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Opinioni

L’amore per le piccole cose che non salverà il mondo

Paura ed insicurezza, angoscia e precarietà, disillusione e pessimismo: sono il “corrispettivo emozionale” della crisi economica, finanziaria e politica che sta colpendo il nostro Paese. E in un clima simile arrendersi all’indifferenza e abbassare le difese è fin troppo semplice.
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Crisi-out

Abbiamo tutti paura. Continuamente. E siamo sempre più deboli, giorno dopo giorno. Del resto non c'è di che stupirsi. Siamo bombardati da settimane, mesi, anni e da ogni parte, per giunta. La guerra, l'insicurezza, la criminalità, la crisi economica sono solo tessere singole di un mosaico complessivo che riflette il senso profondo di esistenze afflitte da precarietà, impotenza e paura. Del resto, che la paura sia uno dei più collaudati metodi per il "controllo delle coscienze" è considerazione con la quale si dilettano in tanti ormai e poco importa che nel frattempo gli schemi siano più volte saltati e di nuovo "ripensati". Già, perché a regnare senza contrasto sembrano essere l'angoscia del futuro e la precarietà del presente: un quadretto desolante che ci spinge a rimpiangere un passato tutto sommato mediocre e privo di prospettive e che riporta in auge un vecchio "cavallo di battaglia della conservazione". Il messaggio è chiaro, univoco e diretto: volate basso, tanto nulla può cambiare ed "oltre" non è un posto che vi appartiene.

Nulla di nuovo, nessuna scoperta sensazionale, per carità. Soltanto un altro paio di tacchette sull'asticella della decenza, una stretta alla cinghia che delimita il nostro raggio d'azione ideale e l'eterno ritorno ai soliti vecchi concetti. La mitezza, l'equilibrio, la mediazione, la sobrietà, la "paura dell'abisso, del salto nel vuoto": un ampio repertorio dal quale politici ed opinionisti attingono a piene mani con frequenza periodica. E come corollario ci spingono ad amare il nostro particulare, ad apprezzare le "piccole cose che danno senso alla vita", a pensare che il domani potrebbe essere peggiore e che questo, in fondo, è il migliore dei mondi possibili. Del resto, fuori è buio e non abbiamo poi così tanti amici e "chi si accontenta gode", "chi lascia la strada vecchia…". E finanche chi prova ad alzare la voce, a lanciare messaggi, finisce per arrendersi e omologarsi, non fosse altro che sul piano del linguaggio oppure su quello dei comportamenti sociali: una sorta di impotenza appresa, nel Paese delle priorità a comando. In attesa della prossima guerra, della prossima crisi, del prossimo nemico…

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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