L’inesistente Ponte sullo Stretto costa ai contribuenti due milioni di euro l’anno
Il Ponte sullo Stretto di Messina torna nuovamente al centro del dibattito politico a causa degli ingenti costi generati dall'opera, nonostante non sia mai stata realizzata. A lanciare l'allarme, questa volta, è la Corte dei Conti, che in una relazione pubblicata stamane ha sottolineato che "l’onere annuo per il mantenimento in vita della concessionaria, sceso sotto i due milioni di euro solo nel 2015, risulta ancora notevole e, pertanto, il superiore interesse al buon andamento amministrativo suggerisce celerità nella liquidazione della concessionaria". Secondo i magistrati contabili, dunque, la società Stretto di Messina, la concessionaria pubblica creata appositamente per la gestione dell'opera mai realizzata e dei relativi contenziosi legali, sarebbe costata ai contribuenti circa 2 milioni di euro nell'anno 2015 e svariati milioni di euro in più in passato. La società, posta in liquidazione il 15 aprile del 2013, è ancora però formalmente esistente nonostante i contratti in essere siano stati sciolti tempo addietro, scioglimenti che hanno ovviamente portato alla nascita di contenziosi con le aziende private inizialmente coinvolte nella realizzazione dell'opera pubblica.
"La sottoscrizione, nel marzo 2006, del contratto per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina non fu condivisa dal Governo insediatosi all’inizio della XV legislatura (maggio 2006), mentre fu confermata, nei suoi effetti, dall’esecutivo che aprì la successiva (2008). L’incertezza sulla fattibilità dell’opera ha prodotto la richiesta di danni nei confronti dell’amministrazione e l’accordo transattivo del 2009, con nuove condizioni concesse alla parte privata", spiegano i magistrati nella relazione. "Quest’ultima dichiarò il recesso, invocando le favorevoli clausole sottoscritte nel 2009, pur contestandone la parte pubblica la loro applicabilità. A sua volta, il d.l. 87/2012 stabilì che la caducazione dei vincoli contrattuali comportasse un mero indennizzo; ne è seguito un rilevante contenzioso, tuttora in corso, tra la società concessionaria Stretto di Messina e le parti private. Inoltre, la concessionaria ha richiesto, nei confronti delle amministrazioni statali, per le proprie pregresse attività, più di 300 milioni, da cui un ulteriore contenzioso", prosegue la Corte dei Conti, che aggiunge: "Il conflitto che ne è derivato contrasta con i principi di proporzionalità, razionalità e buon andamento dell’agire amministrativo, tenuto anche conto che quanto eventualmente ottenuto in sede di contenzioso è destinato a tornare agli azionisti pubblici, dopo l’estinzione della società. Peraltro, non risultano iniziative della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – oltre a quelle di resistenza in sede giudiziaria – per por fine al contrasto con la concessionaria".
Secondo i magistrati, dunque, nonostante sia vero che gli oneri per il mantenimento in vita della concessionaria pubblica siano scesi sotto i due milioni di euro nel 2015, questi risultano essere ancora troppo rilevanti per le casse dello Stato e per determinare dunque la cessazione di questi sprechi finanziari è quindi necessario imporre "iniziative volte a rendere più celere la liquidazione della concessionaria, dal momento che, prevedibilmente, le pendenze giudiziarie con le parti private si protrarranno ancora per un lungo periodo e la sopravvivenza della società ha comportato una costosa conflittualità fra entità che dovrebbero, al contrario, agire all'unisono nel superiore interesse", che tradotto significa provvedere alla liquidazione definitiva della società.