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La Camera conferma stop a vendita armi all’Arabia Saudita: “Si faccia lo stesso con Egitto”

La commissione Esteri della Camera ha approvato la risoluzione che conferma il blocco delle forniture di bombe e missili al regime saudita, impegnato da anni nella guerra yemenita. E ora il ministro della Difesa Guerini sarà convocato a Montecitorio: al governo sarà chiesto la valutazione sull’export di sistemi d’arma ai Paesi che non rispettano i diritti umani. Come nel caso egiziano.
A cura di Stefano Iannaccone
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di Carmine Gazzanni e Stefano Iannaccone

Un passo fondamentale in direzione dei diritti umani e della pace. Sembra una frase fatta, ma è esattamente quanto accaduto in Parlamento: la commissione Affari esteri della Camera ha approvato una risoluzione che proroga lo stop alla vendita di missili e bombe ai Paesi coinvolti nel conflitto in Yemen. Su tutti l’Arabia Saudita. Ma non solo: il voto a Montecitorio apre la possibilità per la sospensione anche delle altre autorizzazioni all’esportazione di armamenti. Il primo indiziato, visti i casi  Regeni e Zaky, tuttora aperti, potrebbe essere l’Egitto del presidente al-Sisi. Un’ipotesi, certo, che peraltro non incontra l’ottimismo di Francesco Vignarca, coordinatore campagne della Rete Italiana pace e disarmo: “L'approvazione della risoluzione non mi sembra un cambio strutturale delle politiche sulla vendita di armi. Quella yemenita è situazione, in cui prevale l’aspetto umanitario. Dunque, più una singola che decisione che una mutazione complessiva del quadro”, dice Vignarca a Fanpage. Per poi aggiungere: “Laddove prevale l’aspetto economico, come il caso dell’Egitto, siamo lontani da una riflessione che sarebbe utile. Perché il problema è di rispetto di diritti umani, sicuramente. Ma non c’è nemmeno convenienza, dal punto di vista politico e addirittura economico, a vendere sistemi d’arma ad ad alcuni Paesi”.

Ma partiamo da quanto avvenuto nelle ultime ore alla Camera. Da anni va avanti la vendita di bombe all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi: nel corso della precedente legislatura sono partite forniture dalla Sardegna per centinaia di milioni di euro. Una scelta compiuta, nonostante il conflitto fosse stato condannato da tutte le organizzazioni internazionali a causa della spaventosa crisi umanitaria che ne è derivata. Con i bambini spesso vittime degli ordigni. Il primo passo avanti si è registrato nel luglio 2019, ed è peraltro stato uno degli ultimi atti del governo giallo-verde: una mozione, approvata in Parlamento, ha impegnato l’esecutivo a sospendere la vendita di missili e bombe ai Paesi coinvolti nella guerra in Yemen. L’impegno, tuttavia, sarebbe scaduto a inizio 2021.

Oggi, però, si è aggiunto un altro fondamentale tassello, come spiega a Fanpage Yana Ehm, deputata del MoVimento 5 Stelle in commissione Esteri: “Ho seguito personalmente la questione sin dal principio e non posso che confermare la necessità di prorogare lo stop alle armi verso i Paesi coinvolti nel conflitto yemenita”, spiega la parlamentare del M5S, attenta fin dall’inizio del suo mandato sui temi pacifisti e relatrice della risoluzione sullo Yemen approvata alla Camera. “Questo è innanzitutto un impegno verso i civili coinvolti, prime vittime del conflitto in atto. La risoluzione prevede importanti impegni, tra le quali anche la possibilità di estendere questa sospensione anche ad altre tipologie di armamenti e ad altri Paesi coinvolti nel conflitto”. In Yemen, d’altronde, si sta consumando la più grande crisi umanitaria di tutti i tempi, con oltre 24 milioni di persone su 28 che vivono al di sotto della soglia di povertà. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, lo Yemen è destinato a essere il Paese più povero del mondo. “La risoluzione stabilizza, in senso positivo, il ruolo dell'Italia nel conflitto. Già questo è un risultato positivo, perché mantiene il livello raggiunto in precedenza, nel 2019. E non era scontato”, osserva Vignarca.

Il coordinatore delle campagne della Rete Italiana pace e disarmo sottolinea poi l’imponenza e la rilevanza della misura nell'ambito di quella guerra: “Le armi italiani non erano per numero e qualità le più grosse vendute in Yemen. Ma erano le più impattanti: abbiamo venduto le bombe, che effettivamente venivano usate nel conflitto. Erano quelle che venivano sganciate nel concreto”. E c’è un passaggio ulteriore nel testo approvato: viene richiesto il blocco del flusso delle armi dirette al regime saudita. Ma la risoluzione impegna l’esecutivo ad “adottare gli atti necessari per revocare le licenze in essere”. Quindi non potranno più essere riattivate una volta terminata la sospensione. “La richiesta di revoca delle licenze è un passo significativo del Parlamento. Per intenderci: bisogna fare eventualmente delle nuove istruttorie sull’eventuale rilascio di licenze. Non si possono riattivare quelle vecchie”, sintetizza Vignarca.

A quanto pare, comunque, il lavoro del Parlamento non vuole fermarsi qui. Secondo quanto risulta a Fanpage e come conferma la stessa Ehm, a breve comincerà un breve ciclo di audizioni tra cui anche quella del ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. L’obiettivo? Capire se ci sono margini per bloccare la vendita di armi anche con altri Paesi. La legge che regola l’autorizzazione alle esportazioni di armamenti (la n.85 del 1990) d’altronde parla chiaro: “L’esportazione e il transito di materiali di armamento sono vietati verso i Paesi in stato di conflitto armato” in contrasto con le direttive Onu, “verso i Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione”, verso i Paesi “responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani”. E, visto quanto sta accadendo in Egitto, con i casi Regeni e Zaky, è difficile non volgere lo sguardo anche ad al-Sisi. “Lo Yemen è un Paese in guerra da anni e con conseguenze devastanti specialmente per la popolazione”. “La condizione qui è chiara: la sospensione dovrà rimanere fino a che non vi saranno concreti sviluppi di pace nel Paese – precisa ancora Ehm – concordo però che il tema dell’export di armamenti verso Paesi che sono coinvolti in conflitti o che non rispettano pienamente i diritti umani sia fondamentale”.

Da qui la decisione della commissione Esteri di avviare un ciclo di audizioni. E non è un aspetto secondario considerando che, secondo i documenti ufficiali, nel 2019 l’Egitto è stato in assoluto il primo “cliente armato” italiano: sono state autorizzate esportazioni di armamenti al Cairo per 871,7 milioni di euro. Per questo motivo si attendere di capire cosa dirà Guerini, considerando che  l'orientamento sembra in linea con il passato: in più occasioni ha già ribadito la necessità di incrementare gli investimenti militari per arrivare al fatidico 2% del Pil, come chiesto dalla Nato.

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