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Opinioni

L’Italia non ha fermato gli sbarchi dei migranti per il G7 di Taormina

La notizia dello “stop agli sbarchi in vista del G7” è stata interpretata male e comunicata peggio. No, l’Italia non sta operando blocchi navali, né sta respingendo i barconi, né sta riportando i migranti in Libia.
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Qualche settimana, in relazione ai servizi di sicurezza da garantire per il G7 in programma a Taormina, il capo della polizia Gabrielli aveva diramato una direttiva in cui si individuavano le priorità al fine di evitare problemi e criticità legati allo svolgersi dell'evento internazionale. La gran parte dei mezzi di informazione aveva interpretato in maniera netta alcuni passaggi della direttiva, parlando senza mezzi termini di "stop agli sbarchi dei migranti in Italia". L'idea che, dunque, bastasse una direttiva per "fermare gli sbarchi" era stata raccolta e rilanciata da esponenti della Lega Nord, di Fratelli d'Italia, di Forza Italia e del MoVimento 5 Stelle, finendo col trovare terreno fertile nell'opinione pubblica e andando, di fatto, ad alimentare quella "narrazione tossica" sui migranti e sull'immigrazione dalla quale non riusciamo a liberarci.

La realtà dei fatti è invece più complessa. E no, non abbiamo né fermato gli sbarchi, né trovato la soluzione semplice ed efficace al problema dell'immigrazione nel nostro Paese.

Cominciamo dalla direttiva, nella quale si leggeva: "È già stata rappresentata la necessità di realizzare, a partire dal 15 maggio, una riduzione progressiva degli sbarchi a Messina e poi per l’intera Sicilia evitando comunque di impegnare i porti dell’isola nei seguenti periodi: porto di Messina, dalla mezzanotte del 18 maggio 2017 fino alle 24 del 28 maggio successivo; tutti gli altri porti della Sicilia, dalla mezzanotte del 22 maggio 2017, fino alle 24 del 28 maggio successivo". Già solo leggendo con attenzione si può capire come il "ban" fosse progressivo e comunque limitato a 10 giorni per il porto di Messina e 6 giorni per gli altri porti siciliani.

Ma c'è di più, perché, come ricostruito da Il Post, "da quando è entrata in vigore la direttiva del prefetto Gabrielli, ci sono stati 2.111 sbarchi, un numero paragonabile a quello delle precedenti settimane". Nel dettaglio:

Sabato altri 560 migranti salvati da una nave di una ONG a largo della Libia sono stati portati al porto di Vibo Valentia, in Calabria. Tra sabato e domenica altri 17 barconi con a bordo 634 migranti sono stati recuperati nel Mediterraneo centrale. I migranti salvati sono stati sbarcati nel porto di Cagliari, mentre altri 950 sono stati sbarcati questa mattina nel porto di Taranto.

Dunque? Ecco, la questione è abbastanza semplice: se necessario, i migranti salvati al largo delle coste libiche verranno comunque trasportati in Italia, in porti diversi da quelli siciliani. L'attività di Guardia Costiera e Marina Militare, oltre che delle navi impegnate nell'operazione EunavforMED- Operazione Sophia e delle ONG, non ha subito modifiche né rallentamenti. E, del resto, perché sarebbe dovuto cambiare qualcosa?

I respingimenti che in molti vogliono, anzi pretendono, sono semplicemente inattuabili, oltre che umanamente deplorevoli. Questo perché nei confronti della Libia vige il principio del non respingimento (no refoulement), perché la Libia non è posto sicuro e non ha recepito la Convenzione di Ginevra. Le persone soccorse non si possono riportare o respingere verso la Libia, e il meccanismo con il quale si sceglie il porto di destinazione dei migranti salvati è sempre lo stesso, regolato dai trattati internazionali e dagli accordi fra gli Stati.

Lo spiegava l'ammiraglio Melone, comandante della Guardia Costiera, in audizione al Senato:

La scelta del porto di sbarco compete al MRCC, ma è fatta d’intesa col ministero dell’Interno, anche in relazione alle necessità del luogo e delle forze di polizia, della magistratura eccetera […] Se coordiniamo noi le operazioni in mare, l'MRCC stabilisce il punto di sbarco nel nostro Paese. Se invece è una ONG a prestare soccorso, a decidere è il capitano della nave, che è il comandante dell'unità e risponde al proprio Stato di bandiera o all'MRCC da cui è coordinato […] Ripeto che una nave mercantile o delle ONG, di fronte a una situazione di pericolo, per convenzione, è tenuta a intervenire subito, immediatamente, a prescindere dall’ordine di un MRCC che coordina. Quando stiamo parlando delle ricerche in area SAR di un altro Paese, invece, perché possa intervenire il nostro MRCC c’è la necessità del via libera dello Stato che ha la sovranità in quello zona"

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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