Una Biblioteca dei libri inediti: la proposta di Franceschini fa discutere il web
L'idea è arrivata, improvvisa, in occasione della premiazione del concorso nazionale “Scriviamoci. Passami i tuoi pensieri e le tue emozioni in 30 righe”, dedicato agli studenti in occasione del Maggio dei Libri. Il ministro dei Beni e le attività culturali Dario Franceschini l'ha poi ribadita su Twitter: “Vorrei lanciare una nuova iniziativa, la "Biblioteca Nazionale dell’Inedito", in cui raccogliere tutti gli inediti che ci sono nel nostro Paese. Sarebbe la memoria di un intero Paese. Chissà quante storie di famiglie, quante storie perse che farebbero memoria…”.
Per argomentare la sua proposta il ministro ha raccontato come "molti non osano scrivere perché temono di confrontarsi. Ma scrivere è una terapia straordinaria, è un atto di grande creatività e libertà, che tutti dovrebbero fare, al di là del talento o dell’essere o meno portati". Affascinante la difesa alla libertà d'espressione e alla necessità di diffondere il più possibile idee nuove, fresche ed originali. Encomiabile la considerazione per un'arte che sempre di più si svaluta a favore dell'immediatezza, considerata tra le altre cose privilegio di pochi per gli enormi sacrifici, soprattutto materiali, che comporta. Un po' meno realistica, forse, o quantomeno, poco chiara, l'effettiva possibilità pratica della sua realizzazione.
Da quando il ministro Franceschini ha diffuso la sua idea su Tweetter, una valanga di commenti, perplessi, ironici o che addirittura si chiedono se sia o meno uno scherzo, ha sommerso il web.
Al di là delle perplessità avanzate a caldo da tutti, tante sono le domande che si pongono con un "progetto" di questo genere: l'archivio, se così vogliamo chiamarlo, dovrebbe essere cartaceo o digitale? Chi si occuperebbe della catalogazione dei testi, e soprattutto, in base a quale criterio? Tematico? Cronologico? O peggio, alfabetico? Risale al 2013 l'ultima stima ufficiale dei titoli disponibili in commercio, in media, ogni anno: più di 813mila libri, per un settore che, nel pratico, stima un fatturato di poco più del 3 % l'anno. Significa che, sempre facendo statistiche approssimative, ogni italiano dovrebbe leggere almeno tre libri l'anno: la realtà dei fatti resta, invece, che a stento ne leggiamo uno. Oggi come oggi, d'altra parte, la possibilità di vedere le proprie opere, che siano poesie, racconti o romanzi, pubblicate o almeno in circolazione è aumentata notevolmente rispetto al passato. Piattaforme di self publishing, ebook, case editrici indipendenti, e lo stesso web è pieno di blog, siti internet personali e cataloghi digitali attraverso i quali far sentire la propria voce, nel coro. Viene in mente Fossati, in "Io sono un uomo libero":
Qui tutti parlano e parlano o peggio scrivono e scrivono. È cultura universale o biblioteca comunale?
Lasciando da parte l'evidente sproporzione fra "scrittori" e "lettori", l'abisso che si è aperto ai piedi dell'idea del ministro Franceschini è immenso, per tante altre ragioni: le notevoli e ormai evidenti difficoltà nelle quali si trovano i beni culturali di ogni tipo, la scarsa attenzione che c'è, in generale, da parte degli addetti ai lavori per una riqualificazione degna del nostro patrimonio artistico e culturale, gli scarsi incentivi e le pochissime garanzie che si danno a chi vorrebbe fare della cultura il proprio lavoro. Tutti grandi problemi che fanno sembrare questa proposta, brillante dal punto di vista ideale, inutile e poco seria dal punto di vista delle politiche reali del paese.
Aprire a tutti la cultura, la letteratura e la libera espressione è dovere di un Paese costituzionalmente civile, non si discute. Ma farlo senza un progetto concreto e attuabile, quanto giova al benessere della cultura stessa?
Quando si proclamò che la Biblioteca comprendeva tutti i libri, la prima impressione fu di straordinaria felicità. Tutti gli uomini si sentirono padroni di un tesoro intatto e segreto. Non v’era problema personale o mondiale la cui eloquente soluzione non esistesse: in un qualche esagono. L’universo era giustificato, l’universo attingeva bruscamente le dimensioni illimitate della speranza. A quel tempo si parlò molto delle Vendicazioni: libri di apologia e di profezia che giustificavano per sempre gli atti di ciascun uomo dell’universo e serbavano arcani prodigiosi per il suo futuro. Migliaia di ambiziosi abbandonarono il dolce esagono natale e si lanciarono su per le scale, spinti dal vano proposito di trovare la propria Vendicazione. Questi pellegrini s’accapigliavano negli stretti corridoi, profferivano oscure minacce, si strangolavano per le scale divine, scagliavano i libri ingannevoli nei pozzi senza fondo, vi morivano essi stessi…molti impazzirono. Le Vendicazioni esistono (io ne ho viste due, che si riferiscono a persone da venire, e forse non immaginarie), ma quei ricercatori dimenticavano che la possibilità che un uomo trovi la sua, o qualche perfida variante della sua, è sostanzialmente zero.
Chissà Borges cosa ne penserebbe.