La Cassazione dà il via libera alla stepchild adoption in casi particolari
Ancora un via libera da parte dei giudici alla stepchild adoption. Questa volta a dare legittimità all'adozione del figlio del partner nelle coppie omosessuali – istituto che era stato escluso dalla legge sulle unioni civili – è stata la Cassazione. Si tratta di due donne sposate in Spagna e conviventi, delle quali una è madre biologica di una bambina di sei anni. Lo scorso 27 maggio la procura generale della Cassazione aveva chiesto alle sezioni unite civili di pronunciarsi o di accogliere il ricorso della procura di Roma che si era opposta all'adozione. Il pg Francesca Ceroni, infatti, aveva dichiarato che "solo le sezioni unite possono evitare che in Italia si crei una situazione a macchia di leopardo".
Con la sentenza 12962 della Prima sezione civile, depositata oggi, la Suprema ella Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della Procura di Roma e accolto la domanda di adozione. La procura aveva sostenuto che la legge Cirinnà aveva stralciato la stepchild e che "la legge 184 dell’83 (adozione in casi particolari ndr) alla quale si può al momento fare riferimento si occupa solo di infanzia abusata, abbandonata, maltrattata e di genitori in difficoltà. Qui invece abbiamo il caso di una bambina amata e curata dal genitore biologico".
La Cassazione ha stabilito invece che l'adozione in casi particolari "non determina in astratto un conflitto di interessi tra il genitore biologico e il minore adottando, ma richiede che l'eventuale conflitto sia accertato in concreto dal giudice". Questo tipo di adozione, peraltro, "prescinde da un preesistente stato di abbandono del minore e può essere ammessa sempreché, alla luce di una rigorosa indagine di fatto svolta dal giudice, realizzi effettivamente il preminente interesse del minore". Nella legislazione sulle adozioni già esiste l'adozione del figlio del partner in casi particolari, si è trattato, quindi, solo di estenderla anche al caso di una coppia omosessuale.
Il primo a commentare la decisione è stato il presidente della Commissione lavoro del Senato Maurizio Sacconi (Ap), secondo cui la stentenza "conferma purtroppo i timori sulla deriva giurisprudenziale conseguente alla legge ideologica sulle unioni civili disegnate come simil-matrimoni. Continua il processo di sovversione antropologica incoraggiato dalla sinistra al quale sarà necessario opporre la possibilità per il popolo tutto di esprimersi attraverso un referendum sulla genitorialità omosessuale".
Per le Famiglie Arcobaleno, invece, questo è "un giorno di emozione pura e felicità incontenibile per un risultato che abbiamo raggiunto solo grazie a noi: alle nostre battaglie e alla nostra determinazione", ha dichiarato la presidente, Marilena Grassadonia. La sentenza, ha aggiunto, "è una vittoria per i nostri figli e le nostre figlie ed è solo merito nostro esserci affidati ai giudici a fronte di una politica incapace di legiferare nell'interesse dei minori, una politica incapace di approvare una legge sulle unioni civili che riconoscesse un minimo di diritti alle nostre famiglie". L'associazione ha ringraziato i giudici: "Confidavamo tutte e tutti che continuassero a decidere nel supremo interesse dei minori, senza farsi sviare da proclami ideologici e posizioni preconcette, e così è stato. Ora andiamo avanti con le nostre battaglie per il riconoscimento pieno della nostra genitorialità, per il matrimonio egualitario, per l'adozione e per il riconoscimento dei nostri figli alla nascita". La strada, ha concluso Grassadonia, "è segnata, potranno esserci ritardi, forse battute d'arresto. Ma otterremo quello che ci spetta: il consenso nel Paese nei nostri confronti sta crescendo grazie al nostro sforzo di raccontare le nostre famiglie, di spiegare le nostre scelte. Ogni giorno nelle nostre mailing list arrivano annunci di nuove nascite, nuovi neonati figli di mamme e papà Arcobaleno: questa giornata è tutta per loro".
Nonostante sia la prima volta che la Cassazione si pronunci sulla stepchild, la lista dei giudici di merito che avevano affrontato il problema è lunga. Recentemente il tribunale di Torino aveva concesso l'adozione a due coppie di donne – richieste che erano state respinte in primo grado. In una delle due pronunce i giudici avevano richiamato la Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui il concetto vita familiare deve essere "ancorato ai fatti", cioè non subordinato all’accertamento di un determinato status giuridico, ma alla effettività dei legami instauratisi nel tempo. Ancora prima il tribunale per i minorenni di Roma ha concesso l'adozione di un bambino a una coppia di uomini che ha fatto ricorso alla maternità surrogata in Canada. E sempre lo stesso tribunale a ottobre del 2015 aveva dato il via libera alla stepchild da parte della mamma non biologica convivente.
Circa un mese fa il ministro per gli Affari regionali con delega alla Famiglia Enrico Costa (di Ncd) si era lamentato che "non può rientrare dalla finestra quello che è uscito dalla porta: in tema di stepchild adoption fino a oggi la giurisprudenza ha dato delle interpretazioni colmando un vuoto normativo. Ora quel vuoto non c’è più", perché "c’è una norma chiara che esclude la stepchild adoption, a maggior ragione alla luce dei lavori parlamentari, e quindi mi attendo di vedere chiusa una fase di interpretazione creativa". La relatrice del ddl unioni civili, Monica Cirinnà, aveva risposto che non esisteva alcuna "giurisprudenza creativa", solo giudici che "davanti alla scelta del legislatore di non decidere, continua ad applicare la norma esistente che è la legge sulle adozioni che è richiamata esplicitamente al punto venti del maxi-emendamento del governo". L'ultima frase di quel documento, infatti, "recita che ‘resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti'. Quindi i giudici continuano ad applicare la legge in materia di adozione che, per la stepchild, applica la lettera D, cioè che per le adozioni in casi particolari il punto di partenza è la tutela del minorenne".