Io me lo immagino Renzi stanotte. Stava là, seduto in un angolo con lo smartphone in mano, a scorrere la bacheca facebook e ascoltare distrattamente quello che si diceva. Sai che palle, di notte su facebook non c'è mai nessuno. Al massimo lo status malinconico di qualche insonne, le foto di un paio di Mojito e, visto il periodo, di qualche cocktail in barca. Deve essere stata durissima per lui. Ogni tanto, più per noia che per altro, avrà alzato la mano in cerca di attenzioni. Fino a che non si stancava e la riabbassava, rassegnandosi nell'attesa dell'ennesimo giro di caffè. Magari qualche volta ha buttato qua e là qualche “Non esageriamo” (che è stata più o meno la posizione ufficiale dell'Italia nella discussione) e poi tornava zitto, a guardare il cellulare. E me lo immagino, nei momenti di dibattito più concitato, quando nessuno ascolta e tutti alzano la voce, urlare pure lui: parole a caso, suoni non articolati. Come quando sei al bar e invidi gli ubriachi che si divertono e festeggiano, come quando sei in classe e fai una magra figura alle interrogazioni, come quando durante una riunione, non sai che dire e te ne resti zitto.
Che pessima figura a livello internazionale che stiamo facendo! Non è solo il fatto che all'indomani del referendum la riunione dell'Eurogruppo sia stata annullata per convocare un vertice ristretto tra Merkel e Hollande, e Renzi, preso da solitudine e tanto per far qualcosa, si è visto con Padoan per mangiare un gelato. Non è solo il fatto che in questo paese sono quattro anni che si fanno tutti i compiti a casa, per attirare l'attenzione di una maestra che non ci tiene in considerazione. Si è fatto passare il governo dei tecnocrati, si è fatto passare il governo d'emergenza, si è fatta passare ogni genere di nefandezza sulle spalle dei cittadini, solo per uno sguardo di approvazione che mai ci è arrivato.
Il nostro Presidente del Consiglio è stato coinvolto in una discussione fiume di due giorni nella quale si decidevano le sorti dell'Europa e il suo ruolo è stato talmente inconsistente che addirittura i media italiani hanno dovuto ripiegare e intervistare a raffica gli opinionisti de “Il Sole 24 ore”; tanto lui non aveva niente da dire. Renzi stava là, partecipava alla discussione, e i nostri giornalisti riportavano le dichiarazioni della Grecia, della Germania, della Francia, della Finlandia. Ogni tanto, con voci e volti visibilmente imbarazzati, riportavano due parole sue, che nemmeno si soffermavano troppo a commentare, per evitare di dargli troppa attenzione.
L'Italia ha avuto un ruolo talmente marginale in questa vicenda, nelle ultime due settimane dell'Europa, che non mi stupirei se tra una settimana nemmeno se ne parlasse più: che si richiudesse in un cassetto quello che è successo, come se non fosse il fatto più importante accaduto in Europa dalla caduta del Muro di Berlino. Le uniche dichiarazioni del nostro Presidente del Consiglio che fossero più lunghe di una frase nominale sono state riferimenti all'Ucraina, al Mediterraneo eccetera eccetera…: prendere tempo davanti ai giornalisti, infilare un elenco di supercazzole che nemmeno “il conte Mascetti” in Amici miei. Cioè tu becchi uno che ti dovrebbe rappresentare, in una discussione su un tema cruciale come quello della Grecia, e quello ti risponde: “L'Europa non è solo la Grecia, c'è un gran bisogno d'Europa anche altrove”. A me ‘sto trucchetto, già dal terzo anno di superiori, alle interrogazioni, non funzionava più. Avesse detto almeno una volta: “Barbabietole da zucchero”.
Inconsistente Renzi, inconsistenti noi, mentre si giocava una partita che ci riguarda in prima persona. Mentre si decideva cosa le economie deboli devono cedere e concedere a quelle più forti per sopravvivere ai ricatti, lui è rimasto sullo sfondo. Per una settimana ci aveva ripetuto che “In Italia non ci sono rischi”, salvo essere smentito da un commento laconico del Fondo Monetario Internazionale: “Eh no, i rischi ci sono!”. Deve essere questo: ha capito che meno ne dice, meglio è. Tanto fa solo figure barbine.
E così eccoci qui, noi italiani: mentre si decide il futuro dell'Europa, rappresentati da uno che fa la figura del raccattapalle. In una partita a scopa.