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La differenza di stipendio tra uomini e donne in Italia è sempre più alta: quanto vale

Nonostante gli sforzi per ridurre le disuguaglianze salariali, nel 2022 le donne laureate in Italia hanno guadagnato in media il 16,6% in meno rispetto ai colleghi maschi, evidenziando un persistente divario retributivo di genere. Questo fenomeno si manifesta anche in altre variabili come età, tipo di contratto e settore lavorativo. I dati Istat.
A cura di Francesca Moriero
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Il divario retributivo di genere (gender pay gap), ovvero la differenza salariale tra uomini e donne, rappresenta una delle principali sfide del mercato del lavoro italiano: sebbene negli ultimi anni siano stati fatti passi avanti verso l’uguaglianza, le disparità restano evidenti, sia nelle retribuzioni orarie che in quelle annuali, nonché nelle ore lavorate. Secondo i dati forniti oggi dall’Istat, nel 2022 le donne laureate hanno guadagnato in media il 16,6% in meno rispetto ai colleghi maschi con la stessa qualifica, un fenomeno che si manifesta in numerosi settori e a diversi livelli di istruzione.

Il divario salariale non è infatti l’unica forma di disuguaglianza che le donne affrontano nel mondo del lavoro: fattori come l’età, il tipo di contratto e il livello di istruzione giocano un ruolo determinante nel perpetuare queste disuguaglianze. Un ostacolo che si aggiunge al cosiddetto "soffitto di cristallo", che continua a limitare l’accesso delle donne a posizioni dirigenziali e di leadership.

Nonostante abbiano le qualifiche necessarie, molte donne si trovano infatti a fronteggiare barriere invisibili che ostacolano la loro carriera. Pur non essendo sempre manifeste come le discriminazioni dirette, sono radicate nelle strutture organizzative e si riflettono, oltre che nel gap salariale, anche nella scarsità di donne in ruoli apicali e nella difficoltà di conciliare vita professionale e privata.

Pur avendo ottenuto significativi progressi, l’occupazione femminile in Italia è ancora ben ben lontana dall’essere paritaria, non solo rispetto agli altri Paesi europei, ma anche all’interno dello stesso territorio nazionale, dove persistono ampie disparità tra Nord e Sud e dove molte donne continuano a essere concentrate in lavori part-time o con contratti precari. Il rapporto Istat pubblicato oggi evidenzia come tutte queste problematiche siano ancora ben radicate nel sistema, suggerendo l’urgenza di politiche mirate per combattere le disuguaglianze e favorire l’uguaglianza retributiva, al fine di creare un ambiente di lavoro più inclusivo e equo per tutti e tutte.

Gender pay gap, lavoro e istruzione

Stando ai dati 2022 dell'Istat, la retribuzione oraria media nelle aziende (con almeno 10 dipendenti) ha mostrato una netta disparità tra uomini e donne: le donne, in media, nel 2022 hanno guadagnato meno degli uomini, con una retribuzione oraria di 15,9 euro rispetto ai 16,8 euro dei colleghi maschi e un divario del 5,6%. Era al 5% nel 2017.

Le differenze salariali si ampliano ulteriormente anche in base all’età e al livello di istruzione: le donne under 30 guadagnano mediamente 11,9 euro all’ora, un 36,4% in meno rispetto agli uomini della stessa fascia di età, che guadagnano invece 18,7 euro all’ora. Anche la differenza salariale per quanto riguarda le donne con età compresa tra i 30 e i 49 anni, resta marcata, con una retribuzione oraria di 15,8 euro, contro i 16,8 euro degli uomini della stessa fascia.

Il gap salariale tra uomini e donne è particolarmente pronunciato poi tra i lavoratori con livelli di istruzione superiori: le donne con un titolo di studio terziario guadagnano in media 22 euro all’ora, ma questo importo è inferiore del 10/20% rispetto ai loro colleghi uomini con lo stesso livello di istruzione. Le donne con un diploma di scuola secondaria superiore guadagnano poi mediamente 15 euro all’ora, mentre quelle con un diploma di scuola media inferiore ricevono solo 12,4 euro all’ora, segnando una disparità significativa rispetto agli uomini in tutte le categorie di istruzione.

"Il gap tende ad ampliarsi poi tra i laureati (16,6%), tra i quali la retribuzione media oraria è di 20,3 euro per le donne e di 24,3 euro per gli uomini, ma anche tra i dipendenti con al più l’istruzione secondaria inferiore (15,2%), sebbene su livelli retributivi orari decisamente più bassi (11,1 euro per le donne e 13,1 euro per gli uomini). Il GPG più contenuto (10,7%) si osserva tra chi ha conseguito un titolo di studio secondario superiore, titolo più diffuso sia tra gli uomini che tra le donne, in corrispondenza di retribuzioni orarie di 14 euro per le diplomate e di 15,7 euro per i diplomati" si legge nel rapporto.

Anche la tipologia di contratto influisce sulle differenze salariali: le donne con contratti a tempo determinato guadagnano il 24,6% in meno rispetto ai colleghi maschi con contratti simili; le donne a tempo parziale guadagnano invece in media il 30,6% in meno rispetto agli uomini con contratti a tempo pieno.

Anzianità lavorativa

I dati Istat evidenziano come le disuguaglianze salariali si riflettano anche nelle diverse fasi della carriera: le donne guadagnano meno degli uomini in tutte le classi di anzianità lavorativa. Nonostante gli aumenti salariali progressivi siano legati all’anzianità, le donne continuano comunque a guadagnare meno rispetto ai colleghi maschi, anche se hanno maturato anni e anni di esperienza. Ad esempio, le donne con più di 30 anni di esperienza lavorativa guadagnano in media 21,6 euro all’ora, un importo ancora inferiore rispetto agli uomini con la stessa anzianità lavorativa.

"Osservando le differenze per classe di anzianità lavorativa in azienda, la retribuzione oraria maggiore si registra dai 30 anni di anzianità (21,6 euro l’ora), attestandosi a 1,6 volte la retribuzione oraria di chi ha meno di 5 anni di anzianità. L’aumento più significativo si ha nel passaggio da 0-4 ai 5-9 anni di anzianità (+17%) e tra 5-9 e 10-14 anni di anzianità (+16,5%). La retribuzione oraria degli uomini supera sempre quella delle donne, per qualsiasi anzianità lavorativa, pur aumentando per entrambi al crescere degli anni di lavoro", si legge nel rapporto.

Le differenze tra Nord e Sud

I dati Istat evidenziano come le disuguaglianze salariali si riflettano anche in base alle Regioni. Le retribuzioni medie orarie più basse per le donne si trovano nel Sud Italia (15,7 euro), seguite dal Nord-est (15,9 euro). Nel Centro Italia, invece, le donne guadagnano mediamente 17 euro all’ora, con una differenza retributiva sempre comunque significativa rispetto agli uomini.

Anche la dimensione dell’azienda gioca un ruolo cruciale nella differenza salariale tra uomo e donna: le piccole imprese, con meno di 50 dipendenti, come sottolinea il rapporto Istat, offrirebbe la retribuzione oraria più bassa (12,8 euro), ma anche le donne che lavorano in grandi aziende (con almeno mille dipendenti) non riuscirebbero a colmare completamente il divario salariale, pur guadagnando 19,2 euro all’ora, una cifra sempre comunque inferiore rispetto agli uomini che occupano la stessa posizione.

Il numero di ore lavorate

Un altro aspetto delle disuguaglianze salariali riguarda il numero di ore lavorate: secondo i dati Istat, nel 2022 le donne hanno lavorato mediamente 1.539 ore retribuite, un numero inferiore del 15% rispetto agli uomini, che hanno totalizzato in media 1.812 ore. Questa disparità è principalmente legata alla maggiore diffusione di contratti part-time tra le donne: il 12,3% dei contratti femminili è part-time, contro il 5,2% di quelli maschili.

Le donne ricorrono più frequentemente al part-time a causa di una combinazione di fattori strutturali e culturali: la carenza di politiche efficaci per conciliare vita lavorativa e familiare, insieme alla limitata condivisione da parte dei propri partner delle responsabilità domestiche e di cura, aumenta certamente il carico di responsabilità delle donne. La maternità, tra tutte, rappresenta ancora un costo significativo, sia in termini di servizi insufficienti, come asili nido e altre strutture di supporto, sia per la mancanza di politiche pubbliche che favoriscano una reale condivisione dei compiti familiari.

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