L’anno della morte di Silvio Berlusconi

José Saramago in quello che resta il suo romanzo più profondo, O ano da morte de Ricardo Reis, descrive Fernando Pessoa mentre vaga nella sua città, Lisbona, dopo che la stampa ha già annunciato la sua morte. Il suo alter ego, Reis appunto, non riesce a spiegarsi come un morto possa ancora camminare per le strade della sua città, ma Pessoa ha una spiegazione illuminante: «Dopo che siamo morti non possono più vederci e tutti i giorni ci dimenticano un po’, tranne casi eccezionali nove mesi è quanto basta per il totale oblio». Insomma, come ci sono voluti nove mesi per venire al mondo, così ce ne vogliono all’incirca altrettanti per uscire definitivamente dalla scena.
Berlusconi è di fatto morto con la sentenza di agosto, data precisa con la quale è cambiato per la prima volta il suo status: una condanna passata in giudicato lo dichiara colpevole di frode fiscale. In quel giorno Berlusconi è morto, ma, da allora, continua ancora ad aggirarsi per le strade del nostro Paese. No, non è un fantasma. A Reis che gli chiede se da morto riesce a passare attraverso i muri Pessoa risponde: «non sono affatto un fantasma … un fantasma viene dall' altro mondo, io mi limito a venire dal cimitero dei Prazeres».
Ebbene questa è la stessa condizione attuale di Berlusconi, con l’unica differenza che lui è ancora convinto di essere politicamente vivo. Ed in effetti, dopo aver bevuto l’amaro calice dei traditori, Berlusconi sembra aver riaperto, in qualche modo, i giochi con il rilancio di Forza Italia. Separando Forza Italia e alfaniani, i voti per Berlusconi sembrerebbero, di fatto, aumentare anziché diminuire. Che di partiti, ora, Berlusconi ne abbia dunque due – uno di lotta e all’opposizione e l’altro di governo?
Si tratta però di un’illusione. Il vero aspetto politico della “separazione” interna al Pdl è un altro. Con il passaggio di Berlusconi all’opposizione muta infatti completamente il significato dell’attuale Governo Letta. Il Governo era nato da una precisa operazione politica, iniziata con la rielezione di Napolitano, che aveva come finalità quella delle cosiddette “larghe intese” per escludere dal gioco politico l’unica forza politica uscita davvero vincente dalle elezioni: il MoVimento 5 stelle.
Ora quella maggioranza si è dissolta, ma il Governo va avanti come se nulla fosse successo. L’ultimo anno di vita di Berlusconi avrebbe dovuto essere anche l’ultimo anno del Governo Letta. Invece, con un’astuta manovra, ci si è liberati del Cavaliere lasciando in piedi un Governo privo di quella legittimità del voto elettorale che con l’uscita di scena di Berlusconi è venuta a mancare.
L’esito del voto di mercoledì sulla decadenza è scontato e, nonostante Berlusconi ci abbia abituato ai colpi di scena, questa volta non ci sarà alcun colpo di scena. Solo, forse, un mesto discorso d’addio o un comizio con i suoi “fedelissimi”, puntato tutto ancora una volta sul disco ormai rotto dello strapotere dei giudici. Ma il destino è ormai segnato. L’epilogo giudiziario di Berlusconi sarà nei prossimi mesi drammatico e definitivo: il processo per la compravendita di senatori è destinato ad andare avanti sino in fondo, ed i magistrati non sembrano proprio decisi a fare sconti al Cavaliere (si pensi al “caso Ruby”, dove i giudici sono stati addirittura più duri dei Pm e ora ad essere indagati saranno anche gli avvocati di Berlusconi).
Ultimi bagliori di un crepuscolo: l’appello per la concessione della grazia, la replica dura di Napolitano («Non solo non ci sono condizioni per clemenza, ma ha usato anche toni senza misura»), le nuove accuse lanciate dal Cavaliere contro tutto e tutti (Epifani, che si dovrà «vergognare finché campa»; Alfano, che non scenderà in piazza il 27 novembre; il voto di decadenza, «colpo di Stato che parte da una sentenza politica che io ho definito criminale»), l' accorato appello di un uomo disperato e ormai con pochi fedelissimi che chiede ai suoi nemici di fermare il plotone di esecuzione.
La politica però non fa sconti e del resto prima ancora del voto formale di domani Berlusconi è stato eliminato dal suo stesso partito come Cesare da Bruto: Tu quoque, Brute, fili mi! Berlusconi può anche fare buon viso a cattiva sorte, sperando in una prossima “ricucitura” elettorale con gli “alfaniani”: è l’ultima mossa, ma, come nel romanzo di Saramago, da oggi mancano solo “nove mesi per il totale oblio” o forse neppure quelli.