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Jobs Act: un mese dopo, mancano le norme su contratti e maternità

Ad un mese dall’approvazione da parte del Consiglio dei ministri, i decreti su contratti e maternità non sono ancora arrivati in Parlamento, per l’esame della Commissione Lavoro.
A cura di Redazione
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È un approfondimento di Lorenzo Salvia sul Corriere della Sera a riaprire una questione che sembrava scomparsa dalla cronaca politica: la lentezza e le tante contraddizioni con le quali, al di là della comunicazione ufficiale, sta procedendo l’entrata in vigore delle norme contenute nel Jobs Act, la riforma del lavoro voluta dal Governo guidato da Matteo Renzi ed approvata dal Parlamento. Infatti, come si legge sul Corsera, “è passato più di un mese da quando, era il 20 febbraio, il Consiglio dei ministri ha approvato i due provvedimenti, quello che correggeva alcune regole sulla maternità e quello che, anche con lo stop ai co.co.pro, dovrebbe favorire la trasformazione di contratti precari in contratti a tempo indeterminato”. Il punto è che tali provvedimenti non sono ancora arrivati in Parlamento, “dove sono attesi per il parere delle commissioni Lavoro” e sostanzialmente sono ancora “nelle mani” del ministro Poletti.

Ancora una volta il problema sembra essere legato sostanzialmente alle coperture, con un braccio di ferro in corso fra il Governo e la Ragioneria generale dello Stato sul numero dei contratto che dovrebbero essere “convertiti” nella nuova tipologia a tutele crescenti e per i quali è prevista l’esenzione dei contributi, fino ad un massimo di 8.060 euro, per i primi tre anni. Dunque, se da un lato la “conversione” porterebbe un beneficio per tanti lavoratori, dall’altro rischia di creare un buco nelle casse dello Stato (nota Salvia come “i contratti precari hanno in media un basso salario ma portano nelle casse pubbliche parecchi soldi, visto che i contributi possono coprire, a seconda dei casi, il 24,5% o addirittura il 30,75% della paga; il nuovo contratto a tutele crescenti, invece, non porterà quasi nulla”). E in tal senso la Ragioneria dello Stato continua a “sollevare perplessità”, tanto che in molti ipotizzano che il decreto sulla conversione dei contratti possa addirittura essere riscritto completamente.

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