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La denuncia di Alarm Phone: “A settembre 6 naufragi e quasi 200 morti davanti alle coste libiche”

Solo a settembre ci sono stati sei naufragi, costati la vita a quasi duecento persone. E chi è sopravvissuto lo deve solo agli sforzi dei pescatori locali che li hanno soccorsi mentre l’Europa si gira ancora una volta dall’altra parte. “I numerosi naufragi avvenuti nei giorni scorsi sono il risultato di un regime violento lungo i confini, finanziato dalle Istituzioni europee”, denuncia Alarm Phone.
A cura di Annalisa Girardi
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Nel Mediterraneo centrale i migranti continuano a morire. Solo a settembre ci sono stati sei naufragi, costati la vita a quasi duecento persone. E chi è sopravvissuto lo deve solo agli sforzi dei pescatori locali che li hanno soccorsi mentre l'Europa si gira ancora una volta dall'altra parte. La denuncia arriva da Alarm Phone, la piattaforma che offre assistenza telefonica ai migranti in difficoltà in mare. Tra il 14 e il 25 settembre l'organizzazione riporta di aver ricevuto centinaia di segnalazioni da persone in pericolo nel Mediterraneo: la nave umanitaria Alan Kurdi è riuscita a salvarne alcune, ma molte altre sono state intercettate dalla Guardia costiera di Tripoli e riportate in Libia, un Paese nel bel mezzo della guerra civile.

E altre persone ancora sono riuscite a mettersi in contatto con gli attivisti solamente una volta dopo essere stati costretti a tornare sulla terra ferma. Da dove hanno raccontato di aver visto morire i propri amici in mare e di essere riusciti a mettersi in salvo solo grazie all'intervento dei pescatori.  Oltre 190 persone sono morte davanti alle coste libiche nel giro di pochi giorni. Alarm Phone, grazie alle dirette testimonianze dei sopravvissuti e dei pescatori, è riuscita a mettere insieme un quadro di cosa può accadere nelle acque davanti alla Libia in così poco tempo.

Il primo naufragio raccontato dagli attivisti risale al 14 settembre: quel giorno hanno perso la vita 22 persone a largo della Libia. Quattro giorni dopo sono scomparse 20 persone e si teme che queste abbiano perso la vita in un naufragio a largo di Zawiya. Sempre il 18 settembre, a largo di Garabulli, altre tre persone hanno perso la vita: 54 migranti sono stati coinvolti in un naufragio e i pescatori sono riusciti a salvarne solo 51. Il giorno dopo un pescatore ha soccorso oltre 100 persone a largo di Zura, ma mentre l'imbarcazione stava attraccando due persone si sono gettate in acqua per sfuggire all'arresto e sono annegate.

Il 21 settembre si è registrato il naufragio più letale dell'anno: 110 persone sono morte e solo 9 sono riuscite a mettersi in salvo. Il 22 settembre alcuni migranti a bordo di un barcone in difficoltà sono riusciti a mettersi in contatto con Alarm Phone e ha raccontato che alcune persone si fossero buttate (o fossero cadute, non è chiaro) in acqua. Anche Seabird, l'aereo di ricognizione della Ong Sea Watch, ha avvistato alcune persone in acqua, prima che l'imbarcazione venisse intercettata dai militari libici. Non è chiaro quindi che fine abbiano fatto le persone in acqua, ma si teme il peggio. Il 25 settembre altre 16 persone sono affogate in un naufragio. Quello stesso giorno una barca in difficoltà ha raccontato ad Alarm Phone della morte di almeno due persone a bordo: il giorno seguente, tuttavia, l'Organizzazione mondiale per le migrazioni ha riferito che le persone decedute a bordo erano 15.

"I numerosi naufragi avvenuti nei giorni scorsi sono il risultato di un regime violento lungo i confini, finanziato dalle Istituzioni europee. Sono il risultato del blocco delle indispensabili navi civili di soccorso e del fermo dell’aereo civile di osservazione Moonbird. Sono il risultato di una vuoto letale creato nel salvataggio – vuoto attualmente colmato solo da pochi pescatori che rischiano la vita e la libertà per evitare le stragi in mare", conclude l'organizzazione.

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