Negli ultimi giorni, diverse organizzazioni umanitarie hanno salvato la vita a più di mille persone nel Mediterraneo, ora a bordo delle navi Geo Barents, Ocean Viking, Humanity 1 e Rise Above. Le richieste di un porto sicuro in cui sbarcare non hanno ancora ricevuto risposta, malgrado una situazione oggettivamente complicata e il previsto peggioramento delle condizioni meteorologiche. Nella giornata di ieri, la Humanity 1, nave battente bandiera tedesca della ONG Mission Lifeline, che ha salvato 179 persone, ha deciso di dirigersi verso le coste siciliane, entrando nelle acque territoriali italiane per “trovare riparo dalle intemperie”. La stessa cosa ha fatto la Rise Above, nave molto più piccola che non può ospitare a lungo le 95 persone recuperate al largo delle coste libiche.
Un’occasione imperdibile per il governo italiano, da giorni impegnato nella solita sterile polemica della “bandiera” con le organizzazioni non governative e, ovviamente con toni meno decisi, con alcuni paesi dell’Unione Europea. Peraltro, la questione è già ampiamente dibattuta e la Commissione Europea era già intervenuta ricordando che esiste un “meccanismo di solidarietà sul trasferimento dei migranti” che può essere utilizzato anche in questo caso, ma che salvare le persone in mare è “un obbligo morale e legale”. Tradotto in altri termini: l’Italia faccia fronte ai suoi obblighi e successivamente gli altri Stati europei si occupino di onorare gli impegni presi.
Ma figuriamoci, in questo momento il governo italiano non ha bisogno di soluzioni, ma di creare dei diversivi. I soldi per il caro bollette e la crisi energetica sono pochi, le soluzioni fumose, le necessità degli italiani tante. Meglio parlare di altro, insomma. Il tema migranti funziona sempre come collettore di indignazione: in nome di un’idea distorta di sovranità, si costruisce a tavolino un problema che non esiste (ove mai toccasse solo all’Italia gestire mille persone non saremmo di certo in presenza di una catastrofe sociale, economica o culturale) e che non può essere risolto se non con compromessi che alimenteranno poi il solito vittimismo.
Così, nella conferenza stampa dedicata alla Nadef e alle proposte sull’ennesimo decreto Aiuti, Meloni ha chiamato anche il ministro dell’Interno Piantedosi, tutto compiaciuto nel fare la voce grossa di fronte a un dramma che coinvolge qualche centinaia di persone. Il ministro ha spiegato di voler autorizzare l’accesso della Humanity 1 e della Rise Above solo “per il tempo necessario a farci vedere le emergenze di carattere sanitario e altro tipo delle quali, voglio premetterlo, ci faremo carico”; una volta completata la procedura di verifica sulla presenza di “minori, donne incinte, donne con bambini piccoli, gente con la febbre”, la nave verrà “invitata ad andare” e dovranno essere riportati fuori dalle acque territoriali tutti i restanti naufraghi, di cui si dovrebbero occupare “i paesi di bandiera delle navi delle ONG”.
Senza girarci troppo intorno, non ci sono altri modi per definire una posizione del genere se non come propaganda sulla pelle di qualche centinaio di disperati. Perché, oltre che vergognosa sul piano umanitario (come si può anche solo pensare di rimandare in mare aperto decine di persone che fuggono dalla Libia e che vengono da settimane di stenti e patimenti?), siamo in presenza dell’ennesimo scempio del diritto internazionale. La questione la conosciamo da tempo, così come la conoscono, Piantedosi, Meloni e finanche Salvini, ieri felicissimo di celebrare un provvedimento che prolunga le sofferenze di centinaia di persone. La bandiera ha poco o nulla a che fare col diritto di asilo; l’Italia non può violare nuovamente il principio di non respingimento: per quanto ne sa Piantedosi, a bordo della Humanity 1 potrebbero esserci persone che hanno diritto alla protezione internazionale e le loro domande, compreso l’eventuale appello, devono essere valutate dalle autorità italiane nei tempi e nei modi stabiliti dalla legge (peraltro, come nota il capitano De Falco, “i naufraghi possono chiedere protezione ed asilo dalle navi, se quelle navi sono in tutto e per tutto equiparate al territorio dello Stato e lo sono solo le navi militari"); i casi di soccorso in mare vanno valutati singolarmente (per esempio, tocca all’Italia farsi carico di eventi nella propria area Sar, indipendentemente dalla bandiera della nave che effettua il salvataggio); siamo tecnicamente in presenza di naufraghi, con tutto ciò che comporta sul piano del diritto internazionale, e la stessa applicabilità del decreto Salvini è discutibile. Tra l’altro, non è difficile ipotizzare che la Humanity 1 non accetterà di riportare in mare aperto decine di persone, soprattutto considerando le condizioni meteorologiche.
Insomma, sappiamo come finirà: per fortuna, tutti i naufraghi riusciranno a sbarcare in territorio europeo, molto probabilmente in Italia. Meloni e Salvini otterranno che qualche centinaio di persone venga redistribuito in altri Paesi europei, faranno la voce grossa all’interno, mostrando agli italiani il “successo” ottenuto. Per qualche altro giorno non si parlerà del nulla assoluto prodotto dal governo nelle prime settimane di lavoro e nessuno chiederà conto delle promesse fatte in campagna elettorale.
Al prezzo di giorni e giorni di sofferenza ingiustificata di centinaia di disperati.