Credevano di andare a suonare e sono stati suonati: i senatori del Partito Democratico si dividono in tre categorie. Ci sono i “renziani ortodossi”, pochi e mai, assolutamente mai, in dissenso con “Matteo”. Poi ci sono i dissidenti, che criticano apertamente l’accordo Berlusconi-Verdini-Renzi sulle riforme. E in mezzo? In mezzo ci sono le decine di cosiddetti “soldatini” che, renziani sulla carta, non ne possono più di tenersi dentro la rabbia per quella che in tanti definiscono come una “incredibile mortificazione”. Quale?
Lotti e Boschi “sergenti di ferro” e il gruppo tace e esegue. Altrimenti… – Semplice: quella di essere comandati a bacchetta da Maria Elena Boschi e Luca Lotti, manco fossero scolaretti indisciplinati. La ministra delle Riforme e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio sono gli esecutori materiali degli ordini impartiti via sms da Matteo Renzi, durante queste caotiche giornate a Palazzo Madama. Con modi spicci, bruschi, con toni imperativi e senza possibilità di replica, Boschi & Lotti impartiscono ordini e tengono a bada i senatori piddini. “Un atteggiamento intimidatorio” si sfoga uno di quelli che viene inserito tra i renziani doc in tutti gli schemetti dei giornali ma che sembra davvero sul punto di esplodere. “Non se ne può più – confida a fanpage – dell’atteggiamento intimidatorio di quei due. Verrebbe voglia di mandare tutto all’aria, queste riforme che stiamo votando sono pessime e il modo in cui le stiamo approvando lo definirei osceno. Ma chi ha il coraggio di aprire bocca, si gioca la carriera politica”.
“Si vota, tutti in aula!”: e i senatori obbediscono – “Senatori, si vota! Tutti in aula!”. Nemmeno il tempo di addentare un toast ed ecco che una inflessibile assistente parlamentare richiama tutti i piddini all’ordine. Loro sbuffano, ma corrono: con Matteo e i suoi non si scherza. I colleghi grillini, cinici, li sfottono: “Collega, hai lasciato l’aranciata a metà!”. “Che poi – si chiede un senatore del Pd – il ricatto della non ricandidatura, che senso ha se si abolisce il Senato elettivo?”. Domanda che sarebbe anche legittima, ma che suona inutile almeno quanto gli irripetibili insulti sussurrati nei capannelli di senatori del Pd all’indirizzo di Renzi, Boschi, Lotti e (molto meno) Lorenzo Guerini.
Sms di Lotti a Zanda: “Un’altra volta sotto e votiamo a ottobre” – Gli sfoghi sfociano anche in notizie, ed ecco una chicca: mentre ieri al Senato infuriava la bagarre, Luca Lotti avrebbe inviato un perentorio sms al capogruppo Luigi Zanda. “Se andiamo sotto un’altra volta si vota a ottobre”: questo il testo del messaggino, che lo stesso capogruppo avrebbe poi mostrato ai senatori. Che, tradotto, significa: se salta tutto, scordatevi la ricandidatura. Ed è questa, solo e soltanto questa, la colla che tiene insieme quella “strana maggioranza” che si prepara a modificare la Costituzione Italiana nel nome del patto del Nazareno e di colui il quale sarà ricordato come il papà della nuovo Parlamento Italiano: Denis Verdini.
Renzi nervoso anche per la storia dei “101”: “Ci diamo la colpa da soli” – Il voto anticipato: è questa l’arma letale che Matteo Renzi sta utilizzando per soffocare ogni dissenso. Il premier è nervoso, ce l’ha anche con i suoi più stretti e fidati collaboratori. Quella vecchia storia dei “101”, evocata dal responsabile comunicazione Francesco Nicodemo, ha indispettito Matteo. “Bene, ora ci diamo anche la colpa da soli” avrebbe sibilato il premier. La sensazione di Renzi è infatti quella di tutta l’aula: tra coloro i quali sperano nel voto segreto per affossare il più possibile la riforma Verdini ci sono infatti anche diversi forzisti, non solo i dissidenti ufficiali alla Augusto Minzolini. Parlamentari di centrodestra di lungo corso, vecchie volpi del Senato che accostano la riforma del Parlamento al disegno piduista di Licio Gelli, salvo difendere la stessa riforma davanti a taccuini e microfoni.
Tentazione FI: colpire la riforma per affondare Verdini – Ogni colpo alle riforme è una coltellata a Denis, ritornato a spadroneggiare all’interno di Forza Italia. E del resto, la tensione è estremamente minore sulla sponda “azzurra”: chi si gioca tutto non è certamente il redivivo Silvio Berlusconi, pronto come sempre a “strambare” in 30 secondi netti se il vento dovesse girare. La partita ha un solo protagonista: Renzi. Il Grande Assolto, al massimo, è pronto a ritagliarsi una fetta di gloria se le riforme saranno approvate. E a scaricare sull’ “amico Matteo” il fallimento se invece le cose dovessero andare male…