La Cgil prepara tre referendum, cosa vuole fare per cancellare il Jobs Act di Renzi
La Cgil va verso una proposta di referendum per cambiare tre diversi aspetti del mondo del lavoro: i licenziamenti individuali, gli appalti e la precarietà del lavoro. Sono tre referendum abrogativi che andrebbero a cancellare alcune parti del Jobs Act approvato dal governo Renzi, ma non solo. Proprio perché si tratta di materie complicate su cui si intrecciano diverse leggi, ci vorrà del tempo per scrivere i quesiti veri e propri e poi lanciare la raccolta firme. Il percorso, però, è iniziato. L'assemblea generale ieri ha dato il mandato alla segreteria di Maurizio Landini per iniziare i lavori.
Secondo quanto è emerso finora, anche le tempistiche dovrebbero essere piuttosto definite. Le questioni fondamentali, cioè quanti referendum saranno e come saranno formulate le domande, dovrebbero essere risolte entro il 31 marzo. A quel punto, i quesiti saranno depositati presso la Corte di Cassazione e partirà la raccolta firme. Le scadenze successive saranno quelle già stabilite per legge: ci sarà tempo fino al 30 settembre per raccogliere 500mila firme e consegnarle alla Cassazione. Se tutto procede senza intoppi e supera il vaglio della Cassazione, la data per il referendum sarà fissata in una domenica tra il 15 aprile e il 15 giugno 2025.
Fino ad adesso, quindi, il sindacato non ha un testo vero e proprio dei requisiti referendari, ma solo gli argomenti su cui vuole intervenire. Lo scopo è "cambiare le leggi sbagliate e proporre un altro modello sociale e di sviluppo, che metta al centro la dignità e la libertà delle persone", come si legge nel documento conclusivo dell'assemblea. E oltre a "licenziamenti individuali, precarietà del lavoro, appalti" si parla anche di "affiancare a un referendum abrogativo dell’autonomia differenziata", anche se bisogna prima aspettare che la legge sull'autonomia entri effettivamente in vigore.
Non è la prima volta che si parla di un referendum contro alcuni aspetti del Jobs Act. Nel 2016 la Cgil presentò tre proposte per cambiare le norme sugli appalti, ripristinare l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e abolire i voucher. Allora, la Corte costituzionale bocciò i quesiti. Ora parte un nuovo tentativo per intervenire su temi diversi.
Già alla fine della scorsa estate, Maurizio Landini aveva parlato di un nuovo referendum contro la precarietà. Da allora, la proposta era rimasta nelle retrovie, e peraltro non aveva sollevato un immediato appoggio da parte dei partiti di opposizione: nel Partito democratico, in particolare, la segretaria Schlein aveva cercato di bilanciare la sua posizione, tenendo conto che una parte del partito aveva appoggiato il Jobs Act durante il governo Renzi. Resta da vedere come si svilupperanno ora i quesiti della Cgil e come si muoveranno le opposizioni.