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La disoccupazione giovanile in Italia tra dati, favole e responsabilità

Sulla disoccupazione giovanile il governo continua a ripetere che la colpa è dei giovani che non vogliono abbassarsi a fare i lavori umili. Ma non esistono dati che argomentino tale teoria.
A cura di Alfonso Biondi
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Occupazione

In Italia 1 giovane su 3 non lavora. Il dato è allarmante, certo, e bisognerebbe chidersene il perché. Il governo se l'è chiesto e si risposto che i giovani non lavorano perché non vogliono fare i lavori cosiddetti "umili". Un punto di vista che unisce tutto l'esecutivo: il Ministro dell'economia Tremonti pochi giorni fa aveva dichiarato che gli immigrati sono meno schizzinosi di noi; il Ministro dell'istruzione Gelmini per non essere da meno, su una lettera al Corriere della sera, aveva invitato i giovani a "superare il pregiudizio verso l’istruzione tecnica e professionale".

E' emblematico che i responsabili dell'economia e dell'istruzione del nostro paese la pensino in questo modo. Sarebbe facile punzecchiare l'esecutivo sulla sua posizione sfoderando il maccheronico sillogismo "meno soldi-meno cultura-più lavori manuali": questa, però, non sarebbe affatto una tesi, ma solamente una supposizione. Come una supposizione pare essere la tesi del governo.

Già, perché  al momento, come riportato anche da Il Fatto quotidiano, non esiste alcun dato che possa suffragare la tesi del governo in base alla quale i nostri giovani non intenderebbero fare un determinato tipo di lavori. Michele Pasqualotto, ricercatore della società Datagiovani che effettua analisi del mercato dell'occupazione giovanile ha dichiarato che

Non c’è alcun dato ufficiale sul fatto che i giovani rifiutino lavori poco appaganti. Tra le domande del questionari Istat, su cui si fondano tutte le analisi, non c’è n’è alcuna sui lavori rifiutati; viene soltanto chiesto che cosa sarebbero disposti a fare per lavorare.

E allora come possiamo dedurre che i nostri giovani rifiutano un lavoro dl genere se nessuno glielo chiede? A quanto pare il governo trarrebbe la sua ispirazione dalle previsioni di assunzioni delle aziende, contenute nel rapporto Unioncamere-ministero del Lavoro: nell'ultima edizione del rapporto (2010) pare infatti che le aziende abbiano molta difficoltà a reperire delle figure lavorative specializzate come quelle di meccanici per autoveicoli, di montatori e riparatori di serramenti e infissi. Questo non vuol dire però che i laureati debbano fare quel tipo di mestiere, anche perché il rapporto non finisce qui e, anzi, fornisce altre informazioni interessanti.

Se si tralascia il 2009, infatti, le assunzioni programmate di laureati e diplomati sono sempre aumentate in termini assoluti, mentre quelle riguardanti persone con la sola scuola dell'obbligo hanno fatto registrare una contrazione: le assunzioni di laureati sono passate dall’8,4% del 2004 all’11,9% del 2009, mentre quelle di persone con la sola scuola dell'obbligo sono scese nello stesso periodo dal 41% al 30,4% . Anche quest'altra parte del rapporto è molto interessante. E allora perché non citarla?

Abbiamo quindi visto come sia l'Istat sia il rapporto Unioncamere-ministero del lavoro non forniscono delle argomentazioni valide per supportare la tesi in questione. E allora perché in molti continuano a sostenerla? Forse in tempo di crisi, piuttosto che assumersi delle responsabilità per investire nella formazione e nella cultura, può essere più facile far credere ai giovani che la via giusta sia quella di accontentarsi. Forse la via più facile è proprio questa. Forse. Ma nessuno ci dice che sia quella giusta.

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