"Credo che oggi siano chiari i sentimenti che animano gran parte dei cittadini. Si aspettavano che venisse ribadita l’importanza di rispettare le regole e le leggi dello Stato. Si aspettavano che una grave condanna non finisse miseramente nel nulla e soprattutto non finisse con quella che sembra una presa di giro, con quelle quattro ore settimanali ad intrattenere i vecchini". È questo forse uno dei passaggi più significativi del lungo commento che Beniamino Deidda, magistrato di lungo corso già Procuratore Generale di Firenze, pubblica sulle pagine del sito di Magistratura Democratica. Si tratta di un lungo editoriale, pubblicato appunto in qualità di direttore di "Questione Giustizia", con il quale Deidda analizza la decisione dei giudici in merito all'assegnazione ai servizi sociali del leader di Forza Italia.
Le motivazioni dei giudici sono analizzate punto per punto, o meglio contestate nei loro aspetti essenziali. A cominciare dalla definizione di "normo – inserito" per Berlusconi che invece per Deidda "è pacificamente contraddetta dall'opinione comune, convinta piuttosto che il condannato fosse incline ad aggirare la legge tutte le volte che poteva, anche cambiandola, quando non vi fosse altra strada per guadagnarsi l'impunità". Insomma, il Tribunale non "poteva ignorare i trascorsi giudiziari di Silvio Berlusconi, né ignorava i procedimenti penali in corso" e dunque ci si "aspetterebbe una misura idonea all’ardua impresa di recuperare alle regole della vita civile una persona che, nonostante le posizioni personali di partenza estremamente vantaggiose, ha posto in essere reati d’inaudita gravità". Invece la direzione scelta dai giudici è quasi opposta.
Infatti, continua Deidda, il "Tribunale avrebbe dovuto valutare non in astratto il generale adattamento sociale dei cosiddetti colletti bianchi, ma in concreto la pericolosità e le condizioni per un proficuo inserimento di questo condannato, che ha infranto gravemente la legge nonostante le sue condizioni economiche e sociali, mentre rappresentava il popolo italiano in Parlamento e ricopriva prestigiose cariche pubbliche". Invece i giudici si "sono liberati della difficoltà del loro compito con questa uscita un po' curiosa delle quattro ore settimanali di impegno sociale". E mostrando sostanzialmente un differente apporccio rispetto al trattamento che viene usato "nel caso dei poveri cristi, drogati impenitenti o ladruncoli per bisogno, che si ostinano a voler mangiare anche quando non hanno i soldi necessari".