La destra non si ferma sull’Albania: arriva l’emendamento Musk per togliere potere ai giudici “ostili”
La maggioranza di centrodestra prova un nuovo escamotage per superare il pasticcio giuridico, creato sui centri per migranti in Albania. E sembra quasi accogliere l'appello di Elon Musk, arrivato via social qualche ora prima, a mandare via i giudici, che non hanno convalidato il fermo dei cittadini stranieri nelle strutture albanesi. La proposta – presentata con un blitz "con il favore delle tenebre" in Commissione Affari Costituzionali alla Camera – non punta a cacciare i magistrati sgraditi al governo, per carità. Ma li mette fuori gioco nelle decisioni sul trattenimento dei richiedenti asilo nei Cpr, per una serie di procedure accelerate, tra cui quelle che si svolgono nel Paese balcanico.
Il progetto della destra è contenuto in un emendamento al decreto flussi, in discussione a Montecitorio. La firma è della relatrice del provvedimento, la deputata di Fdi Sara Kelany, responsabile immigrazione del partito di Giorgia Meloni. È quindi facile immaginare che sia stato presentato, in pieno accordo con la premier e il governo. Lo scopo principale del testo è togliere alle Sezioni Specializzate in Immigrazione dei tribunali la responsabilità di convalidare o meno il trattenimento nei Centri permanenza e rimpatri dei richiedenti asilo, deciso dai questori. Si tratta del passaggio in cui fino a oggi si è arenato il progetto Albania, perché i giudici hanno sempre rimesso in libertà i migranti trasportati nei centri albanesi, che dunque hanno dovuto essere trasferiti in Italia.
Come noto, infatti, i magistrati della Sezione Immigrazione del tribunale di Roma hanno in un primo tempo disapplicato la legge del governo, che imponeva la cosiddetta procedura accelerata di frontiera – con conseguente trattenimento nel centro di Gjader – per i migranti maschi adulti provenienti da Paesi Sicuri. E poi in seconda battuta, dopo il varo di un nuovo decreto sulla materia, hanno disposto il rinvio della questione alla Corte di Giustizia europea, che con la sentenza del 4 ottobre 2024 aveva stabilito come potessero essere ritenuti sicuri, solo quegli Stati che lo fossero per la generalità del territorio. Decisioni simili a quelle dei colleghi romani sull'Albania, peraltro, negli scorsi mesi sono state prese da magistrati in molte parti d'Italia, da Bologna a Catania, fino a Palermo .
Le decisioni sui trattenimenti alle Corti d'Appello
La premier Meloni, i vicepremier Salvini e Tajani, ma anche il ministro della Giustizia Nordio hanno bollato queste scelte della magistratura come decisioni politiche. Diversi magistrati sono stati oggetto di pesanti attacchi da parte della destra. La presidente della Sezione Specializzata di Roma Silvia Albano è finita sotto protezione, dopo le minacce di morte ricevute sui social. Ora, come detto, la maggioranza vuole provare a "sbarazzarsi" del problema, togliendo alle presunte "toghe rosse" delle Sezioni Immigrazione, il potere di convalida dei trattenimenti dei richiedenti asilo. Se l'emendamento Kelany sarà approvato, questa funzione passerà alle Corti d'Appello dei tribunali, evidentemente considerate più accondiscendenti verso le direttive imposte dall'esecutivo.
Secondo, il segretario di +Europa Riccardo Magi: "per mascherare il fallimento dell'esperimento albanese governo e maggioranza continuano a intervenire compulsivamente e in modo isterico sulla normativa che disciplina il trattenimento delle persone che fanno richiesta di asilo". Spiega Magi: "“Le sezioni specializzate sono state create proprio con la finalità di occuparsi di questi giudizi, evitando anche che il carico di lavoro di essi ricadesse sugli altri uffici. La scelta del governo quindi è dettata unicamente dal tentativo isterico di cambiare giudici sui provvedimenti relativi alla detenzione in Albania e avrà anche pesanti ricadute sull'organizzazione del lavoro delle Corti d'appello”.
In ottobre, peraltro, tutti i ventisei presidenti delle Corti d'Appello dei tribunali italiani avevano firmato una lettera per protestare contro un'altra scelta dell'esecutivo in materia di immigrazione: quella di ripristinare la possibilità di ricorso in appello, nei procedimenti per il riconoscimento della protezione internazionale. Una norma che – secondo i magistrati – riverserà sulle Corti migliaia di pratiche, impossibili da smaltire, per uffici già vicini al collasso. Ecco, di fronte alle rimostranze, la maggioranza non solo non fa retromarcia, ma grava i magistrati d'Appello di ulteriori compiti. Magari, con la speranza non detta che di fronte a una mole di lavoro così imponente, questi siano meno "pignoli" dei loro colleghi delle Sezioni Immigrazione. Ma con il rischio di creare ulteriore caos, invece di sciogliere la matassa.