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L’ Ice bucket challenge e gli ammalati che (anche) Renzi non vede

“Quando penso che Renzi ha accettato di farsi una doccia gelata per la Sla ma non si impegna per recuperare fondi e consentire a queste persone di vivere dignitosamente, provo solo una gran pena”: durissimo giudizio del Comitato 16 Novembre sull’ice bucket challenge di Matteo Renzi. Ecco perché.
A cura di Gaia Bozza
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Il web trabocca di docce gelate, all'estero e in Italia: da Zuckerberg a Bill Gates passando per Belen, Fiorello, Balotelli e Matteo Renzi. E' l'ice bucket challenge, una sfida a colpi di video virali e cubetti di ghiaccio, idea nata proprio da un ammalato di Sla per stimolare la raccolta fondi per la ricerca sulla Sclerosi laterale amiotrofica, terribile malattia incurabile che solo nel nostro Paese conta 6mila casi. Secchiata d'acqua dopo secchiata d'acqua, sembra che la sfida virale stia funzionando. Almeno sul fronte delle donazioni per la ricerca: sono stati raccolti oltre 40 milioni di dollari negli Usa. Molto meno in Italia: appena 33mila euro. In ogni caso il grande problema, a casa nostra, è un altro. Quando si parla di disabilità, in Italia, chi segue queste tristi vicende ricorda spesso Raffaele Pennacchio, il dottore-eroe morto a Ottobre scorso: da giorni, senza sosta, presidiava il ministero dell'Economia insieme al Comitato 16 Novembre Onlus. Cosa chiedevano, questi "violenti" (qualche esponente delle istituzioni li ha definiti così) e facinorosi in carrozzina? Un'assistenza domiciliare dignitosa. Molto semplicemente.

Al telefono, la vice presidente del Comitato Mariangela Lamanna non nasconde la rabbia. E quando le ricordiamo che anche il premier ha accettato la "sfida" per la ricerca sulla Sla, diventa furiosa: "Quando penso che Renzi ha accettato di farsi una doccia gelata per la Sla ma non si impegna per recuperare fondi e consentire a queste persone di vivere dignitosamente, provo solo una gran pena". Un giudizio durissimo: "E' importante donare per la ricerca, ma mentre la ricerca va avanti non si può consentire che le persone muoiano abbandonate. Bisogna essere uomini, bisogna essere civili: Renzi non può farsi una doccia gelata e poi non provvedere all'assistenza quotidiana". Il fondo per la non autosufficienza è stato ripristinato solo recentemente. Alcuni dati: nel 2009 i soldi stanziati erano 400 milioni. Poi il fondo è stato cancellato nel 2011. Dopo una dura lotta ingaggiata dai disabili, il fondo è stato ripristinato nel 2013. "Ci siamo costituiti in associazione due anni fa – ricorda Mariangela- per sposare la causa dei disabili gravi e gravissimi che sono abbandonati alle sole cure dei familiari. Oltre 12 presidi, un morto sul campo di battaglia, Raffaele Pennacchio, per chiedere che gli oltre 6mila malati di Sla e gli altri disabili abbiano una vita degna di essere vissuta al loro domicilio, a casa propria. Finalmente siamo riusciti a ottenere un tavolo interministeriale, che però è fermo". Per quest'anno, il fondo ammonta a 340 milioni. Pochi spiccioli, sottolinea il Comitato: "L'ex viceministro Guerra – rincara Mariangela Lamanna – diceva che, per un piano degno di questo nome, ci sarebbe voluto almeno un miliardo e mezzo".

E' infinitamente di più di una secchiata d'acqua gelata, l'inferno di carboni ardenti che un disabile grave o gravissimo e la sua famiglia attraversano: di fronte ai pochi fondi stanziati e ripartiti tra le regioni, l'Asl stabilisce cosa può offrire al malato in termini di assistenza domiciliare; l'alternativa è la Rsa, la Residenza sanitaria assistenziale. Possibilità di scelta? Ridotta ai minimi termini. La storia finisce spesso con l'ammalato lasciato alle cure dei familiari, che abbandonano tutto per potersi dedicare a lui, con ricadute pesantissime in termini economici, sociali, psicologici, sanitari. "Noi vogliamo un piano serio per la non autosufficienza – ribadisce Mariangela Lamanna – finalizzato all'assistenza domiciliare indiretta. L'ammalato deve restare al proprio domicilio, deve essergli corrisposto un assegno di cura corrispondente allo stadio della malattia, e deve essergli garantita la possibilità di scegliersi un assistente. Non è umanamente pensabile che il congiunto più stretto debba lasciare il posto di lavoro per assistere il familiare, senza pensione, senza alcun sostentamento, senza riconoscimento. Queste persone hanno bisogno di una assistenza vigile, non possono stare nelle Residenze sanitarie assistenziali, dove il rapporto è di un operatore per dieci ammalati. Per coloro che sono affetti da Sla questo non è possibile: non solo vivono un dramma grandissimo, in più sono abbandonati in una struttura che non garantisce loro assistenza per 24 ore; è una cosa che non si può tollerare". La vicepresidente del Comitato assicura che, con l'assistenza domiciliare indiretta, anche i costi scenderebbero, e di molto, garantendo la libertà di scelta agli ammalati e ai loro cari. Certo, percepiscono una pensione di invalidità con assegno di accompagnamento e beneficiano dell'esenzione dal ticket ma questo spesso non basta ad alleviare le sofferenze patite dagli ammalati, in una patologia che non conosce rimedio e richiede molti sforzi, anche di tipo economico.

Mariangela Lamanna torna poi sulla questione delle secchiate d'acqua, e non risparmia stoccate a nessuno, nemmeno ai vip che si sono avvicendati: "Una buffonata. Sarebbe bastato che Zuckerberg o Bill Gates avessero donato un po' di quello che hanno per permettere alla ricerca di andare avanti". E di nuovo il nodo, centrale, dell'assistenza: "Il fondo per la non autosufficienza deve diventare strutturale, deve esserci e deve essere aumentato di anno in anno: non possiamo continuare a fare manifestazioni ogni anno. Se poi ci costringono a scendere in piazza a protestare non ci tireremo certo indietro, ma penso che poi, a seguito di queste docce gelate, la doccia gelata più grande gliela forniremo noi".

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