Nella giornata di ieri è terminato l’esame delle commissioni riunite (Affari esteri, emigrazione e Difesa) sul disegno di legge “Disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali”. Si tratta della legge quadro sulle missioni internazionali dell’Italia, già approvata con testo unificato (che ha inglobato le proposte Cirielli, Artini, Duranti e altri) dalla Camera dei deputati il 13 maggio scorso e affidata ai relatori Nicola Latorre (PD) e Pier Ferdinando Casini (AP). È un provvedimento molto complesso che intende istituire una “disciplina a regime che riguardi i rapporti GovernoParlamento, il trattamento del personale militare impiegato nei teatri operativi all’estero, anche in relazione ai profili penali, e il finanziamento” relativamente alle missioni militari all’estero. Come noto, infatti, “non vi sono nella vigente Costituzione previsioni che disciplinino espressamente l'impiego dello strumento militare all'estero ad eccezione delle disposizioni volte a disciplinare lo stato di guerra” e dunque gli interventi militari sono sempre disciplinati da singoli provvedimenti, non sempre omogenei e coerenti (anche per quel che concerne finanziamento e regole di ingaggio).
Per ovviare a tale problematica e stabilire delle linee guida, dunque, il Parlamento è impegnato da anni (da tre legislature, per la verità) nel tentativo di giungere alla definizione di una disciplina organica delle missioni militari all’estero. E il testo che è stato appena licenziato dalle Commissioni riunite sembra essere sostenuto da una ampia maggioranza (salvo imprevisti da qui alla calendarizzazione, ovviamente).
Nelle ultime ore però si è aperta una polemica relativamente ad un emendamento presentato proprio dal relatore di maggioranza, il renziano Nicola Latorre ed approvato dalle Commissioni. Si tratterebbe tecnicamente di un articolo aggiuntivo al ddl in riferimento all’articolo 18, che inserisce alcune “misure di intelligence per la gestione delle crisi”. Il testo è, al solito, tutto da decifrare:
Dopo l'articolo, aggiungere il seguente:
«Capo IV-bis.
MISURE DI INTELLIGENCE E PER LA GESTIONE DELLE CRISI
Art. 18-bis.
(Disposizioni in materia di intelligence)
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri emana, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 3 agosto 2007, n. 124, disposizioni per l'adozione di misure di intelligence di contrasto, anche in situazioni di crisi o di emergenza all'estero che coinvolgano aspetti di sicurezza nazionale o per la protezione di cittadini italiani all'estero, con la cooperazione altresì di assetti della difesa.
2. Il Presidente del Consiglio dei ministri informa il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, con le modalità indicate nell'articolo 33, comma 4, della legge 3 agosto 2007, n. 124, delle misure di intelligence di cui al comma 1.
3. Al personale delle Forze armate impiegato nell'attuazione delle attività di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 18 della presente legge e, ove ne ricorrano i presupposti, all'articolo 17, comma 7, della legge 3 agosto 2007, n. 124.
4. Il Comitato di cui all'articolo 5 della legge 3 agosto 2007, n. 124, può essere convocato dal Presidente del Consiglio dei ministri, con funzioni di consulenza, proposta e deliberazione, in caso di situazioni di crisi che coinvolgano aspetti di sicurezza nazionale, secondo modalità stabilite con apposito regolamento ai sensi dell'articolo 43 della legge 3 agosto 2007, n. 124».
L’articolo 18 del ddl, cui andrebbe aggiunto tale testo, affronta la questione delle disposizioni in materia penale per il personale che prende parte alle missioni internazionali. Con qualche minimo cambiamento rispetto alla prassi delle ultime missioni internazionali: si ribadisce l’applicazione del codice penale militare di pace salvo diversa decisione del Governo; si ricorda che non è punibile il militare che fa uso della forza in conformità alle direttive ricevute; si confermano i poteri degli ufficiali di polizia militare giudiziaria (quanto ad arresti, fermi, interrogatori eccetera); si attribuisce al tribunale di Roma la competenza dei reati commessi.
Con l’emendamento Latorre fanno invece la comparsa nel testo le “misure di intelligence”. Viene infatti prevista la possibilità di estendere con un decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri (e previa comunicazione al Copasir) “l’adozione di misure di intelligence di contrasto” anche alle attività connesse alle missioni militari all’estero, investendo di tale compito il personale delle Forze Armate impegnato in particolari missioni (le forze speciali, probabilmente). A tali militari si applicherà infatti il comma 7 dell'articolo 17 della legge dell'agosto del 2007, che recita:
Quando, per particolari condizioni di fatto e per eccezionali necessità, le attività indicate nel presente articolo sono state svolte da persone non addette ai servizi di informazione per la sicurezza, in concorso con uno o più dipendenti dei servizi di informazione per la sicurezza, e risulta che il ricorso alla loro opera da parte dei servizi di informazione per la sicurezza era indispensabile ed era stato autorizzato secondo le procedure fissate dall’articolo 18, tali persone sono equiparate, ai fini dell’applicazione della speciale causa di giustificazione, al personale dei servizi di informazione per la sicurezza.
In sostanza, secondo alcune interpretazioni (tra cui quella del segretario del Comitato di controllo sui servizi segreti Felice Casson), si intravede la possibilità che ad alcuni reparti delle forze armate si applichino le stesse “regole d’ingaggio” degli 007 dell’intelligence italiana, con “tanto di segreto di Stato garantito e potere di non rispondere di eventuali crimini commessi”.
Come riporta Repubblica, Latorre minimizza: “Dubbi infondati. Qui si dà solo la possibilità agli 007 di usare i reparti speciali, ma ciò non configura affatto la nascita di una struttura parallela”. Ma le perplessità restano: la dicitura “situazioni di crisi o di emergenza all'estero che coinvolgano aspetti di sicurezza nazionale o per la protezione di cittadini italiani all'estero, con la cooperazione altresì di assetti della difesa” è in effetti piuttosto vaga e nelle “attività di intelligence” rischia di entrare un po’ di tutto.