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L’addio di Silvio: un teatrino del quale avremmo fatto volentieri a meno

Dopo il tracollo in Parlamento e l’annuncio di prossime dimissioni, Berlusconi conferma: Non mi ricandido, dopo le mie dimissioni si vada al voto. E’ la fine di un’epoca che ha segnato in modo indelebile la storia del nostro Paese. Ora però una svolta radicale ed immediata.
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Silvio-Ftimes

Qualche settimana fa il Financial Times, organo più che autorevole in tema di finanza e mercati, sferrava un duro attacco alla leadership di Silvio Berlusconi, stroncata con un secco: "In un mondo ideale un Presidente del Consiglio dai comportamenti imprevedibili come Berlusconi andrebbe a casa". Un orientamento rafforzato pochi giorni fa con il (per certi versi) memorabile: "In nome di Dio, dell'Italia e dell'Europa vada a casa". Il concetto restava in effetti sempre lo stesso, in poche parole: Può un Paese che deve ricostruire la propria credibilità internazionale, rassicurare gli investitori e respingere l'assalto degli speculatori, permettersi il lusso di essere governato da un personaggio noto più per le sue "stravaganze" che per le sue qualità politiche e per il suo, per così dire, peso istituzionale?

Una risposta che resta ancora inevasa, dal momento che quello avvenuto nelle scorse ore è un altro episodio cui fra qualche tempo guarderemo con una certa amarezza. Già, perchè in effetti la decisione di Berlusconi di rassegnare le dimissioni dopo l'approvazione della legge di stabilità non è affatto, come in molti provano a far credere, la doverosa presa di coscienza di uno statista che con senso di responsabilità sceglie di mettere in primo piano gli interessi della nazione rispetto a quelli della propria area politica. Tutt'altro. E' il capriccio di un uomo che si rifiuta di guardare con chiarezza oltre il proprio giardino, incapace di mettere da parte il proprio ego e dunque di immaginare una via d'uscita dignitosa. E' il tentativo estremo di condizionare sviluppi futuri dai quali il Cavaliere sa di essere escluso: sfiduciato in campo internazionale, sfinito da vicende personali e giudiziarie quantomeno "complesse" (ed è un eufemismo, credetemi…), abbandonato dai fedelissimi e inviso alla grande maggioranza degli italiani (del resto i sondaggi, anche i suoi, parlano chiaro).

Ecco, se la favola berlusconiana rappresenta un "evento rivoluzionario in se" (non solo per le forme ed i modi della comunicazione politica, è giusto riconoscerlo), il teatrino di questi ultimi mesi è però un'altra di quelle cose di cui avremmo fatto sicuramente a meno. Nel momento in cui il rischio default è concretamente vicino e, fuori dai tatticismi, è abbastanza diffusa la sensazione di un "peggioramento ulteriore" della situazione complessiva, che la nostra immagine internazionale debba continuare ad essere legata a doppio filo con quella del Cavaliere è semplicemente inconcepibile. La conta dei voti, il mercato delle vacche, le accuse di alto tradimento, le promesse, le smentite, le "congiure di palazzo", gli intrighi, i passi avanti, indietro e di lato: una rappresentazione indecorosa e irrispettosa nei confronti degli italiani che assistono con timore e preoccupazione al "precipitare degli eventi".

Una svolta seria e radicale, senza tentennamenti nè assurdi tatticismi. Ora. Prima l'Italia.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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