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Abbiamo espulso il “presunto rapitore” indiano che non ha rapito nessuno

Nonostante i soliti toni da giustiziere utilizzati dal Alfano, la vicenda del tentato sequestro della bambina è tutt’altro che chiara e provata. Secondo il procuratore di Ragusa, sul caso si è scatenato “un delirio mediatico di una violenza inaudita tale da inquinare il dato probatorio che con calma siamo riusciti a ricondurre alla realtà”.
A cura di Claudia Torrisi
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Nella serata di ieri il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha comunicato di aver "espulso dal territorio nazionale il cittadino indiano, Ram Lubhaya, che il 16 agosto scorso si era reso responsabile, a Scoglitti, in provincia di Ragusa, del tentato sequestro di una bambina di età inferiore ai quattordici anni". Lubhaya "con un volo decollato da Roma Fiumicino e diretto a New Delhi" è stato "riaccompagnato al suo Paese". L'Italia, ha aggiunto il ministro, "conosce i principi dell’accoglienza per chi fugge da guerre e persecuzioni, ma è soprattutto un Paese che fa rispettare le proprie leggi e le proprie regole e chi non le rispetta o si dimostra ostile ai nostri principi, lo espelliamo". Nello specifico, l'espulsione si è resa necessaria "perché il cittadino indiano ha leso la pacifica convivenza della nostra società. Soggetti che si rendono responsabili di simili comportamenti sono arrestati o espulsi dal nostro territorio".

Nonostante i soliti toni da giustiziere utilizzati dal Alfano, la vicenda del tentato sequestro della bambina è tutt'altro che provata. E in realtà il ministro ne è in qualche modo consapevole, visto che nel tweet in cui annuncia l'espulsione parla di "presunto rapitore".

I fatti a cui si riferisce Alfano risalgono a poco dopo ferragosto. I giornali locali, riportando un comunicato dei carabinieri, raccontavano di "momenti di panico" per una famiglia in spiaggia a Scoglitti (in provincia di Ragusa) a causa di un uomo che aveva "cercato di rapire una bambina di cinque anni, riuscendo a prenderla in braccio e a fuggire". I genitori lo avevano "rincorso per una decina di metri, strappandogli, a fatica, la bimba dalle mani". A quel punto secondo la velina l'uomo era scappato, mentre altri bagnanti che avevano " assistito all’episodio" avevano chiamato i carabinieri, che lo avevano bloccato "dopo circa un'ora". Il rapitore era stato identificato come "un indiano di 43 anni, Lubhaya Ram, con precedenti penali" ed era stato fermato per sequestro di persona aggravato e portato nel carcere di Ragusa. Nel frattempo i carabinieri facevano anche sapere che erano in corso indagini "per meglio comprendere la dinamica ma soprattutto il movente".

Immediatamente si è scatenata la psicosi rapimento. Il comando provinciale dei carabinieri di Ragusa ha "alzato l'attenzione sul litorale ibleo", mobilitando le "diciassette tenenze e stazioni e i tre nuclei operativi e radiomobili" in seguito "all'apprensione crescente che nelle ultime ore ha interessato parecchi bagnanti". I carabinieri hanno anche aggiunto di aver ricevuto diverse telefonate di persone che sostenevano di aver visto "potenziali sospetti in spiaggia" e "non potendo escludere l'ipotesi che accadano nuovamente fatti analoghi" hanno deciso di intensificare i controlli nelle spiagge.

Dopo un giorno dalla notizia del "rapimento", però, Lubhaya è stato liberato perché l'udienza di convalida è stata rinviata a data da destinarsi. Una decisione che ha causato un vespaio di polemiche e centinaia di chiamate ai carabinieri.

Il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri ha addirittura chiesto l'intervento del ministro della Giustizia Andrea Orlando perché "faccia luce su quanto accaduto al tribunale di Ragusa. Ho presentato un’interrogazione urgente al ministro della Giustizia perché trovo sconcertante che un magistrato non abbia convalidato l’arresto dell’immigrato indiano che ha tentato di rapire una bambina di cinque anni sulla spiaggia di Vittoria, in Sicilia". Gasparri si è poi impegnato in una ricostruzione di quanto accaduto il 16 agosto. Secondo il senatore, infatti, "solo la prontezza di chi ha assistito alla scena e poi l’immediato intervento delle forze dell’ordine hanno impedito che potesse accadere il peggio. Tuttavia, nonostante l’immigrato avesse precedenti penali e foglio di via obbligatorio, il giudice di Ragusa lo ha rimesso in libertà. Perché? Come è possibile che nonostante sia stato colto in flagranza di reato e sia un pregiudicato con ordine di espatrio ora l’indiano sia libero di compiere altri reati?". La conclusione è che la giustizia in Italia non funziona, perché "se l’immigrato fosse riuscito nel suo intento allora si sarebbe potuto procedere con la carcerazione. Poiché è stato fermato dalle urla della gente, allora è come se non avesse mai commesso nulla. Che vergogna!". Nel frattempo sui giornali hanno iniziato a circolare ricostruzioni dell'episodio che non hanno fatto che esarcerbare gli animi: Lubhaya si sarebbe avvicinato alla famiglia della bambina in spiaggia salutandoli "amichevolmente come fosse un amico di vecchia data" e " improvvisamente avrebbe preso in braccio la piccola per poi scappare".

Dal canto suo, però, il procuratore di Ragusa, ha difeso la scelta del suo ufficio: "Noi dobbiamo attenerci alla legge e la legge prevede che nel caso dei reati ipotizzati, cioè tentato sequestro e sottrazione di minore, il fermo non possa essere fatto. Difendo l’operato del sostituto procuratore che sta proseguendo le indagini".  Comunque, dopo le polemiche, il pm Giulia Bisello ha chiesto ai carabinieri di rintracciare Lubhaya per sottoporlo a un interrogatorio. Dopo un giorno di ricerche l'hanno trovato ospite di connazionali in un casolare, una circostanza che ha fatto gridare molti alla fuga. Secondo un giornale locale, addrittura, a permettere di "riacciuffare l'indiano" sarebbe stato solo il "fiuto del comandante dei carabinieri". Poco dopo, però, è emerso che Lubhaya, dopo essere stato rilasciato, non si è allontanato da Vittoria – cittadina dove viveva vicino Scoglitti: "L'uomo è solito fare tatuaggi all'henné in spiaggia, dove spesso si ferma anche a dormire. Sabato i carabinieri hanno avuto difficoltà a rintracciarlo, perché, a differenza degli altri giorno, avrebbe trascorso la notte in un casolare insieme ad altri migranti, dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo". Ma oramai la giostra era partita.

Ad ogni modo, secondo il suo avvocato, Lubhaya "ha risposto a tutte le domande del pubblico ministero, ha fornito la propria versione dei fatti, non ha mai avuto intenzione di rapire la bambina, e si è proclamato innocente". In seguito all'interrogatorio, la decisione è stata nuovamente quella di scarcerarlo, sostanzialmente per gli stessi motivi della prima volta.

Il fatto che quello che oramai era stato accertato dalla pubblica piazza come rapitore fosse tornato libero – e una seconda volta – ha provocato polemiche ancora maggiori delle precedenti, sostenute anche dalle dichiarazioni rilasciate alla stampa dalla madre della bambina. "Questa legge mi fa vomitare – ha detto in un'intervista – Mi trovavo sul lungomare, a risalire le scale. La bambina era già salita con mio marito. Un'amica mi ha fatto notare che la mia bimba era in braccio a uno straniero che la teneva molto stretta a sé, con il faccino quasi sotto la sua ascella, proprio bloccata a lui. La paura è stata tanta. Ieri siamo stati risentiti, speranzosi che questa persona venisse anche solo espulsa dall'Italia. Voglio solo dire che io vomito davanti alla legge italiana. Perché ho compreso che è stata applicata proprio la legge nei minimi particolari. Ci è stato detto che non ha concluso il reato: lo dovevamo perdere di vista per poter dire che si stava portando via la nostra bambina. Si è fermato perché noi l'abbiamo fermato". Anche diversi esponenti politici si sono espressi criticando il pm, la procura, la sua decisione e la legge.

In seguito al crescere delle polemiche, Orlando ha chiesto agli ispettori del ministero di avviare accertamenti preliminari sul caso. Una decisione che il procuratore capo di Ragusa non ha gradito particolarmente, perché avrebbe preferito "una dichiarazione di solidarietà nei confronti di un magistrato che applica la legge e fatta segno di pesanti e volgari offese" e ha annunciato azioni legali contro le esternazioni pubblicate su Facebook da alcuni cittadini – tra cui anche una consigliera comunale di Ragusa, Gianna Sigona, eletta con il M5S e poi espulsa per affermazioni inneggianti al fascismo e al Duce.

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La procura, nel frattempo, ha ascoltato diversi testimoni, dal racconto dei quali sono emersi dettagli che delineano un quadro un po' diverso da quello che era emerso inizialmente. Un amico dei genitori presente in spiaggia il pomeriggio del "presunto rapimento" avrebbe raccontato che Lubhaya avrebbe "preso in braccio la bambina per non più di 45 secondi, e che si sarebbe allontanato per non più di dieci metri". Una versione che, alla fine, sarebbe stata confermata anche dai genitori. In un'intervista più recente, infatti, la madre ha moderato le sue affermazioni, spostando il giudizio non sull'episodio ma sulla persona di Lubhaya, sostenendo che l'espulsione "era quello che desideravo fin dall'inizio di questa brutta storia. Io non voglio vederlo ancora qui intorno. Trovo incredibile che dopo quanto accaduto lui sia rimasto tranquillamente libero di passeggiare per Scoglitti. Dicono che ha precedenti per droga e per furti, che quella sera era ubriaco e che lo è spesso. Insomma, un personaggio del genere può rimanere così sulla spiaggia dove vado con mia figlia?".

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Le polemiche sul magistrato, però, non si sono placate, tanto che è intervenuta anche l'Anm, che ha parlato di attacchi inaccettabili", "frutto di un approccio superficiale agli accadimenti determinato dalla non conoscenza degli atti e dei presupposti di legge che hanno portato alle scelte della collega e che hanno come unica conseguenza quella di non consentire ai magistrati della procura di Ragusa di svolgere il proprio compito nel giusto clima di serenità".

Pochi giorni dopo, intanto, Lubhaya, ha denunciato di aver subito minacce mentre si trovava a Scoglitti, raccontando anche che un uomo a bordo di una moto gli avrebbe urlato per strada "ti ammazzo", mimando il gesto di tagliargli la gola. La polizia lo ha quindi accompangato in una casa di accoglienza. Spaventato del clima, avrebbe chiesto addirittura di dormire in questura – dove poi è rimasto l'intera giornata. Successivamente è stato trasferito nel Cie di Pian del Lago (Caltanissetta) con un provvedimento firmato dal vicequestore di Ragusa, destinatario di un precedente ordine di esplusione perché clandestino. Sebbene in un primo momento si fosse opposto a un eventuale rimpatrio in India, Lubhaya sembrerebbe poi essersi convinto dopo le minacce, perché, riportano i giornali locali, "preoccupato per la sua incolumità".

Nel frattempo con la fine di agosto la posizione giuridica di Lubhaya – che è indagato a piede libero – si è attenuata. Alcuni testimoni, infatti, hanno confermato il racconto dell'uomo, che si è sempre proclamato innocente. Lubhaya avrebbe sì preso in braccio la bimba, ma non si sarebbe allontanato prima che il padre la riprendesse. Per il procuratore di Ragusa Carmelo Petralia, infatti, il reato da contestare in questo caso "sarebbe quello di ‘presa di bambina in braccio'" – che ovviamente non esiste. Stando alla relazione redatta da Petralia per procuratore generale di Catania e gli ispettori del ministero, Lubhaya è "un immigrato conosciuto da quelle parti e mai giudicato pericoloso che avrebbe preso la bambina ‘senza secondi fini' e non intenzionato a rapirla". Per lui è stata fatta richiesta di giudizio immediato per sottrazione di minore e clandestinità, reati punibili con una detenzione inferiore a due anni e per i quali non è prevista la custodia in carcere. Il caso è quindi "nato da un improvvido comunicato stampa ed è stato creato da una campagna mediatica talmente forte che adesso qualsiasi altra testimonianza dovesse arrivare deve essere considerata inutilizzabile perchè passibile di un eccessivo condizionamento".

Secondo la procura la ricostruzione degli eventi sarebbe questa:

"Il papà con la bambina a fianco (non tenuta per mano) e alcuni amici stava rientrando dalla spiaggia, la mamma si era attardata. Si avvicina questa persona che in zona è conosciuta, un ambulante che in spiaggia vende piccoli oggetti e fa tatuaggi all’hennè e non è ritenuto pericoloso. Si avvicina al gruppo familiare, guarda la bambina, le sorride, le fa una carezza e la prende in braccio. Il padre resta interdetto, lui non si muove, passano non più di 45 secondi e il padre, giustamente infastidito, gli dice di posare la piccola e gliela toglie dalle braccia. L’indiano resta imbambolato, non scappa, non dice niente. Non sono neanche i genitori a dare l’allarme, ma un amico che chiama i carabinieri dicendo: ‘C’è uno che ha tentato di prendere una bambina'. I carabinieri arrivano e lo trovano sempre lì sull’arenile, cento meri più in là, lo fermano per sequestro di persona e se lo portano in caserma. Un fermo tecnicamente sbagliato. L’indiano passa una notte in cella e il giorno dopo, giustamente, il mio pm lo libera.

A questo punto, secondo Petralia, si è scatenato "un delirio mediatico di una violenza inaudita tale da inquinare il dato probatorio che con calma siamo riusciti a ricondurre alla realtà. Una cosa deve essere chiara: noi possiamo anche avere sbagliato, l’ispezione è anche doverosa, ma su vicende così delicate si deve agire con serenità e non sull’onda di un’emotività incontrollata". Nonostante questo, la maggior parte dei titoli dei giornali anche di oggi continuano a parlare di espulsione dell'"indiano che rapì una bambina".

E probabilmente sull'onda di questo "delirio mediatico" che è arrivato il decreto di espulsione e, soprattutto, i torni trionfanti da "giustizia è stata fatta" del ministro Alfano. Mentre vengono beatamente ignorati gli errori commessi in passato, insomma, si continua a mantenere "la pacifica convivenza della nostra società" semplicemente dando in pasto alla piazza quello che desidera.

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