha concluso: "Ci evitino lacrime di coccodrillo e comunicati di cordoglio la giunta, i partiti presenti in Consiglio regionale e i parlamentari abruzzesi che non hanno fatto nulla in questi anni o che magari si sono anche attivati per la riapertura. Politica e istituzioni sono corresponsabili di questa strage".

In un altro comunicato diffuso da De Sanctis, attivista ambientale che per molti anni ha svolto attività di consulenza alla commissione Ambiente della Camera, si sottolinea come la decisione del Comitato Valutazione di Impatto Ambientale della Regione Abruzzo di escludere l'impianto di Casalbordino dalla VIA sia ancora più sconcertante alla luce delle osservazioni delle SOA (Società organismi di attestazione), cioè l'ente certificatore. Questo aveva presentato "foto aeree inequivocabili sui cambiamenti avvenuti negli anni nell'azienda senza che venisse attuata per tempo la VIA, tanto da richiedere di trattare la questione come una VIA "in sanatoria" e postuma, con le relative sanzioni".

E nelle sue osservazioni, risalenti al 2021, scriveva: "Ricordiamo che il D.lgs.105/2015 prevede uno strettissimo coordinamento tra le attività istruttorie/autorizzatorie/di monitoraggio e quelle di VIA con continuo interscambio di informazioni. In tal senso, dalla documentazione depositata non si evince in quali delle forme previste della legge sia stato attuato nel concreto questo coordinamento, anche ai fini della partecipazione del pubblico e della trasparenza". Tutti questi dubbi, però, non avrebbero ancora trovato risposta.

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