Era il 17 Marzo e a Napoli c’erano il sole e centoventi rappresentanti delle Nazioni Unite, riunite per discutere di digitale, o meglio, delle nuove strategie digitali per la e-democracy. Era il 17 marzo, era il Global Forum sull'e-government. Due anni prima c’era stata Seattle, il Wto, il controforum, pochi mesi prima Praga e la foto di una ragazza che indolente guarda le forze dell’ordine. Poi ci fu Napoli e nulla fu più lo stesso, perché Napoli fu peggio di Genova, perché “prima di Genova c’è stata Napoli e lì il governo era di un altro colore”.
Poi ci fu Genova e quel sangue che non merita risarcimento. E lì finì tutto. Lo Stato mostrò i muscoli, mostrò la sua faccia peggiore. Mostrò al mondo che una "macelleria messicana" si poteva replicare nel cuore “dell’occidente civilizzato”. A Genova non morì solo lo stato di diritto – o come recita la sentenza una “sostanziale gravissima sospensione dello Stato di diritto” – ma l’idea di un movimento di massa che potesse essere antagonista alle storture del sistema. Ciò che resta di Napoli 2001 era in strada oggi. Poche migliaia di persone (duemila?) scacciate dal getto dell’idrante.
Perché di quel movimento che aveva riempito Napoli nel 2001 resta ben poco. I leader del movimentismo dei primi anni 2000 hanno scelto carriere politiche tra parlamenti nazionali ed europei, oppure, hanno sostenuto – con i propri voti – sindaci di mezza Italia. Quel movimentismo è morto perché è diventato esso stesso sistema. Non solo, i rappresentanti democraticamente votati si sono rivelati incapaci di portare avanti istanze collettive. E così gli Agnoletto, i Caruso – o lo stesso De Magistris a livello locale – sono stati spazzati via dal vuoto politico delle proprie azioni.
Non resta niente di quel movimentismo. Restano l'antagonismo territoriale nei No-Tav, nei No-Muos, i TTIP, il blocco romano e quello milanese, nello Stop Biocidio in Campania. Movimenti capaci, a livello locale, di mobilitare persone – si pensi alle 70 mila persone in piazza a Napoli lo scorso 16 Novembre – capaci di essere attori efficaci nel mobilitare e "fare inchiesta". Movimenti capaci accendere l'attenzione su tematiche circoscritte e contemporanee. Quello che non esiste più è un antagonismo di massa che, come visto a Napoli, quando ha la pretesa di essere "generico e globale" non attecchisce sulle persone. Perché non esiste più "il blocco di potere da combattere" perché se il “nemico” diventa liquido lo è anche la sua nemesi. Nella sua “liquidità” territoriale l’antagonismo è diventato lotta locale, non di massa. E’ diventato liquido, senza leader. E’ diventato meno forte a livello nazionale e internazionale ma più incisivo sul territorio. Proprio perché vicino alle lotte che cerca di perorare. Forse dovrebbe ripartire da qui. Da un antagonismo morto in quanto ideale globale ma vivo nel perorare le istanze locali. Ma soprattutto dovrebbe ripartire dalla non necessità di un leader che, troppo spesso, si sono dimostrati interessati più a sé stessi che alla crescita dei movimenti. Ma sopratuttto dovrebbe ripartire dai luoghi non fisici.
Le piazze digitali hanno portato in strada la primavera araba. I leaks di Wikileaks hanno fatto capitolare i governi. Mubarak tentò di staccare le reti di collegamento eppure… Eppure i messaggi trovarono una loro strada attravero i satelliti hackerati della Mitsubishi. Migliaia di persone portarono le proprie istanze alla ribalta dei media di mezzo mondo semplicemente postando le foto su Twitter. Era la piazza che esce dal proprio particolare e conquista una dimensione mondiale. E lo fa attraverso i social. Attaverso la rete capace di collegare le istanze di migliaia di persone che si sono ritrovate in Piazza Tahir, a Zuccotti o a Gezi Park.
Sebbene molte battaglie siano fallite, alcune hanno gettato il seme che ha spostato l'attenzione verso il potere finanziaro che ha – de facto – esautorato quello politico. L'accento si è spostato su istanze che necessitano di strumenti e modalità nuove di scontro dialettico. Per questo oggi a Napoli c'erano tremila persone. Perché l'antagonismo italiano ha difficoltà ad essere figlio della contemporaneità. In Italia neanche l'antagonismo è capace di essere figlio del proprio tempo.
E così sono rimasti solo gli idranti, i leader sugli scranni di Bruxelles e le manifestazioni vuote. Perché se la politica perde incidenza non è lì che bisogna agire. Non è nei summit internazionale che le macrodecisioni vengono assunte ma in luoghi liquidi. E così mentre il sistema finaziario saliva in sella a questa modernità l'antagonismo rimaneva legato a schemi figli del XX secolo. Mentre le lotte si spostavano sulle reti virtuali – così come le transazioni finanziare, ad esempio – non si pensava a strumenti capaci di intervenire e innestarsi in queste reti, né a progetti e a piattaforme di disccusione vera. Perché Grillo potrà non essere un esempio consono alla lotta antagonista ma è certamente il politico che più di ogni altro ha trasformato le piazze virtuali in piazze reali. Grillo è più contemporaneo di tanti giovani che erano in piazza oggi.
I manifestanti che oggi erano a Napoli quando metteranno al centro dei loro dibattiti la neutralità della rete? Quando metteranno al centro della discussione la libera diffusione delle informazioni sui social? Quando si parlerà del controllo delle aziende di telefonia sui DNS? Quando si doteranno di una piattaforma web di discussione (proprietaria, nel senso creata per le esigenze specifiche) che consenta ad un numero più vasto possibile di avvicinarsi alle istanze perorate? Non è su questa capacità di fare rete che il M5s ha costruito la propria fortuna?
Tutti temi che spesso vengono considerati marginali eppure sono i temi che sottostanno alla diffusione delle idee. Sono i temi che dovrebbero precedere qualsiasi dibattito economico e politico. Perché se non tuteliamo le piazze virtuali non ci saranno più le piazze "reali".