video suggerito
video suggerito
Reddito di cittadinanza, le ultime notizie

La Corte Ue boccia i requisiti del Reddito di cittadinanza, troppi dieci anni di residenza in Italia

Il requisito di dieci anni di residenza in Italia per ottenere il Reddito di cittadinanza era troppo alto, e di fatto una discriminazione per i cittadini stranieri. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Ue, confermando con una sentenza le contestazioni che erano già arrivate dall’Europa.
A cura di Luca Pons
5 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

La Corte di giustizia dell'Unione europea ha stabilito che uno dei requisiti fissati per il Reddito di cittadinanza – la misura di sostegno alla povertà cancellata dal governo Meloni – era discriminatorio. In particolare, era eccessivo richiedere dieci anni di residenza in Italia, di cui gli ultimi due anni in modo continuativo, per ottenere l'aiuto. Il tema era già stato sollevato sia dall'Ue (che aveva chiesto di aprire il Rdc a tutti i cittadini europei) sia dal Comitato scientifico che nel 2021 aveva proposto dei miglioramenti per la misura.

La sentenza arrivata oggi è legata caso di due cittadine di Paesi extra-Ue che soggiornavano da tempo in Italia. Queste erano state accusate di aver attestato falsamente il requisito della residenza. Dunque avrebbero preso il Reddito anche se non ne avevano diritto, ottenendo in totale rispettivamente 3.414,40 euro e 3.186,66 euro. Era stato il Tribunale di Napoli a seguire il caso e rivolgersi alla Corte Ue per sapere se si trattasse di un requisito discriminatorio rispetto alla direttiva europea sui cittadini di Paesi terzi.

La Corte ha risposto che sì, dieci anni di residenza sono troppi per avere accesso a prestazioni sociali, assistenza sociale o protezione sociale. E che, perciò, non si può sanzionare penalmente una falsa attestazione riguardante questo requisito. Nelle argomentazioni si legge che il requisito di residenza "costituisce una discriminazione indiretta nei confronti dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo". Infatti, "anche se tale requisito si applica anche ai cittadini nazionali, esso interessa principalmente i cittadini stranieri, tra i quali figurano in particolare tali cittadini di Paesi terzi".

Una decisione che in parte, come detto, era già stata anticipata da altre contestazioni dell'Ue, e che il governo Meloni ha tenuto a mente nei suoi interventi in materia. Non a caso, per l'Assegno di inclusione e il Supporto formazione e lavoro, le due misure che hanno in parte sostituito il Rdc dopo la sua cancellazione, la soglia è stata abbassata a cinque anni di residenza.

Infatti, la Corte ha ricordato che cinque anni è proprio il tempo necessario a un cittadino di un Paese extra-Ue per ottenere lo status di "soggiornante di lungo periodo". Dunque, questo è un "periodo sufficiente per avere diritto alla parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro, in particolare per quanto riguarda le misure riguardanti le prestazioni sociali, l'assistenza sociale e la protezione sociale".

Ora il caso delle due cittadine da cui è partito tutto tornerà in mano al Tribunale di Napoli, che dovrà risolvere la causa tenendo a mente ciò che ha indicato la Corte europea. E lo stesso dovranno fare tutti gli altri giudici che si troveranno davanti a una situazione simile. A conferma, per il governo Meloni e per i suoi successori, che non si potrà mettere un requisito oltre i cinque anni di residenza se si vogliono evitare ricorsi.

5 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views