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L’Islanda ha approvato una legge per garantire parità di retribuzione tra uomini e donne

Regole che non restano sulla carta: a vigilare sul rispetto delle norme è chiamata la polizia (Lögreglan), compresa quella tributaria, e, in casi particolari, anche un reparto scelto delle forze dell’ordine, con controlli a sopresa.
A cura di C. T.
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Da ieri l'Islanda è il primo paese al mondo con una legge che prevede la parità di retribuzione per donne e uomini a parità di qualifica, nelle aziende con almeno venticinque dipendenti di garantire. Regole che non restano sulla carta: a vigilare sul rispetto delle norme è chiamata la polizia (Lögreglan), compresa quella tributaria, e, in casi particolari, anche un reparto scelto delle forze dell'ordine, con controlli a sopresa.

I datori di lavoro, dal canto loro, dovranno periodicamente certificare il rispetto delle nuove regole e provare la garantita parità di retribuzione per tutti i dipendenti, donne e uomini. La normativa è stata approvata dal Parlamento poche settimane fa, e adesso è stata anche pubblicata sulla gazzetta ufficiale.

La legge, comunque, si inserisce in un contesto già ai vertici nel mondo per gender equality: metà dei ministri sono donne, decenni fa c'è stato la prima donna a capo dello stato, Vigdis Finnbogadottir, e l'80% delle donne lavora.

"Siamo decisi ad abbattere le ultime barriere retributive legate al genere in ogni posto di lavoro. La Storia ha mostrato che a volte se vuoi il progresso sei costretto a imporlo dall´alto contro chi vi si oppone", ha spiegato il Ministro per gli Affari sociali e l'uguaglianza, Thorstein Viglundsson.

L'approvazione della legge è una vittoria per l'attivista Frida Ros Valdimarsdottir, che da anni porta avanti questa battaglia: Durante l'ultima protesta,le donne islandesi avevano lasciato il lavoro due ore e mezza prima dell'orario prefissato – per colmare approssimativamente la differenza retributiva con i colleghi maschi. Uno sciopero che è stata l'ultima spinta per il Parlamento per l'approvazione della legge sulla parità retributiva. Anche se, afferma l'attivista, "il problema e la discriminazione esistono ancora".

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